Numero Verde 800912326

Prof Franco Denes

Inviare le domande a: aita@aitafederazione.it

08 ottobre 2019

Domanda

Distinto Professore,

tre anni fa mio marito è divenuto afasico a seguito di ictus ischemico che ha colpito la parte sinistra del cervello con conseguente paralisi del braccio destro, gamba destra e perdita della parola. Attualmente ha recuperato bene l’andatura e muove il braccio destro, non riesce tuttavia a parlare e si fa capire con gesti e suoni vocali. Vorrei sapere cosa ancora possiamo tentare perché, come è comprensibile in famiglia viviamo male questa situazione. Le sarei molto riconoscente se potesse darmi una indicazione sul da farsi. Grazie.

Risposta

Gentile Signora,

da quanto mi descrive, penso che suo marito sia affetto da una variante dell’afasia a  tipo anartria (perdita della capacità di articolare i suoni del linguaggio). Potrebbe essere utile cercare di vedere se è possibile aiutarlo con la produzione scritta, magari con lettere mobili.  La cosa migliore, tuttavia, è un esame accurato da parte di una logopedista esperta nel trattamento dell’afasia, anche per programmare un eventuale ciclo di rieducazione.

 

27 settembre 2019

Domanda

Buongiorno dottore,

mia madre due mesi fa ha avuto un’emorragia fronto-parietale sinistra con conseguente afasia ed emiplegia dx. Lei aveva una storia di demenza lieve probabilmente compensata perché faceva tutto in casa, dimenticava però a volte i nomi delle cose o delle persone. Dopo l’ictus, in maniera progressiva, lei è cambiata completamente ed ora è agitata ma soprattutto piange sempre. (. . . ) Vorrei sapere se il continuo pianto è un segno di demenza oppure di depressione e se ci sono terapie per migliorare la situazione. La ringrazio.

Risposta

Gentile Signora,

La ringrazio del quesito e, per quanto possibile, posso rassicurarla. L ‘abbassamento del tono dell’umore, fino ad una vera depressione, si incontra spesso in corso di afasia, specie nella fase post acuta. Tale quadro va sotto il nome di reazione catastrofica e l’origine potrebbe essere reattiva all’afasia o allo squilibrio dei meccanismi che regolano il tono dell’umore. Il quadro tende a risolversi con il miglioramento dell’afasia. In ogni caso ne parli con i medici che hanno in cura la sua mamma per vedere se sia il caso di aggiungere una terapia farmacologica. Altrettanto importante è il suo incoraggiamento e affetto.

 

11 settembre 2019

Domanda

Egregio Dottore,

le sarei grata se potesse darmi un suo parere. Ho 64 anni e qualche mese fa ho subito, per ESA da rottura di aneurisma silviano sin, un intervento di clipping del suddetto aneurisma. Ora ho ancora molte difficoltà a trovare le parole giuste per quello che voglio esprimere. Vorrei sapere se un giorno potrò riavere la fluidità delle parole e della memoria. Prima dell’intervento avevo un’ottima padronanza del linguaggio, e forse a torto, andavo orgogliosa della mia memoria. Ora, non più. Tutto mi costa fatica e mi viene difficile, anche la più semplice spiegazione e il rapportarmi con gli altri, in generale, mi costa tanta fatica. Vorrei cortesemente sapere da lei, se questa è una situazione transitoria e se ci sarà un giorno in cui non dovrò sempre ricercare me stessa e quello che ero prima. La ringrazio di cuore per la sua risposta.

Risposta

Gentile Signora,

leggendo la sua bella lettera, mi è difficile pensare che lei soffra di un disturbo del linguaggio. Il tempo intercorso fra l’intervento ed il momento in cui mi scrive è troppo breve per esprimere un giudizio definitivo. In ogni caso il miglioramento dei deficit di accesso al lessico e di memoria a breve termine procede nel tempo e una sua migliore sicurezza nel recupero, diminuendo  l’ansia, le gioverà certamente.

 

20 luglio 2019

Domanda

Buongiorno dottore. mia madre è stata colpita da ictus lo scorso ottobre. Ad oggi, dopo un lungo ricovero e riabilitazione intensiva, è afasica (riesce a comunicare con altre risorse, ma fatica molto con le parole). Deambula se aiutata e accenna qualche movimento lievissimo del polso e del braccio destro. La situazione è certamente complessa, ma siamo abbastanza sereni anche perché abbiamo scelto di accettare la situazione e di lavorare su ciò che c’è. I medici, in un colloquio molto positivo, hanno consigliato un mese di pausa per decomprimere la paziente, darle respiro e permetterle di mettere in gioco ciò che ha re-imparato a fare. Noi siamo grati e fiduciosi, ma un fondo di preoccupazione permane. In questo mese di “vacanza” potrebbe perdere quello che ha recuperato? Potrebbe essere tempo buttato?
Al termine di questo riposo, i medici si propongono di rivalutare la situazione e di impostare il percorso per proseguire con la riabilitazione. Ci farebbe molto piacere avere un suo parere. Grazie mille.

Risposta

Gentile Signora,

grazie della sua bella lettera, che dimostra quanto una collaborazione fra i medici che hanno in cura la sua mamma e i familiari sia essenziale nel comprendere la patologia di cui è affetta la sua mamma e come si possa affrontare una nuova, spesso drammatica, situazione. No, non penso che un periodo di ‘vacanza terapeutica’ possa essere dannoso e ritardare il processo di recupero. D’altra parte la migliore motivazione a mettere in gioco i progressi ottenuti dalla terapia è il contesto familiare e sociale, che permette di verificare l’efficacia della terapia in un contesto ‘reale’ fuori da quello specificamente terapeutico.

 

16 giugno 2019

Domanda

Buongiorno Dottore, le scrivo per avere un Suo parere. Mia madre all’età di 66 anni ha avuto un aneurisma ed è rimasta a terra per due giorni senza che nessuno la trovasse (abita in un’altra nazione). Quando le hanno prestato i primi soccorsi era ancora viva anche se incosciente. Dopo l’intervento chirurgico, ha passato 7 giorni in terapia intensiva e prima di essere trasferita in reparto ha avuto un fortissimo vasospasmo al quale fortunatamente è sopravvissuta. Dopo 20 giorni da questo ultimo evento critico, ha avuto anche l’idrocefalo a cui è stato messo un freno con il consueto drenaggio. Il suo aneurisma era classificato di grado 5. Per quasi tre mesi era in uno stato vegetativo e alla fine i medici l’hanno mandata a casa nel momento in cui si è svegliata anche se non parlava e aveva la parte destra bloccata. Secondo loro era in uno stato così grave che al momento non si poteva fare molto con la fisioterapia e logopedia. Io invece l’ho portata in Italia e le ho fatto fare l’opportuna logopedia e fisioterapia a casa finché non è stata ricoverata in regime MAC per quasi 2 mesi e mezzo. Ora (dopo un anno e mezzo) cammina anche se non poggia il piede destro, ha recuperato perfettamente l’uso della mano, ma parla malissimo in quanto ha una afasia nominale, non si ricorda i nomi delle persone, i nomi delle cose, scambia lui e lei, sorella e figlia, caldo freddo, brutto bello ecc. Ha cambiato anche il tono della voce, ora parla stridula, come Mickey Mouse. Non ha molta memoria a breve termine. I logopedisti mi dicono che è tutto collegato, la memoria a breve termine che impedisce di ricordarsi le parole, già l’afasia fluente in sé. Anche il suo stato emotivo che la porta a comportarsi quasi come una bambina visto la difficoltà di esprimersi. Ma il mio dubbio, visto che spesso mi racconta cose banali e ben conosciute, è se è stata intaccata la sua intelligenza, cioè se è sulla via per una possibile demenza. L’aneurisma può causare tutto questo e come si può scoprire? Lei si è sottoposta a tante tac ma i medici non hanno mai parlato di demenza. Lei cosa ne pensa? Grazie.

Risposta

Gentile Signora,

grazie della sua bella lettera, che mi dà l’occasione di riaffermare che l’afasia non è un disturbo dell’intelligenza, ma del linguaggio: di conseguenza le persone afasiche, la cui afasia è conseguente ad un danno vascolare o traumatico dell’emisfero sinistro, dimostrano una normale conoscenza del mondo, sono consapevoli del loro deficit, rispettano regole e convenzioni sociali, in altre parole dimostrano un’intelligenza normale, che talora non possono esprimere a causa del deficit del linguaggio. Le cose sono invece diverse per i disturbi del linguaggio che si trovano nei pazienti con afasia di Alzheimer o conseguenti ad un processo degenerativo cerebrale di natura diversa, come nella demenza frontotemporale: nella sua variante logopenica, il deficit può per molto tempo esser confinato alle attività linguistica, ma con il progredire della malattia, tutte le attività cognitive sono colpite. Spero di aver risposto almeno in parte, ai suoi quesiti.

 

30 maggio 2019

Domanda

Ch.mo Prof. Denes, mia moglie 15 anni fa è stata colpita da ictus – allora aveva 60 anni- che le ha causato l’emiparesi sin, fermando quindi per sempre il braccio sin, mentre con la gamba sin ora, dopo tanta fisioterapia, riesce a muoverla e con l’aiuto del bastone riesce a camminare. Ora io Le chiedo Professore Lei che è un esperto in questo campo neurologico se mia moglie anche se sono trascorsi 15 anni dall’evento può giovare di questi protocolli quali: Elettro Stimolazione del cervello o ancora la più recente la Stimolazione Magnetica Transcranica. Resto in attesa con fiducia del Suo autorevole parere. Grazie.

Risposta

Gentile Signore,

l’uso della TMS si sta diffondendo, ma non si è certi della sua utilità pratica, in quanto se è vero che tale tecnica porta ad un miglioramento motorio, specie in fase subacuta, nella grandissima maggioranza dei casi il miglioramento persiste, purtroppo per un periodo breve, dopo la fine del trattamento.  In ogni caso può parlarne con i colleghi che usano tale tecnica.

 

5 maggio 2019

Domanda

Salve dottore, Le scrivo per mia figlia. Quando aveva 9 mesi ha avuto un trauma cranico e si è rotta la parietale destra. Non ha riportato problemi ma mi hanno detto che crescendo potevano comparirne. Ho notato che ultimamente, adesso ha 20 anni, dimentica spesso le parole. Ad esempio sta parlando e mi chiede come si chiama una certa cosa e me la descrive. È mancina. Secondo lei dovrei preoccuparmi oppure è semplicemente dovuto allo stress?  Grazie e scusi per il disturbo, forse sono troppo apprensiva.

Risposta

Gentile Signora,

posso rassicurarla che i transitori disturbi nel ricordare una parola, specie i nomi propri  ma anche quelli comuni, non rivestono alcun significato patologico. Non è stress, fa parte della normale attività linguistica, come un leggero inciampo camminando o correndo.

 

14 aprile 2019

Domanda

Buongiorno,
Mio padre a dicembre 2011, all’età di 63 anni, ha avuto un terribile ictus, che gli ha paralizzato la parte destra del corpo e causato altre sì un’afasia totale. Già nel centro di riabilitazione di primo livello in cui è stato ricoverato quasi 7 mesi ci avevano detto che non avrebbe recuperato. Tuttavia né noi familiari né lui (che sembra capire la maggior parte dei discorsi e cerca di esprimere la sua opinione ancora oggi) non ci siamo arresi. Lo abbiamo quindi portato a Milano per essere sottoposto ad un percorso riabilitato specialistico ma i miglioramenti sono stati minimi e più sotto il profilo della comprensione che dell’espressione. Ad oggi, quindi, non ha modo di esprimersi, né con la parola né con la scrittura. Ritengo sia la forma di invalidità più grave in assoluto, perché priva la persona della propria dignità, lo rende inutile socialmente. Mi chiedo però come sia possibile che non esista nessuna strumentazione in grado di sopperire o quanto meno aiutare. Nessun computer che possa utilizzare altri stimoli (come accade per i malati di SLA etc.). Non ci si può arrendere a una simile realtà ed anzi, si auspica in sperimentazioni a cui potersi sottoporre. Insomma, si tiene viva la speranza.  Però serva aiuto. Grazie.

Risposta

Gentile Signore,

capisco il suo dolore nel non poter aiutare il suo papà a migliorare il linguaggio. E’ presumibile che l’ictus abbia colpito sia le zone del linguaggio che quelle vicine, rendendo molto difficile il recupero, specie della parola spontanea. Quello che mi descrive è purtroppo l’esito usuale di una grave afasia globale, in cui la comprensione migliora più della produzione e della lettura e scrittura, attività che richiedono la messa in opera di ulteriori risorse neurologiche e cognitive. Non sono tuttavia d’accordo con lei nell’affermare che l’afasia toglie la dignità alla persona affetta: è vero che il linguaggio è un’abilità specie-specifica, ma la sua perdita, che nel caso di suo padre è parziale (comprensione conservata!), lascia altre capacità quali memoria, comportamento, comprensione e dimostrazione di affetti, orientamento, ecc. intatti. Il fatto che esistano ausili tecnologici per migliorare la comunicazione nei malati con SLA, dipende da fatto che in questa malattia non è il linguaggio, ma la parola, intesa come articolazione, a essere colpita.

 

4 marzo 2019

Domanda

Buongiorno Prof. Denes, le scrivo per mio padre, classe ‘ 57, dal 2015 è un afasico globale oltre che”scarsamente abile”, dopo un emorragia nucleosubcapsulare sinistra che lo ha tenuto impegnato per quasi un anno prima di vedersi tornare a casa, una casa diversa, una vita diversa. La prima parola è quella che ci ha spaventato e fatto soffrire di più nel tempo, perché non si sa come superare ne come trattare una difficile convivenza con il silenzio della sua voce nella semplicità delle sue necessità di interazione. Dopo diverse delusioni…fra cui ricordare i 15 min con logopedista del SSN, che ci chiede se siamo sicuri di volerlo continuare a portare…perché tanto…non c’è chissà che margine di recupero… (fortunatamente sarebbe andata in pensione da li a breve..). Mio papà gioca a carte ed è molto espressivo (…). Mi rivolgo a lei per qualsiasi cosa utile da sapere o consiglio. Grazie.

 

Risposta

Gentile Signora,

molte grazie della sua lettera che esprime con chiarezza quanto il danno afasico colpisca la persona affetta e il suo nucleo familiare. Credo che il lavoro che compiate in casa, aiutando suo padre a comunicare sia con parole che con atti non verbali ( gesto, esecuzione di azioni che presupponete possa aver pensato ma non realizzato verbalmente) e tenendolo al corrente di ciò che succede attorno a lui, anche senza attendersi una risposta, sia molto più importante di una logoterapia formale, specie a distanza di tre anni dall’ictus. Non si meravigli che ogni tanto la parola ‘giusta’ esca; uno dei problemi del lessico afasico sta nella difficoltà di estrarre dal lessico mentale (il repertorio di parole che possediamo) l’item giusto, piuttosto che la cancellazione della traccia. Continuate a supportarlo e ad essere presenti, conta moltissimo.

 

17 ottobre 2018

Domanda

Buongiorno dottore,

mio marito nel mese di febbraio 2018 ha avuto un ictus con emiparesi dx e perdita della parola. A tutt’oggi è afasico. Noi privatamente abbiamo iniziato a fare logopedia con una insegnante (11 sedute) ma senza risultati. I costi sono elevati per continuare quindi mi rivolgo a voi nella speranza di ottenere delle spiegazioni per eventualmente trovare alternativa.

Risposta

Gentile Signora,

la logoterapia deve essere eseguita da una logopedista con esperienza di trattamento di disturbi afasici e per un tempo prolungato, con controlli periodici dei progressi e, per i familiari, una buona informazione su che cosa sia l’afasia e come si comunichi con un afasico. Le consiglio di rivolgersi ai neurologi che hanno seguito suo marito e alla sede regionale dell’AITA per un consiglio ed un aiuto.

 19 settembre 2018

 Domanda

Salve professore,

a mio padre di 69 anni lo scorso marzo gli è stato diagnosticato un aneurisma cerebrale (piccola premessa: mio padre è un uomo attivo che ha sempre lavorato e prima dell’operazione ancora lavorava e guai a fermarsi). Il giorno dopo l’intervento ha purtroppo avuto un’ischemia parte sinistra che gli ha tolto la parola e l’uso della parte destra del corpo, ancora oggi a distanza di più di tre mesi non riesce a parlare e muove a malapena la gamba, Il problema più grave è che da un mese ad oggi ha cominciato a manifestare sbalzi d’umore, da calmo a pianti e urla tanto che devono somministrargli dei calmanti, da qualche giorno hanno tolto definitivamente il medicinale Keppra sostituendolo con uno a loro dire più tranquillo e meno dannoso. A distanza di qualche giorno non si vedono ancora gli effetti sperati tanto che mio padre continua ancora con urla e pianti frequenti, Mi saprebbe dare una spiegazione in merito? La ringrazio per la sua disponibilità.

 Risposta

Gentile Signore,

abbastanza frequentemente dopo un ictus con afasia si instaurano disturbi dell’umore di tipo depressivo che riflettono una mancata speranza di recupero e  una  coscienza dell’incapacità di comunicare, con conseguente rifiuto della terapia sia fisiatrica che logopedica. Talora si osservano dei comportamenti di tipo aggressivo, specie verso i familiari. In questi casi si parla di ‘reazione catastrofica’ che potrebbe essere sia di natura reattiva, che espressione di un danno alle strutture cerebrali che regolano sia il comportamento che il tono dell’umore. E’ utile un trattamento farmacologico (ne parli con i neurologi che seguono il suo papà) e con la logopedista e la fisioterapista che certamente sapranno trovare la via per ridare fiducia.

 9 agosto 2018

 Domanda

Egregio Dottore,

in aprile ho avuto un incidente stradale e ho sbattuto la parte sinistra posteriore della testa. Sono stata trasportata in ospedale dove mi è stato diagnosticato un trauma cranico non commotivo. Il problema è che, a distanza di 30 giorni, ho spesso episodi di dimenticanza (dimentico cose appena fatte o ripeto più di una volta cose già dette) e a volte faccio fatica a collegare un nome ad ogni volto, spesso inverto le parole oppure l’ultima vocale è sempre sbagliata: es: giraconto-giraconta, verbo-verba, parole-paroli, ecc e a volte quando parlo faccio fatica ad esprimermi. Su consiglio del medico curante ho fatto una visita neurologica e il neurologo mi ha detto di fare una tac di controllo per escludere un eventuale ematoma. Ho fatto la tac e non vi è nessuna lesione. Il neurologo mi ha dunque detto che si tratta di una sindrome post traumatica e mi ha prescritto degli integratori. Lei cosa ne pensa? Devo fare ulteriori accertamenti?

Risposta

Gentile Signora,

sono lieto di tranquillizzarla: quanto mi riferisce  non  è l’esito organico di un trauma cranico, ma semplicemente l’effetto di una sua maggiore attenzione, dovuta alla scossa emotiva del trauma, ai piccoli errori di parola e di attenzione che compiamo oggi giorno. Nel suo caso semplicemente li nota di più.

04 giugno 2018

 Domanda

Salve dottore,

mio padre ha avuto un ictus il nel maggio 2013. Un ictus davvero brutto. So che non ci sono categorie con ictus “belli”, ma sicuramente è stato devastante per se stesso e per chi lo circonda. Oltre ad avere difficoltà nel muovere la parte destra del suo corpo (anche se non ha avuto alcuna paresi al viso), ha difficoltà comunicative di grosso peso e con il tempo continuano a peggiorare. L’ambulanza lo ha portato in ospedale ed è stato lì per un po’ e sembrava come in uno stato di coma. Poi hanno deciso che poteva iniziare un percorso riabilitativo (. . . ). Mia madre ha deciso che tanto era inutile continuare perché il suo stato non poteva avere grandi miglioramenti e visto che presso il centro in cui era non avevano alcuna intenzione di occuparsene, è rimasto a casa per un po’. Non parla e seguita a peggiorare, perché ormai non riesce nemmeno più a dire nomi di famiglia o distinguere tra il sì e il no. Non ha voglia minimamente di impegnarsi ed è diventato pesantissimo, brusco, pigro e anche un po’egoista, pretenzioso e intransigente.  Vuole solo mangiare ed è ormai disinteressato a tutto il mondo che lo circonda. Non so più cosa fare (. . . ). Vorrei trovare un qualcosa che potrebbe migliorare un po’ la qualità di vita dei miei genitori. Così sono tutti depressi ed io, da incapace, per prima.

Risposta

Gentile Signora,

posso prima di tutto esprimerle la mia comprensione: l’afasia ha un impatto pesantissimo sia sul paziente sia sulla persona che ne è affetta, con scardinamento spesso dei rapporti familiari e sociali. Può darsi che il suo papà sia affetto da una depressione e io ne parlerei con il neurologo di fiducia per un’eventuale terapia specifica. Capisco la sua situazione e mi chiedo se abbia mai considerato una terapia d’appoggio. Se dove abita esiste una sezione AITA rivolgetevi con fiducia per tentare un reinserimento sociale sia del papà che della mamma.

 13 aprile 2018

 Domanda

Salve, sono una ragazza di 22 anni. É da anni che ho qualche problema nel trovare le parole giuste. All’inizio non mi venivano quelle che volevo e quindi le sostituivo con vocabolari più semplici o sinonimi. Noto che la questione sta andando peggiorando, negli ultimissimi anni. A volte, più raramente, mi capita di fare un mix di parole, faccio un esempio banale, devo salutare qualcuno e mi esce buonalve poiché mixo salve al buongiorno. Nel leggere a volte sostituisco una parola con un’altra senza accorgermi e torno indietro perché noto che non può essere quella giusta e la rileggo più attentamente. Oppure alcune parole che possono essere abbastanza banali o più impegnative le leggo più lentamente. (…) Sostituisco in automatico per esempio “mano” a “braccio” che come parola nella frase sarebbe più appropriata. A volte mi capitano queste cose di più di altre. Io frequento l’università e quindi leggo abbastanza, agli esami noto che quando sono più sicura, anche per via di come mette a proprio agio il docente, parlo un po’ meglio e più fluentemente. Se mi trovo più stressata o meno sicura di me il problema penso che aumenti. Questi sono esempi di ciò che mi succede. Devo dire che sono abbastanza stressata nell’ultimo anno e le cose sono peggiorate, mi succedono più di frequente. Cosa devo pensare di tutto ciò? Che io sappia non ho problemi “fisici” che vengono descritti per l’afasia. Cosa dovrei fare? É un problema inerente all’afasia oppure è stress accumulato e poca autostima (…).Grazie mille, spero mi risponda.

Risposta

Gentilissima,

grazie della sua bella e dettagliata domanda. Le posso assicurare che gli errori che compie sono errori che facciamo tutti nel parlare ogni giorno e ‘abbelliscono’ il linguaggio. Non c’è alcun sospetto di Afasia, ma solo un po’ troppo guardarsi dentro! 

23 marzo 2018

Domanda

Buongiorno, sabato scorso il mio compagno di 55 anni, già ricoverato in ospedale per una encefalopatia, in fase di netto miglioramento, ha subito un ictus nell’emisfero sx. Ora la situazione a distanza di 5 giorni è stabile, presenta paralisi al braccio dx, la gamba dx ha recuperato, e afasia globale. Forse è presto, il percorso è ancora lungo, ma non vorrei perdere tempo prezioso per il suo recupero. In ospedale oggi hanno iniziato la fisioterapia. Volevo quindi sapere da Voi esperti le tempistiche per iniziare una terapia logopedica. Grazie.

Risposta

Gentile Signora,

nei primi giorni dopo l’insorgenza di afasia non vi è una indicazione precisa per iniziare la terapia logopedica. E’ utile tenere la persona afasica in contatto verbale, parlandogli e cercando di comprendere quello che vuole comunicare, senza correggere i suoi sforzi (una strategia che potrebbe influire negativamente). E’ nel periodo post acuto che si verifica il miglioramento spontaneo a cui più tardi si aggiunge quello indotto dalla terapia.

15 marzo 2018

 Domanda

Buonasera professore,

mia moglie di 64 anni soffre di afasia primaria progressiva non fluente da circa due anni, la data precisa non saprei dirla anche perché è andata avanti in modo graduale e quindi senza sapere con esattezza da quando è cominciata. Una cosa posso dire: nel 2014 da giugno a dicembre mia moglie ha avuto quattro interventi in anestesia totale e da lì sono iniziati i problemi. Abbiamo fatto tutti gli accertamenti che ci sono stati richiesti tac, pet, elettroencefalogramma, test neurologici e purtroppo tutto conferma questo gravissimo problema; poi abbiamo fatto tre mesi di riabilitazione con una neuropsicologa e quello che mi dice è che la situazione è stabile, ma io che ci vivo insieme mi accorgo che piano piano ogni giorno c’è un po’ di decadenza. La domanda che vorrei fargli e che non trovo la forza di formularla è: che aspettativa di vita ha mia moglie? Grazie mille per l’attenzione e attendo fiducioso una sua risposta.

Risposta

Gentile Signore,

purtroppo devo confermare la sua impressione: l’afasia progressiva primaria è di natura degenerativa, di origine sconosciuta, a decorso progressivo ed insensibile al trattamento farmacologico.  La logoterapia può essere utile, cercando di stimolare la fiducia di sua moglie ad usare le capacità linguistiche residue.  Per molti anni il disturbo di produzione rimane isolato e non si accompagna a deficit di comprensione né a un decadimento cognitivo generalizzato. L’afasia, in quanto tale, non accorcia le speranza di vita.

06 febbraio 2018

Domanda

Gentile dottore,

un mio parente (78 anni) due settimane fa è stato colpito da ictus emorragico. E’ stato in coma indotto fino a pochi giorni fa. Ora non parla, non apre gli occhi ed è come se fosse in stato vegetativo.L’unica cosa che riesce a fare è muovere la parte sinistra del corpo e stringere la mano. Nelle ultime due giornate gli ho parlato raccontandogli cosa stava succedendo fuori da lì senza raccontare cosa fosse successo a lui. L’ho tranquillizzato e gli ho tenuto la mano tutto il tempo. In alcuni di quei momenti quando gli parlavo sembrava che provasse a socchiudere gli occhi (anche strizzandoli), a cercarmi, e solo due volte ha mosso la bocca. Spesso alle mie domande mi stringeva la mano, ma non so se era una reazione che seguiva alle mie domande o involontaria.E’ possibile che capisca quello che succede intorno a lui? Si riprenderà da questo stato? Cosa posso fare per aiutarlo ad uscirne?

Risposta

Gentile Signora,

è molto probabile che quello che sta facendo sia utile: anche se il livello di vigilanza è ridotto, il sentire voci familiari può essere in qualche modo utile nel risvegliare l’attenzione e gli affetti. Per una prognosi a lungo tempo, ne parli con i neurologi che seguono il suo familiare. Se lo ritiene utile mi tenga informato così potrò rispondere con più precisione alle sue domande.

 

02 gennaio 2017
Domanda:
Buongiorno Prof. Denes, sei anni fa sono stata colpita da aneurismi cerebrali con conseguente emiparesi al lato dx, e soprattutto una lieve afasia. Dico soprattutto perché è la cosa che mi pesa di più, in quanto sono migliorata dal punto di vista della parola, ma a livello di “pensiero” mi ritrovo, se devo esporre un argomento, ad avere la ‘mente vuota’, e devo leggere di quell’argomento invece che spiegarlo. Da che mi esprimevo benissimo e scrivevo magnificamente, ora mi arrabatto e cerco di nascondere questo mio problema. Dato che tutti i siti visitati non parlano del problema ‘pensiero’ ma della parola, spero che lei possa dirmi qualcosa in più e se è possibile, dopo 6 anni, che ci sia un miglioramento della situazione. Grazie e cordiali saluti
Risposta:
Gentile Signora,

molte grazie per la fiducia nel pormi una così ‘intelligente’ e difficile domanda.

In effetti si è soprattutto parlato in neuropsicologia di linguaggio, considerato uno strumento per esprimere il pensiero, per cui la persona afasica ha difficoltà a comprendere ed esprimere il linguaggio, mentre  il versante concettuale è integro. Le cose sono tuttavia più complesse. Da un lato la difficoltà nella ricerca delle parole o di un disturbo della memoria verbale a breve termine possono portare ad un rallentamento del flusso del pensiero (non a caso lo slogan coniato dall’ A.IT.A. per i pazienti afasici è ‘dammi tempo’). Dall’altro è ormai chiaro che esiste una relazione fra pensiero e linguaggio: ad esempio il concetto di settimana si forma e si consolida solo con l’uso del termine lessicale. Spesso infine la persona afasica, ben conscia del suo deficit può sviluppare, specie in certe occasioni, uno stato  d’ansia reattivo che incide sulla produzione verbale e sull’attenzione. Infine, e non per consolarla, mi pare che esprima, da come mi scrive, perfettamente il suo  pensiero e le consiglio di pensare a quello che ha guadagnato, rispetto a quanto ha perso. Con molta cordialità, Franco Denes

05 dicembre 2016

Domanda:
Buongiorno dottore, mio padre all’età di 77 anni ha avuto un’emorragia cerebrale nella parte sinistra posteriore abbastanza estesa. Ora i medici dicono che ha un’afasia globale, la domanda è questa: in base alla sua esperienza c’è una speranza che possa recuperare un minimo di linguaggio e di riconoscimento? In questo momento non capisce nulla e non parla. Grazie
Risposta:
Gentile Signore,

l’afasia globale è un disturbo del linguaggio che deriva da una lesione che interessa la parte del cervello che elabora il linguaggio nelle sue componenti (produzione e comprensione) orale e scritta. Di solito nel periodo seguente l’ictus si osserva un miglioramento, specie a carico della comprensione uditiva. Una rieducazione logopedica può aiutare il recupero spontaneo. Utile che la famiglia sia a conoscenza di cosa sia l’afasia così da aiutare la persona afasica nella maniera più efficace.

Cordialmente, Franco Denes

17 settembre 2016

Domanda:
Salve il mio papà ha 66 anni, ha avuto un’ischemia nel maggio 2016, ha il lato destro paralizzato ed è afasico globale. Sono passati più di 4 mesi e l’unico risultato positivo è che riesce a muovere pochissimo la gamba. Non riesce in nessun modo a comunicare né riesce a farsi comprendere con i gesti seppure noi familiari ci sforziamo in tutti i modi di interpretare i suoi bisogni. Non riusciamo neppure a capire quanto lui riesca effettivamente a capire ciò che gli viene detto. Non fa altro che piangere ed innervosirsi, stringe i denti e se potesse sono certa che ci prenderebbe a schiaffi! Ha sempre odiato gli ospedali ed è qualche giorno che conta sulle mani fino a 4… noi pensiamo che si riferisca al tempo passato in ospedale. Purtroppo oltre alla gravissima afasia e alla paralisi destra ha anche problemi alla prostata e soffre molto. Ci è stato sconsigliato di portarlo a casa e sono certa che sarebbe l’unico modo per farlo stare più tranquillo! Oltre alla terapia farmacologica come possiamo aiutarlo psicologicamente? Mi si stringe il cuore ogni giorno a vederlo così! La prego, di suggerirmi un modo utile, anche minimamente utile per farlo stare meglio! La ringrazio infinitamente
Risposta:
Gentile Signora,

il suo papà è affetto da un’afasia globale con turbe sia della produzione sia della comprensione. Come spesso accade l’afasia si accompagna a una ‘reazione catastrofica’, per cui per ora suo padre non vede alcuna possibilità di miglioramento. Un trattamento farmacologico con antidepressivi e ansiolitici in dose adeguata potrebbe migliorare la sintomatologia. Sono certo che a casa starebbe meglio, ma mi pare che sia un compito che allo stato attuale è pesantissimo per i familiari. E’ importante che faccia sia logoterapia sia fisioterapia. Sono certo che il quadro che mi ha descritto con tanta partecipazione possa migliorare.

Cordialmente, Franco Denes

08 settembre 2016

Domanda:
Buongiorno prof,sono la sorella di un ragazzo di 17 anni che nel giugno 2016 ha avuto un grave incidente in moto. È stato in coma 23 gg. Durante il coma ha avuto un’ischemia (dicono superficiale) che ha rallentato i movimenti della parte destra del corpo. Ora è in un centro di riabilitazione.Ma la cosa che mi preoccupa di più è l’AFASIA, infatti non sempre capisce quello che gli viene detto e pronuncia poche parole. La TAC ha rivelato che gli sono rimaste 2 cicatrici sulla parte dx e sx del cervello. Vorrei sapere ci sono possibilità di recupero per l’afasia e rivedere mio fratello come era prima dell’incidente. Grazie per l’attenzione

 

Risposta:
Gentile Signora,                                                                                                                                         la possibilità che suo fratello migliori è molto probabile: in genere le lesioni cerebrali da trauma hanno una prognosi migliore. L’incidente è avvenuto solo pochi mesi fa e quindi bisogna accendere gli effetti del miglioramento spontaneo e quello guidato dalla logoterapia. Le consiglio di parlare con il/la logopedista che segue suo fratello per comprendere meglio la natura dei disturbi del linguaggio, se afasici o legati ad uno stato confusionale post-traumatico non completamente risolto. Auguri, Franco Denes
27 luglio 2016
Domanda:
Egregio Prof,Denes mia mamma, 59 anni, è stata operata il 4 luglio per asportare un meningioma situato nel lobo temporale sinistro. I primi 2 giorni dopo l’ intervento non riusciva a parlare, il terzo giorno ha cominciato a dire qualche parola, ora è ricoverata in un centro per la riabilitazione, la parola sembra stia tornando piano piano ma parecchie volte sembra che sia confusa e che non ricordi cosa ha fatto durante la giornata, non riesco a capire fino in fondo se è un problema di linguaggio o se ha problemi anche per quanto riguarda la memoria, e se così fosse vorrei sapere se potrebbe essere “normale” visto l’intervento che ha subito. La ringrazio in anticipo.
Risposta:
Gentile Signora,                                                                                                                                         la prognosi del meningioma è in genere buona, in quanto il tumore si  ‘appoggia’ alla corteccia cerebrale  e non danneggia il tessuto nervoso. La sua mamma è ancora in fase post- acuta ed è molto probabile che il quadro confusionale si risolva spontaneamente.

Molti auguri, Franco Denes

04 giugno 2016
Domanda:
Buongiorno prof, a febbraio mio padre (del 1963) è stato colpito da emorragia celebrale nel lato sinistro del cervello. Sta facendo grandi passi di riabilitazione con un’ottima dottoressa fisioterapista. Noto però una eccessiva sensibilità nel suo carattere (piange subito per un film o per qualsiasi stupidaggine, non ha quel senso dell’umorismo che aveva una volta). Crede che rimarrà così o riuscirà a riacquistare il carattere che aveva prima? Grazie
Risposta:
Gentile Signora,                                                                                                                                           i disturbi del tono dell’umore che possono portare ad una grave depressione o più in generale ad un abbassamento della ‘voglia di vivere’ sono frequenti dopo un ictus, specie dell’emisfero sinistro. Spesso è presente anche una incontinenza emotiva, simile a quella che mi descrive nel suo papà. Deve anche considerare gli effetti sul piano fisico e sociale di una emiparesi che ha ridotto l’autonomia. Ne parli con il suo neurologo per vedere se è il caso di instaurare una terapia antidepressiva.                                                                                         Molti auguri, Franco Denes
10 maggio 2016
Domanda:
Salve prof Denes, mia madre ha 50 anni, fa fatica a parlare e a capire i concetti, non scrive più, non si ricorda molte cose tra cui i nomi di alcuni oggetti o animali, non riesce più a usare il cellulare o gli elettrodomestici. L’umore è cambiato: è sempre affettuosa e contenta. Ha perso molta massa muscolare nonostante faccia 3 pasti al giorno! Tutto questo nel giro di 4 mesi. In reparto di neurologia, dopo vari esami, l’hanno mandata in psichiatria e da qui l’hanno rimandata in neurologia. Pensano, dai sintomi, che sia demenza fronto temporale! Cosa ne pensa? La ringrazio. Saluti
Risposta:
Gentile Signora,                                                                                                                                           il quadro che mi descrive ricorda quello che si osserva nella demenza fronto- temporale, una malattia degenerativa che porta a un calo progressivo delle funzioni cognitive. A differenza della malattia di Alzheimer insorge in un’età più precoce ed è caratterizzata da disturbi del comportamento che possono ricordare una psicosi. Oltre a seguire il decorso clinico, possono essere utili alla diagnosi esami neuroradiologici quali TAC e RM. Nel caso la diagnosi di demenza fronto temporale sia confermata, non esistono purtroppo al momento farmaci efficaci.                      Molti auguri, Franco Denes
22 aprile 2016
Domanda:
Gentile Prof. Denes, le scrivo perché mio papà, 63 anni, pochi giorni fa è stato colpito da un’ischemia cerebrale. Ha la parte destra semi-paralizzata ed è afasico. Dopo aver superato la fase critica, è attualmente ricoverato presso un primo centro di riabilitazione, dal quale vorremmo spostarlo non appena dichiarato in grado di affrontare un viaggio. Le scrivo quindi per chiederle consiglio su degli ottimi centri di logopedia, in particolare nel nord Italia.La ringrazio anticipatamente
Risposta:
Gentile Signora,
la riabilitazione dell’afasia è un processo complesso, lungo e che può durare mesi.Prima di pensare a un trasferimento in un centro specializzato, magari lontano da casa, attenderei di vedere come evolve il quadro afasico.  Se nel centro dove è ricoverato c’è una logopedista esperta nel trattamento dell’afasia, non vedo la necessità di spostare suo padre lontano dalla famiglia. Mi contatti di nuovo, se lo ritiene utile.   Cordialmente, Franco Denes

2 aprile 2016

Domanda:
Salve prof Denes, mia madre di 78 anni è stata colpita da un ematoma intraparenchimale temporo-parietale a sinistra, ricoverata in neurochirurgia per 18 giorni non riusciva a spiegarsi ma si muoveva e riconosceva tutti. Ci è stato consigliato un centro riabilitativo ma il giorno dopo ha cominciato a scagliarsi contro di noi con vecchi ricordi confusi, scambi di persona, urla terribili e parolacce, tutte cose che non facevano parte della sua persona. Adesso è ricoverata in un centro neurologico per riuscire ad avere una terapia che la rendi più calma ma lei ormai vive in un mondo tutto suo, non ci riconosce più, ha febbre a 38, 5 e una tosse spaventosa. Cosa succede? Perché inizialmente aveva solo qualche deficit e adesso è peggiorata in questa maniera? La TAC di controllo dice che l’edema è diminuito e l’ematoma non si è ingrandito. La prego mi dia una risposta. La ringrazio anticipatamente.
Risposta:
Gentile Signora,
purtroppo succede spesso che un’afasia, che mi pare di tipo Wernicke, data anche la sede della lesione, si accompagni a una mancata consapevolezza del deficit: in altre parole la sua mamma non comprende di essere afasica e che la sua produzione è incomprensibile.
La sua reazione verso di voi è quindi ‘comprensibile’. In aggiunta, spesso questo tipo di afasia si accompagna a sintomi ‘ psichiatrici’ quali idee di riferimento, fino al delirio.
Sono certo che il trattamento farmacologico migliorerà la sintomatologia.
Auguri
Franco Denes
19 marzo 2016
Domanda:
Salve Professore, a mio padre (nato il 1940) hanno diagnosticato l’anno scorso l’afasia non fluente progressiva presso la Clinica Neurologica dell’Ospedale di Torrette -Ancona, dove è tutt’ora in cura (…). Al momento i disturbi sono più che altro legati alla parola, i test cognitivi effettuati nel mese di febbraio sono buoni, ma la malattia è di tipo degenerativo, inutile farsi illusioni. Mi chiedevo comunque se ci fosse un centro o un ospedale in Italia dove questa malattia sia maggiormente studiata e dove magari i risultati sui pazienti siano più incoraggianti, oppure ritenete che la Clinica Neurologica di Ancona è un buon centro? Grazie per l’attenzione che mi vorrete concedere. Distinti saluti.
Risposta:
Gentile Signora,
prima di tutto la riassicuro: la Clinica Neurologica di Ancona è nota per la serietà dei suo personale medico, sia dal punto di vista clinico che della ricerca. Come dal resto Lei ha rilevato, il corso della malattia interessa, a differenza della più comune malattia di Alzheimer in cui è presente un deterioramento progressivo di tutte le facoltà cognitive, la memoria in primis, solo il linguaggio, specie nella produzione. Nell’Afasia Progressiva Primaria la memoria, gli hobbies e la sfera affettiva e sociale non sono colpiti. Solo dopo anni si può avere, ma non sempre, una estensione della malattia ad altre facoltà cognitive. Al momento non esiste alcuna terapia farmacologica efficace sia per migliorare che per stabilizzare il deficit linguistico.
Molti auguri
Franco Denes
27 gennaio 2016
Domanda:
Salve mio cognato è stato colpito da ictus il 23 ottobre. Ha riportato paralisi del braccio e della gamba destra ed afasia (capisce tutto quello che gli si dice ma quando vuole esprimere un concetto emette sempre la stessa sillaba …no no no no al posto delle parole). Dopo fisioterapia comincia a camminare piano piano. Volevo sapere se c’è possibilità di recupero della parola e se c’è qualche ausilio per facilitare la comunicazione (per es. computer schede con immagini ecc). Grazie mille
Risposta:
Gentile Signora,
purtroppo il disturbo del linguaggio che ha colpito suo cognato è abbastanza frequente e difficile da trattare. Si chiama anartria, che significa incapacità a programmare i muscoli fono-articolatori per la produzione delle parole. E’ lo stesso disturbo di cui era affetto il primo paziente della storia dell’afasia, descritto da Paul Broca. Le consiglio di indirizzare suo cognato presso un buon centro di logopedia per una valutazione più adeguata e un ciclo di riabilitazione.
Molti auguri
Franco Denes
10 gennaio 2016
Domanda:
Gentile professore,
a luglio è stata diagnosticata un’afasia primaria della parola a mio marito. Mi è stato detto che per questa malattia non c’è nessuna cura, è vero? Non posso proprio fare niente per aiutarlo? Per farmi capire e capirlo? Che evoluzione ha la malattia? Cosa succederà con il passare del tempo? Ci sono dei centri di ricerca in Italia dove posso rivolgermi? Mio marito accusa dolore alla testa e anche nel corpo risolve in parte questo problema facendo lunghe camminate in montagna. Questi dolori sono collegati alla malattia? La ringrazio di cuore per il tempo dedicatomi.
Risposta:
Gentile Signora,
purtroppo non posso che confermare quanto le è stato prospettato. I sintomi possono a lungo interessare solo il linguaggio con un progressivo peggioramento, ma con il resto delle funzioni cognitive intatte, a differenza della malattia di Alzheimer. Al momento non esistono terapie mediche che possano modificare in modo positivo il decorso della malattia. Al contrario, si può fare molto sul piano sociale e affettivo, tenendo suo marito il più possibile in contatto con l’ambiente, aiutandolo a comunicare sia sul piano verbale sia non verbale, non correggendo i suoi errori in maniera pedante, ma aiutandolo a trovare la parola giusta. Lo aiuti a mantenere gli interessi e gli hobby (musica, passeggiate, incontri con gli amici). Non vi è alcun rapporto tra la malattia e i dolori di testa. Se dovessero comparire dei segni depressivi, ne parli con il medico per un eventuale aiuto farmacologico.
Molti auguri
Franco Denes
27 dicembre 2015
Domanda:
Buongiorno mio fratello, di 49 anni, due anni fa ha avuto un emorragia cerebrale. È stato colpito da tutte e due le parti ed è rimasto su una sedia a rotelle. Per quanto riguarda la parola ha ripreso anche se a fatica e si capisce abbastanza ciò che vuole dire. Vorrei sapere secondo lei una logopedista aiuterebbe?
Grazie tante
Risposta:
Gentile Signora, fino a pochi anni fa si pensava che la logopedia fosse efficace solo in fase precoce. Ora si è dimostrato che la logoterapia può migliorare il quadro afasico anche in fase cronica, anni dopo l’insorgenza dell’ictus. L’entità del miglioramento è tuttavia legata alla gravità dell’afasia e alla collaborazione del paziente.
Le consiglio di far valutare suo fratello da una logopedista esperta nel trattamento dei disturbi afasici.
Cordialmente
Franco Denes
14 novembre 2015
Domanda:
Salva, dieci anni fa ho avuto un incidente: trauma cranico emiparesi dx afasia motoria etc.etc…
una domanda indiscreta: i primi anni con il sesso è andato bene, con i succesivi anni sto perdendo lo stimolo, il dottore mi consigliò un farmaco levitra a tutt’ora lo sto prendendo posso farne a meno?
Risposta:
Gentile Signore,
non vi è un rapporto diretto fra gli esiti del trauma cranico e l’attività sessuale.
Se si trova bene con il levitra, può continuare ad assumerlo, ma forse è meglio che ne parli con il suo medico di base o un urologo.
Cordialmente
Franco Denes
22 ottobre 2015
Domanda:
Gent.mo Prof. Denes, sono una logopedista. Le scrivo in quanto mi farebbe molto piacere ricevere un Suo consiglio. Seguo ormai da alcuni mesi un paziente di 70 anni colpito da ictus ischemico che residua afasia non fluente, le produzioni verbali si limitano a stereotipe alle quali non è possibile attribuire nessun significato logico. La comprensione contestuale appare discreta. Durante l’evento traumatico è stato lesionato anche il nervo ottico, quindi il paziente risulta attualmente non vedente. Ho cercato di proporre esercizi con metodologia MIT, fluenze fonemiche/semantiche e manipolazione di oggetti nel tentativo di far denominare/discriminare. Il paziente si è mostrato oppositivo a qualsiasi proposta di trattamento. Mi chiedevo quindi (vista anche la “giovane” età, e la volontà dei caregiver di far comunicare il paziente) se foste a conoscenza di qualche sorta di comunicatore adattabile a persone non vedenti, se aveste consigli riguardo al trattamento da intraprendere, o se ancora, pensiate sia più consono interrompere i tentativi di trattamento.
RingraziandoLa, porgo i miei più distinti saluti.
Risposta:
Gentile Signora,
grazie della fiducia. Il rifiuto del paziente a seguire la terapia potrebbe essere espressione di una reazione catastrofica o di una depressione reattiva. In ambedue i casi si osserva un netto rifiuto alla terapia. Le consiglio di parlare con il neurologo di riferimento per un tentativo farmacologico e/o di supporto psicologico. Incoraggi il paziente alla comunicazione, attraverso un aiuto contestuale, in maniera da interpretare la sua produzione. Più che una terapia formale varrebbe la pena di incoraggiare la comunicazione in maniera informale, magari coinvolgendo (ed informando su cosa è l’afasia!) i familiari. Non esistono a mio giudizio, comunicatori strumentali che possano adattarsi al paziente che segue.
Molti auguri
Franco Denes
19 ottobre 2015
Domanda:
Gentile Professor Denes, sono il papà di una ragazza, cerebrolesa fin dalla nascita, di 26 anni. Da diverso tempo in termini di linguaggio presenta delle espressioni che tendono ad una distorsione di quanto vuole dire. Quando noi genitori evidenziamo questo senza creare rimproveri, negazioni nell’ esprimersi, ma chiedendo di porre attenzione, mia figlia dopo un momento di silenzio compone una frase molto chiara che rientra nelle frasi che lei ha fatto sue per allacciare una richiesta. (…) A volte da una parola distorta si riesce a entrare in quello che vuole dire e si prende spunto per ampliare il pensiero. A questo punto il discorso si amplia e né nasce un piccolo dialogo. Non le nascondo di essere preoccupato (…). Spesse volte per farle comporre delle frasi dico a mia figlia: ‘componi una frase con le parole acqua-bicchiere -bere-prendere-bottiglia’, mia figlia riesce a costruire una frase di senso compiuto. Oltre a questo, quando “voglio” che mi riassuma il contenuto di una figura ha delle difficoltà mentre se prendo carta e penna e comincio a scrivere ciò che lei detta esce una esposizione chiara. (…) Alla fine del lavoro lei si sente molto gratificata e trova soddisfazione a mostrare a tutti ciò che ho scritto (…) Mia figlia non ha problemi motori e di socializzazione, ha un perfetto udito, è nel quotidiano abbastanza autonoma. Non ha problemi ad allacciare le scarpe con la formazione del nodo a fiocco. Lei crede che facendola leggere e farle ripetere ciò che ha scritto dopo aver letto il testo e fatte alcune domande può essere un modo per migliorare l’esposizione? La ringrazio e le porgo distinti saluti.
Risposta:
Gentile Signore,
l’aiuto che lei fornisce a sua figlia è certamente utile per migliorarne l’attenzione al linguaggio, motivandola ad usare le sue capacità linguistiche sia nella vita familiare che, speriamo, nell’ambiente lavorativo. Cerchi di coinvolgere anche altri familiari e amici di sua figlia, senza tuttavia prendere un atteggiamento troppo ‘scolastico’.
Molti auguri
Franco Denes
13 ottobre 2015
Domanda:
Gentilissimo Professore buongiorno, (…) mia cognata, 50 anni, ha avuto un aneurisma cerebrale 5 anni fa. Non è stato possibile operare, non le so dire i dettagli. Lungo periodo in ospedale, lunghissimo periodo in clinica riabilitativa. Ora riesce a camminare, piano, con l’aiuto di un bastone. La parte sinistra del corpo non l’ha del tutto ripresa, ma sicuramente è migliorata molto. (…) Da poco però ha ripreso a fumare e anche ogni tanto a bere alcolici. Mio fratello mi dice che i medici gli hanno detto che le probabilità che lei viva a lungo sono poche e che potrebbe ripresentarsi l’aneurisma. Mi darebbe un suo onesto parere?
La ringrazio.
Risposta:
Gentile Signore,
certamente il fumo e un abuso di alcolici sono controindicati in persone affette da vasculopatie cerebrali. Per quanto riguarda la possibilità di un risanguinamento dell’aneurisma, è molto alta nel periodo immediatamente successivo alla rottura ma tende a decrescere negli anni successivi. Ovviamente fattori di rischio sono l’ipertensione, gli stili di vita e quanto ho prima elencato.
Cordialmente
Franco Denes
25 settembre 2015
Domanda:
Gent.mo Prof. Denes, mio figlio di 39 anni nel maggio scorso ha avuto un’emorragia celebrale. Oltre ad essere plegico agli arti DX, ha anche un’afasia. Come è possibile riabilitare quest’ultima oltre alla plegia? Grazie.
Risposta:
Gentile Signora,
il disturbo afasico da lesione cerebrale di tipo vascolare nella maggior parte dei casi migliora e il grado di miglioramento dipende dalla gravità iniziale dell’afasia. La logoterapia ha un ruolo importante nel processo di recupero. Le consiglio di rivolgersi a un centro di logopedia per valutare il tipo di afasia e programmare il tipo di logopedia.
Molti auguri
15 settembre 2015
Domanda:
Salve, mio figlio di 18 anni ha avuto un incidente con trauma cranico grave sx sottodurale acuto e frontale. È stato operato (…) ed è stato in coma farmacologico per 20 giorni. Ora si trova in un reparto di riabilitazione da una settimana, muove tutti gli arti abbastanza bene (…), parla bene ma non si ricorda chi è e chi siamo e risponde casualmente ad alcune domande. Quanto tempo ci vorrà prima che riacquisti la memoria e non parli a caso? Dalla risonanza non risultano lacerazioni solo edema che ora si è riassorbito. Grazie
Risposta:
Gentile Signore,
quanto mi descrive corrisponde a un quadro di confusione e amnesia post-traumatica, frequente dopo un trauma cranico, specie con interessamento dei lobi frontali e temporali.
Di solito vi è un miglioramento spontaneo. Una valutazione neuropsicologica con un controllo dopo qualche mese è di grande aiuto per valutare la qualità e quanti del miglioramento.
Cordialmente
Franco Denes
21 agosto 2015
Domanda:
Buongiorno Egregio Dottore, mia mamma di 67 anni a luglio è stata colpita da aneurisma cerebrale. Dopo tre settimane di coma si è svegliata ed è vigile. Riconosce le persone a lei care, muove lo sguardo, la testa e la parte destra del corpo. La parte sinistra è paralizzata. Volevo sapere se c’è possibilità di recupero e che cosa può avere colpito ulteriormente. Grazie, Chiara.
Risposta:
Gentile Signora,
la sua mamma è affetta da emiparesi (difficoltà de movimento a carico di una metà del corpo), conseguente a un danno di origine vascolare dell’emisfero destro. È molto importante che sia valutata da un neuropsicologo, per impostare la terapia riabilitativa più adatta che di solito può portare a un buon miglioramento.
Molti auguri
18 agosto 2015
Domanda:
Buongiorno, Le scrivo in quanto il mio fidanzato lo scorso giugno ha avuto un incidente con la moto con conseguente trauma cranico. Dopo i primi due giorni di coma farmacologico uno degli ematomi formatosi nel cervello si è ingrandito (…) ed è stato asportato con operazione chirurgica. Dopo un mese di coma farmacologico, è stato trasferito in un ospedale di riabilitazione dove da poco ha iniziato a parlare e mangiare. Non ricorda molte cose del passato e certi giorni mi spaventa perché dice di avere 16 anni (…) e di andare alle scuole elementari. Sembra quasi che non provi molti sentimenti, solo qualche volta è un po’ nervoso. I medici sono sempre pessimisti e io vorrei sapere quali sono le effettive possibilità di recupero. L’ematoma era nella parte sinistra e anteriore del cervello, più di questo non sono in grado di dirle. (…) Gli amici e i parenti in linea di massima se li ricorda, alcuni giorni sembra che ricordi qualcosa in più e in altri invece sembra che non ricordi neanche le cose che il giorno prima ricordava. In alcuni momenti sembra che dica qualche bugia, magari per non far vedere che non capisce o non si ricorda qualcosa. Sono confusa e non so come aiutarlo. Confido in un suo consiglio, è giovane, il cervello dovrebbe essere in grado di riorganizzarsi, o almeno così ci hanno detto. Sono molto preoccupata. Grazie
Risposta:
Gentile Signora,
da quanto mi descrive con competenza, deduco che il suo fidanzato ha subito un danno frontale post traumatico e i sintomi che descrive sono inquadrabili in una sindrome confuso amnestica, in linea con il danno anatomico. Il trauma è recente quindi le possibilità di un miglioramento spontaneo o guidato dalla terapia sono buone. È utile una valutazione neuropsicologica accurata per valutare l’entità del danno e impostare una terapia riabilitativa, se necessaria. Non esiti a ricontattarmi per ulteriori chiarimenti.
Molto cordialmente.
25 luglio 2015
Domanda:
Gentile prof. Denes, mio marito di 58 anni a maggio di quest’anno ha avuto un ictus che ha colpito l’emisfero sinistro. Ha recuperato immediatamente l’uso della gamba e del braccio destro, ma ha riportato afasia diagnostica come “afasia motoria”. I primi giorni non parlava assolutamente, però già dopo il terzo cominciava con il dire piccole parole. La comprensione è apparsa subito buona. Ha iniziato la logopedia affidato ad un logopedista esperta, con cadenza giornaliera. Oggi ha recuperato abbastanza e fa progressi, ma in alcuni momenti riesce ad articolare frasi e parole complesse, in altri è come se le dimenticasse, non rimangono, sfuggono.
(…) Chiedo un suo parere, soprattutto se abbiamo intrapreso la strada migliore o se è necessario fare una visita neurologica specialistica. Se si può fare altro, ad esempio leggevo della stimolazione intercranica??? Confidando in una sua risposta, cordiali saluti
Risposta:
Gentile Signora,
molte grazie per la fiducia. Da quanto mi descrive, suo marito sta facendo notevoli progressi e tutto fa sperare in un ulteriore miglioramento. È certamente troppo presto per esprimere un giudizio sulla sua futura capacità lavorativa: il miglioramento sia spontaneo che guidato dalla terapia può estendersi per molti mesi. I dati sulla stimolazione intracranica (rTMS e tDCS) sono certamente interessanti, ma per una effettiva valutazione sulla validità di tali metodi è ancora prematuro dare un giudizio definitivo (per una revisione dei metodi e risultati può consultare la revisione del prof. Stefano Cappa(CAPPA S.F. (2011), The neural basis of aphasia rehabilitation: evidence from neuroimaging and neurostimulation. Neuropsychological Rehabilitation, 21(5): 742-754). La collaborazione con una logopedista esperta è essenziale e non vedo al momento la necessità di ulteriori pareri. Se lo ritiene utile, non esiti a ricontattarmi a suo comodo. Molti auguri.
Franco Denes
14 luglio 2015
Domanda:
Buongiorno Professore, mia mamma, colpita da ictus 4 mesi, sta effettuando una riabilitazione logopedica 3 volte alla settimana ma le hanno comunicato che non durerà ancora molto. Dal punto della cognizione diciamo che ha recuperato quasi tutto, i numeri singoli li riconosce e li legge, non invece le parole. Ha ancora difficoltà nella “scelta” delle parole ma la sua logopedista le ha spiegato che farà sempre fatica a cercare il vocabolo giusto da usare e deve imparare dei meccanismi che velocizzino questa scelta. Mi chiedevo, in previsione del termine della logopedia, se non ci fossero dei sussidi informatici che la potessero aiutare a fare ” logopedia da sola”. Mia mamma vive con mio padre ma che ha molti problemi di udito.
Ringraziandola anticipatamente porgo i miei più cordiali saluti.
Risposta:
Gentile Signora,
da quanto mi descrive, la sua mamma ha fatto un notevole miglioramento che penso continuerà nei mesi prossimi, specie se la logoterapia potrà continuare, magari con frequenza ridotta. È essenziale la collaborazione con familiari e amici nel mantenere la sua mamma in un contesto verbale (conversazione su temi familiari per esempio). È importante che chi è a contatto con la sua mamma sia informato su che cosa è l’afasia e tenti in tutti i modi di terne viva la conversazione, non mettendosi in una posizione di corregger sempre gli errori e cercando di comprendere quanto vuole comunicare.
Cordiali saluti
Franco Denes
20 maggio 2015
Domanda:
Buonasera Prof. Denes, il mio compagno ha 45 anni e ha avuto un grave ictus ischemico nel settembre 2013 nel territorio dell’arteria cerebrale media sn per disseccazione carotide, con conseguente emiplegia dx ed afasia inizialmente globale ora non specificato.
E’ stato seguito dalla logopedista della Medicina Riabilitativa, prima da ricoverato poi come esterno con frequenza trisettimanale per i primi 9 mesi circa, poi bisettimanale ed ora, da gennaio, una volta ogni 1-2 mesi, in attesa della valutazione neuropsicologica definitiva dopo i 2 anni dall’evento.
Nell’ultimo incontro, la logopedista gli ha detto che non migliorerà più (neanche nei movimenti!) e che è inutile che faccia esercizi con me o spenda soldi in trattamenti. I risultati: demotivazione massima e mesi di progressi persi in pochi giorni. Infatti nonostante un’afasia iniziale gravissima, ora lui comprende e si fa comprendere in modo da condurre una vita sociale, vede amici parenti e lavora 12 ore alla settimana come videoterminalista. Ha grossi problemi di dislessia, disgrafia e fonetici e soffre molto perché era un assiduo lettore di libri anche impegnativi, ma a parere di tutti continua incessantemente a mostrare miglioramenti in ogni ambito. Siamo consapevoli che la lesione è grave e rimarranno deficit anche rilevanti, ma le affermazioni della logopedista ci sembrano scorrette e gravissime perché non si limitano alla sua competenza, che peraltro fanno apparire molto limitata (se non erro la letteratura scientifica parla di miglioramenti fino a 5-7 anni dall’evento) e non tengono conto del suo stato di depressione. Ci sarebbe molto utile un suo parere.
La ringrazio anticipatamente per la sua gradita risposta e soprattutto per il suo lavoro.
Risposta:
Gentile Signora,
La ringrazio della sua bella e importante lettera e non posso che essere d’accordo con Lei.
Due sono le cose che mi preme sottolineare cercando di darle una risposta esauriente:
per prima cosa si deve curare la persona e non il sintomo, in questo caso l’afasia. Questo significa, specie in fase post-acuta, prendersi cura non solo dei disturbi specificatemene afasici (del lessico o della fonetica, per esempio), ma usare un approccio centrato sulla persona, che tenga conto della sua volontà di essere ancora inserito nell’ambiente in cui vive (e mi pare che il suo compagno lo stia già dimostrando). Dire che non c’è più niente da fare è non solo, a mio parere, scorretto (i disturbi afasici, sia di produzione sia di comprensione, se opportunamente trattati e alla presenza di una buona motivazione, possono, seppure lentamente, migliorare), ma grave e dannoso, perché un atteggiamento tale può scatenare una reazione depressiva che incide pesantemente sulla volontà di integrarsi.
Cerchi di fare partecipe il suo compagno di quanto le ho scritto.
Molti auguri
Franco Denes
24 aprile 2015
Domanda:
Buonasera, sono la mamma di un ragazzo di 38 anni e sono disperata! Mio figlio lo scorso dicembre ha avuto una emorragia cerebrale intraparenchimale temporo-parietale sinistra. Ha subito un intervento e dopo 15 gg di coma si è svegliato ed è stato trasferito all’ospedale di Vicenza. Ora devono ancora fare l’intervento dell’opercolo. La diagnosi dei medici “paziente vigile e collaborante. Si apprezza emiplegia destra, deficit del VII nervo cranico di destra, aprassia ed afasia”. Loro sempre negativi non mi danno alcuna speranza (…). La informo che mio figlio ha fatto il sub, giocava a calcio e correva in bicicletta, mi chiedo: ma con tutte le possibilità che ci sono oggi, è mai possibile che io non possa portarlo in un centro di qualità? Altri, anche più anziani, recuperano e mio figlio no. La prego mi aiuti, è un ragazzo così solare quando al sabato e domenica lo portiamo a casa con i suoi amici è così felice. Ha cominciato a muovere anche la gamba destra però il linguaggio ci preoccupa parecchio, lui canta, capisce tutto, dice molte parole, fa discorsi, ma noi non riusciamo a capire nulla. Mi scuso ma non so più cosa fare! La ringrazio anticipatamente certa che mi aiuterà. Grazie.
Risposta:
Gentile Signora,
le possibilità di recupero di un afasia dipendono dall’entità del danno cerebrale e dalla gravità dell’afasia. La logoterapia ha un effetto positivo e deve essere proseguita nel tempo con controlli periodici. Cinque mesi sono ancora pochi per porre una prognosi sul miglioramento finale. E’ importante che suo figlio sia motivato e la vicinanza a casa può rappresentare uno stimolo ad impegnarsi di più nella terapia. L’aiuto della famiglia è essenziale nel processo di recupero. Non esiti a ricontattarmi se ne sente il bisogno.
Auguri
Franco Denes
22 aprile 2015
Domanda:
Buongiorno, ho 43 anni e sono stata colpita da una emorragia cerebrale grave da M.A.V. sul lato destro: sono afasica non muovo il lato destro, però sento il dolore. L’emorragia è stata quasi tre anni fa. Sono stata seguita dalla logopedia e dalla fisioterapia, a tutt’oggi cammino con il treppiedi e un tutore. Potrò ancora recuperare qualcosa? Grazie
Risposta:
Gentile Signora,
contrariamente a quanto si credeva fino a pochi anni fa, il processo di recupero può durare per anni. Fisiochinesiterapia e logopedia, secondo i parametri indicati dai terapisti, sono certamente utili.
Molti auguri
Franco Denes
7 aprile 2015
Domanda:
Gentile prof. Denes, la contatto per poter chiedere un aiuto su come o cosa fare per aiutare mio padre. Nel mese di febbraio 2015, mio padre ha avvertito un leggero mal di testa con capogiro ma la situazione nel giro di pochi minuti è precipitata. Avendo capito l’urgenza, abbiamo chiamato il 118. Veniva tempestivamente portato al pronto soccorso dove la TAC d’urgenza evidenziava una vasta emorragia cerebrale, venne così trasferito al reparto di neurochirurgia. Qui è stata ripetuta la TAC dove si evidenziava che l’emorragia era cresciuta e così decisero di operarlo. Dalla cartella clinica risulta: emorragia cerebrale intraparenchimale destra evacuata chirurgicamente. Mio padre dopo settimane di ricovero in Rianimazione è stato trasferito nel reparto di neurochirurgia. Dopo un’infezione che gli ha causato giorni di febbre alta, ha iniziato piano piano a svegliarsi. Era abbastanza collaborante ci riconosceva e rispondeva alle domande che gli si ponevano. Abbiamo iniziato ad alimentarlo con semplici pasti, come omogeneizzati e mousse di frutta.
Purtroppo dopo alcuni giorni non è stato più collaborativo, era nervoso, insultava, parlava male, era adirato soprattutto con noi familiari stretti. Usava un linguaggio che non ho mai sentito usare a mio padre. Premetto che lo tengono sempre legato perché si tocca continuamente la ferita. Dopo due settimane di neurochirurgia è stato trasferito in un centro di riabilitazione di Oristano. Ora il problema è che a livello cognitivo non collabora, non riesce ad accettare di aver avuto un ictus e incolpa noi famigliari (ma soprattutto mia madre) di averlo rinchiuso, a volte pensa in un ospedale psichiatrico altre volte in ospizio. Da un po’ di giorni si è inventato anche una teoria per la ferita, che mia madre, che è invalida e usa la stampella, per sbaglio l’abbia colpito. Abbiamo parlato con i medici e ci dicono che è tutto nella norma. Cosa mi consiglia di fare o dire ai medici? Secondo lei è vero che ci sta questo stato di nervosismo acuto e questo colpevolizzare noi e non accettare in nessun modo la verità? La ringrazio anticipatamente e le auguro una buona giornata.
Risposta:
Gentile Signora,
La ringrazio per la chiarezza con cui espone i sintomi di cui è affetto suo padre. A differenza di una lesione dell’emisfero sinistro che spesso si accompagna ad afasia ed emiplegia o emiparesi destra, delle sofferenze, specie in fase acuta dell’emisfero destro, oltre a provocare deficit motori dell’emicarpo sinistro, si accompagnano a una negligenza per lo spazio, sia corporeo che extracorporeo controlaterale alla lesione: in altre parole la persona affetta ignora tutto quello che avviene nella metà sinistra dello spazio, compresa la metà sinistra del corpo, per cui ad esempio mangia solo nella metà destra del piatto o facendosi la barba non si rasa la guancia sinistra (negligenza spaziale unilaterale). In alcuni casi inoltre il paziente nega l’esistenza del deficit motorio, affermando di stare perfettamente bene di non capire perché sia costretto a letto e non riconoscendo come sue le parti del corpo della metà sinistra. In rari casi infine si può sviluppare una ideazione delirante centrata su tale problema con accuse ai familiari di agire contro di lui. Ovviamente ha ragione lei di preoccuparsi e mi meraviglio come i medici dell’istituto di riabilitazione considerino ‘normale’ il comportamento del suo papà. Con il tempo i sintomi più eclatanti tendono ad attenuarsi, anche se spesso rimane un’alterata percezione dell’emispazio sinistro. Mi scusi la lezioncina di neuropsicologia, ma spero le possa essere utile.
Non esiti a ricontattarmi
Auguri
Franco Denes
13 marzo 2015
Domanda:
Salve dottore mio padre di 82 anni, in seguito ad ischemia dovuta ad un ependimoma di II grado al cervello, non riesce più a parlare da 8 giorni. È ricoverato presso un reparto di neurologia, ha da poco ripreso a muovere il braccio destro e la gamba destra senza avere coordinazione, e sembra che capisca quasi tutto quello che gli si dice. Come possiamo aiutarlo? Non gli stanno facendo alcun tipo di riabilitazione. Grazie.
Risposta:
Gentile Signore,
la sintomatologia di cui suo padre è affetto è ancora in fase molto acuta ed è quindi possibile che i medici non abbiamo ritenuto opportuno iniziare una logoterapia standard, in attesa che il quadro neurologico migliori spontaneamente. Intanto è importante che i familiari continuino a mantenere un contatto verbale, scambiando notizie e sforzandosi di capire i suoi tentativi di comunicazione, senza voler tentare di fare una logoterapia, con eccessive correzioni che potrebbero portare suo padre a una situazione di rifiuto a comunicare.
In ogni caso è indispensabile una valutazione neuropsicologica e logopedica per stabilire i tempi e i modi della giubilazione, una volta passata la fase acuta.
Cordialmente
Franco Denes
27 febbraio 2015
Domanda:
Gentilissimo Dottor Denes, il mio fidanzato di 36 anni è stato colpito pochi mesi fa da encefalite erpetica che ha causato due attacchi epilettici ravvicinati (…). Successivamente è stato ricoverato presso l’U.O. di Neurologia e dalla dimissione ad oggi i progressi sono stati molteplici. Tuttavia è rimasta una sofferenza nel lobo temporale e ancora lievi attività elettriche (perciò preventivamente continua terapia con Keppra).
La sintomatologia ad oggi è la seguente: inizialmente ha difficoltà a ricordare e nominare gli oggetti, problemi di memoria a breve termine, problemi di toponomastica, riconoscere luoghi già visitati e indirizzi conosciuti, con conseguente scoraggiamento e difficoltà a relazioni interpersonali dovuti alla memoria. Altre attività sono invece rimaste invariate rispetto a prima dell’encefalite (calcoli, memoria lungo termine, lingue). Su consiglio del neurologo abbiamo prenotato una valutazione neuropsicologica. Vorrei conoscere il suo parere in merito: se ci sono sintomi che indichino afasia, sapere se esiste una specifica terapia riabilitativa cognitiva (e con quale figura medica) o dove potrei trovare informazioni o contatti per indicazioni più precise – anche privatamente in Italia.
La ringrazio anticipatamente e spero di non essermi dilungata eccessivamente con la descrizione del caso.
Risposta:
Gentile Signora,
grazie per la descrizione dettagliata che mi permette una risposta, spero, adeguata.
L’encefalite erpetica è una forma di origine virale, che colpisce in prevalenza i lobi temporali che rappresentano la base neurologica del linguaggio e della memoria. Di solito è colpita la memoria a lungo termine, sia nella componente retrograda (perdita dei ricordi per fatti ed eventi passati) che anterograda (incapacità ad apprendere). Inoltre il danno può interessare sia/o la memoria autobiografica o episodica (ricordi di avvenimenti personali localizzati nello spazio e nel tempo) che quella semantica (ricordo di nozioni condivise, ad esempio le conoscenze scolastiche o il significato delle parole.)
Nel caso del suo fidanzato mi pare che si stia verificando un progresso e questo è un buon indice prognostico per il futuro. Per sapere di più sulla memoria e sui deficit mnesici può consultare un buon manuale di neuropsicologia, ad esempio il capitolo redatto dal Prof. Vallar per il Manuale di Neuropsicologia curato da me e dal Prof. Pizzamiglio o il volume della Prof.ssa Papagno, edito dal Mulino, Neuropsicologica della Memoria che può trovare in una biblioteca di psicologica. Mi tenga informato, se vuole, sui risultati della valutazione cognitiva in maniera da poterle suggerire un centro di eccellenza.
Molti auguri
Franco Denes
15 gennaio 2015
Domanda:
Gentile professore, vorrei chiedere un parere riguardo a cosa fare con mia mamma (83enne) che è stata colpita da ictus ischemico nel dicembre 2014. È stata dimessa dopo 5 giorni dall’ospedale senza terapia riabilitativa, in quanto ha recuperato tutto dal punto di vista motorio ma ha difficoltà a parlare. Dice qualche parola, capisce tutto, ripete quello che le si dice, riesce a leggere un po’ e a scrivere un po’, ma non riesce a formulare frasi intere. Vorrei sapere cosa si può fare fin da subito perché era una donna molto attiva. Non è meglio che inizi subito a fare logopedia? (…) Il mio timore è che essendo anziana ai medici non interessi il suo recupero. Grazie.
Risposta:
Gentile Signora,
molti auguri per la sua mamma che, da quanto mi descrive, sta superando bene gli esiti di un ictus ischemico. Prima di iniziare una terapia logopedica formale, che è utile anche se la persona colpita da afasia è anziana, vedrei come è il decorso in questo primo mese.
Cerchi di incoraggiare in ogni maniera i suoi tentativi di comunicare, non sostituendosi a lei nella produzione. Se l’afasia dovesse persistere, contatti i servizi di riabilitazione della sua ULS.
Cordialmente,
Franco Denes
25 dicembre 2014
Domanda:
Buongiorno Professore, mio suocero di 77 anni è affetto da afasia progressiva (non causata da trauma o ictus) e in un periodo relativamente breve, 24 mesi, ha perso la capacità di comunicare se non con estrema fatica. Da parte nostra cerchiamo in tutti i modi di coinvolgerlo, di comunicare anche gesticolando e poi partecipa ad incontri con il logopedista. Mi domandavo se, oltre alle sedute con il logopedista, non esistesse la possibilità di accedere a terapie farmacologiche anche in fase di sperimentazione. La ringrazio e La saluto cordialmente.
Risposta:
Gentile Signore,
l’afasia progressiva primaria è dovuta a un processo degenerativo del cervello limitato alle zone della corteccia cerebrale che rappresentano la base neurologica del linguaggio, a differenza della malattia di Alzheimer che colpisce tutte le funzioni cognitive. La malattia fa parte delle demenze frontotemporali e al momento, come del resto per la malattia di Alzheimer (la più frequente forma di demenza), non esistono terapie farmacologiche che possano prevenire, curare o rallentare il corso della malattia. Sono convinto che il vostro atteggiamento, che incoraggia la comunicazione verbale e non verbale, sia di estrema importanza per migliorare la comunicazione e per aiutare suo suocero a sentirsi ancora parte del contesto familiare e sociale.
Molti auguri,
Franco Denes
22 novembre 2014
Domanda:
Gentile professore, il 31 luglio scorso ho subito un trauma cranico con coma ed emorragia in cui sono intervenuti chirurgicamente, rimuovendo l’ematoma. Ora dopo mesi di riabilitazione ho ripreso a mangiare e parlare ma ho un emiparesi sinistra. Mi sa consigliare sulla possibilità di recupero? Grazie mille
Risposta:
Gentile Signora,
a differenza di altri sistemi biologici, come quello muscolare, il tessuto nervoso non è in grado di produrre nuove cellule in modo da rimpiazzare quelle danneggiate. Ciò nonostante, le possibilità di recupero sono notevoli mediante un processo di riorganizzazione dei circuiti cerebrali, sia dell’emisfero malato che dell’emisfero leso. Tale processo è ‘spontaneo’ nella fase acuta post-lesionale, mentre nella fasi successive viene incrementato dalla terapia riabilitativa. Il grado di recupero è dipendente da molti fattori, i più importanti sono la gravità ed il volume della lesione iniziale. Su questa base, assieme al terapista può valutare il grado di recupero e la possibilità di un ulteriore miglioramento.
Molti auguri,
Franco Denes
10 novembre 2014
Domanda:
Buon giorno Professore, mio padre di 68 anni un anno e mezzo fa ha avuto un incidente in bicicletta. Ha colpito con il viso e la testa il parabrezza dell’auto, ma non ha avuto grossi problemi. In quest’anno e mezzo però abbiamo notato che ha iniziato ad avere difficoltà nel ricordare le parole, ad usare spesso la parola “cosa” e “cose”. Lui ripete che il problema è cominciato prima dell’incidente e quindi dopo un po’ l’abbiamo convinto a fare degli esami. Gli è stata diagnosticata una probabile Afasia Primaria Progressiva, anche se ancora non escludono un principio di Alzheimer. La mia domanda è: ho letto che medicine come il Donepezil cloridrato che si usano nei casi di Alzheimer lieve e moderato, possono aiutare anche nell’ Afasia Primaria Progressiva perché agiscono su questa proteina TAU che si riscontra anche nell’APP e in altre forma di demenza. Può essere consigliabile l’uso anche per l’Afasia Primaria Progressiva (APP) oppure è meglio non utilizzare farmaci e fare solo riabilitazione? Grazie.
Risposta:
Gentile Signore,
una percentuale variabile dal 20 al 40% di Afasia Primaria Progressiva evolve in una Malattia di Alzheimer. Per tale ragione, specie nelle forme lievi, si è tentato un trattamento con Rivastigmina o Donepezil, ma senza effetto significativo. Questo non significa che la persona malata sia lasciata a se stessa; importantissimo è il supporto dei familiari e una logoterapia che aiuti a mantenere o a ritardare la perdita del patrimonio linguistico.
Molti auguri,
Franco Denes
20 ottobre 2014
Domanda:
Gentilissimo Prof. Denes, mio marito l’8 maggio ha subìto un gravissimo incidente per il quale è stato in coma 40 giorni, riportando gravi fratture al braccio sinistro, una lesione al plesso brachiale di destra e una emorragia subaracnoidea. Quest’ultima adesso all’esame di RMN fa riscontrare: “ampia area malacica cortico/sottocortcale in sede fronto parietale sinistra”. Mio marito adesso ha recuperato una buona autonomia motoria, comprende qualunque cosa gli venga detta, ha recuperato buona parte dell’attenzione, ma non parla e non scrive e legge solamente qualcosa. Tuttavia ha ancora una tracheotomia a protezione della disfagia, risolta per altro.
Secondo Lei, dopo quasi 3 mesi di logopedia, ci sono possibilità di recupero linguistico?
Grazie
Risposta:
Gentile Signora,
in genere il recupero della produzione (scritta e orale) nelle persone afasiche è un processo più lento del recupero della comprensione, sia uditiva che scritta. Il tempo intercorso è certamente troppo poco per considerare il deficit stabilizzato di suo marito, visto anche il buon recupero della comprensione. Dovrà insistere a lungo con la logopedia, cercando di scegliere il metodo che più si addice al livello di deficit e di accettazione da parte di suo marito. La collaborazione dei familiari è importantissima.
Cordialmente
Franco Denes
19 ottobre 2014
Domanda:
Gentile Prof. Denes, sono stata colpita da ictus nel febbraio 2012 (con diagnosi “ischemia cerebrale silviana sinistra su verosimile base dissecativa sottoposta a fibrinolisi sistemica e loco regionale con posizionamento di stenting carotideo”). Io ho 47 anni e mi sembra che l’afasia stia un po’ migliorando, ma volevo sapere quale differenza c’è tra afasia e disartria? Possono presentarsi in concomitanza oppure sono in antitesi? (…) Grazie infinite.
Risposta:
Gentile Signora, molte congratulazioni per lo splendido recupero e, se permette, congratulazioni anche ai medici che l’hanno curata così bene e tempestivamente. La Disartria è un disturbo di produzione della parola, caratterizzato da difficoltà articolatorie. Si può presentare sia in seguito a danni cerebrali che non toccano i centri del linguaggio (p.e. Malattia di Parkinson), che in concomitanza di un’afasia non fluente (afasia di Broca). Nel suo caso, mi pare che il disturbo del linguaggio (afasia) sia risolto, mentre permane solo un deficit di tipo articolatorio.
Cordialmente
Franco Denes
16 ottobre 2014
Domanda:
Buongiorno Professore, mia sorella ha avuto un aneurisma, ora i medici ci dicono che dobbiamo fare una “vacanza” da logopedia e fisioterapia, farle fare un po’ di vita sociale in un centro per disabili con handicap acquisiti (senza fare logopedia e fisioterapia), perché in questo momento non dà più nulla. Ha necessità di distrarsi, anche se ha iniziato a stare in piedi (con girello) e a fare qualche passo senza l’aiuto del fisioterapista.
In base a tutto ciò che è accaduto, mi chiedo se è giusto sospendere la fisioterapia e la logopedia, lei ha un’afasia globale con aprassia. (…) Agli inizi di settembre il suo umore è cambiato: non sorride, è spenta, smette di parlare. Si suppone una depressione. La logopedia è stata sospesa perché dicono che ha sempre collaborato poco, ora ha iniziato a muovere il piede destro per scendere dalla carrozzina, fa qualche passo da sola, inizia a stare un po’ in piedi (sempre in presenza del fisioterapista), però il tempo di degenza, dove siamo attualmente, è comunque terminato.
Cosa mi consiglia di fare? Portarla in un’altra struttura ospedaliera e farle fare fisioterapia e logopedia?
Attendo una Sua risposta, grazie.
Risposta:
Gentile Signora,
credo che la decisione dei colleghi sia corretta. Dieci mesi di ospedale possono incidere profondamente sull’umore e sulla motivazione al recupero e scatenare una grave depressione reattiva, con rifiuto a collaborare alla terapia. Un intervallo può, a mio parere, essere utile per cercare di motivare sua sorella a vivere in ambiente ‘normale’.
Molti auguri,
Franco Denes
25 settembre 2014
Domanda:
Buonasera Professore, mio marito 15 mesi fa è stato vittima di ictus ischemico che gli ha causato una brutta afasia prevalentemente motoria. In questi mesi, grazie alla sua volontà ed ai professionisti logopedisti, ha recuperato davvero tanto. L’eloquio è lento ed incompleto ma nel complesso soddisfacente. Ieri mattina ha dovuto subire un intervento chirurgico in anestesia generale per rimozione di angioma cavernoso cerebrale emilato destro. L’intervento è riuscito benissimo, ma al momento risulta decisamente regredita la capacità di comprensione e presenta un’afasia.
Le chiedo se può essere normale e se posso aspettarmi un miglioramento nei prossimi giorni o se devo sospettare un insulto ischemico nuovamente a sinistra. Grazie.
Risposta:
Gentile Signora,
la ringrazio per la fiducia. Le ragioni del peggioramento dell’afasia potrebbero essere multiple: la prima è legata all’anestesia che suo marito sta ancora ‘smaltendo’ e che nei prossimi giorni non dovrebbe lasciare traccia (ipotesi più probabile); la seconda potrebbe essere dovuta al fatto che il miglioramento dopo il primo ictus possa essere stato sostenuto dall’emisfero destro che ha sviluppato o riattivato, spontaneamente o in seguito al trattamento, capacità linguistiche legate, prima dell’ictus, all’attività dell’emisfero sinistro. Un intervento all’emisfero destro potrebbe, in questo caso, essere causa della regressione del linguaggio. Prima di giudicare quale delle due ipotesi sia corretta, è meglio aspettare la risoluzione del periodo acuto postoperatorio. Mi tenga informato Cordialmente,
Franco Denes
1 settembre 2014
Domanda:
Salve professore, sono affetto da afasia a causa di un “incidente” avvenuto il 15/10/2011. Le cose sono molto migliorate in questi difficilissimi mesi, però rimane molto difficile, naturalmente è cambiata la mia vita…tutte cose che già sapete. Vi scrivo per una informazione: sto cercando informazioni in merito a farmici che possano aiutarmi nel mio recupero, al momento non ho trovato nulla interessante. Spero che possiate aiutarmi.
Grazie mille.
Risposta:
Gentile Signore, l’Afasia non è una malattia ma un sintomo di danno cerebrale (da trauma, da malattia cerebro- vascolare, eccetera), che ha danneggiato le aree cerebrali, di solito nell’emisfero sinistro, che rappresentano la base neurologica del linguaggio. Non vi è perciò una terapia specifica, se non la logoterapia.
Molti auguri,
Franco Denes
23 giugno 2014
Domanda:
Salve Professore, vivo in provincia di Treviso e ho mio padre che, da tre anni a questa parte, ha delle difficoltà a relazionarsi con il mondo a causa di un disturbo del linguaggio insorto dopo ischemia. La difficoltà di comunicazione credo che stia mandando mio padre in depressione perché ha momenti in cui sta benissimo, altri in cui vuol morire. Mi chiedo se esiste dalle mie parti un sostegno di tipo psicologico per lui e per la mia famiglia. Non so a chi rivolgermi ho bisogno di farmi un’idea. Non so se potete aiutarmi…in ogni caso grazie.
Un saluto, S.
Risposta:
Gentile S., purtroppo le difficoltà che lamenta suo padre sono molto comuni dopo un’afasia e talora portano ad una vera depressione.
Ne parli con il suo neurologo di fiducia per valutare la possibilità di una terapia antidepressiva ed un sostegno psicologico.
Molti auguri.
Franco Denes
15 giugno 2014
Domanda:
Gentile Prof. Denes, mio padre di 63 anni ha effettuato a febbraio un embolizzazione di paraganglioma carotideo sinistra. Al risveglio dall’anestesia papà mostrava emiparesi destra con agitazione psicomotoria. L’ultima angiografia cerebrale ha evidenziato la rivascolarizzazione dell’intero territorio carotideo sinistro. (…) A Taranto è rimasto 45 giorni sotto sedazione, poi è stato trasferito a Lecce e dimesso con diagnosi di afasia motoria nel territorio della cerebrale media di sinistra. Ora, tornato a casa, ha iniziato ambulatorialmente con 3 sedute di FKT e solo una di logopedia. Papà comprende ciò che gli viene detto guardando il labiale di chi parla, risponde a semplici domande con sì e no, ha mimica facciale e gesticola molto con entrambi gli arti superiori per farsi capire. Parla con “DUDUDUDU” come se facesse lunghi discorsi con tante parole, ma non si capisce niente. Nel suo discorso mette sempre il nome di mamma e ripete su suggerimento alcune parole come acqua, pane, mela e pera. Sa leggere e copiare. A casa per stimolarlo lo facciamo parlare al telefono, ovviamente con domande dove la risposta da parte sua dovrà essere sì o no. È consapevole di ciò che gli è accaduto (…). È ben orientato, guarda l’orologio, si lava autonomamente e deambula.
Vorrei sapere se lei nella sua esperienza ha riscontrato casi di afasia motoria che abbiano avuto dei buoni risultati o un minimo di linguaggio per farsi capire? È vero che ogni caso è unico, ma l’afasia può essere” recuperata “, se così si può dire, solo con la logopedia?
Volendo essere positiva, i tempi di recupero sono lunghi? Esiste un recupero? Noi familiari cosa possiamo fare per aiutare papà? Che esercizi possono essere fatti a casa nel quotidiano? Che controlli si consigliano di effettuare?
Grazie. Attendo un vostro riscontro.
T.
Risposta:
Gentile Signora, l’afasia è l’unico deficit cognitivo che migliora in seguito ad un trattamento riabilitativo (logopedia). Il miglioramento è essenzialmente legato all’entità del deficit iniziale e alla logoterapia, la cui durata è in funzione del miglioramento. La comprensione migliora comunque più della parola spontanea. Si raggiuge poi una fase di stabilità. Le consiglio di continuare con la logopedia e di incoraggiare ogni sforzo comunicativo che suo padre compie, aiutandolo a correggere gli errori, ma evitando un atteggiamento troppo severo che lo scoraggi. Il contatto con i familiari e amici è utilissimo.
Molti auguri,
Franco Denes
30 maggio 2014
Domanda:
Buongiorno Professore,
mia sorella lo scorso ottobre ha avuto un’emorragia cerebellare derivata dalla rottura di una fistola durale. Dopo ormai quattro mesi di logopedia, nonostante le riescano bene gli esercizi, l’eloquio è strozzato e quindi parla con difficoltà. È stata effettuata una visita da un otorino e le corde vocali sono libere e nelle norma, non ci sono alterazioni. Quale può essere la causa? Cosa consiglia?
Grazie.
Risposta:
Buongiorno Professore,
mia sorella lo scorso ottobre ha avuto un’emorragia cerebellare derivata dalla rottura di una fistola durale. Dopo ormai quattro mesi di logopedia, nonostante le riescano bene gli esercizi, l’eloquio è strozzato e quindi parla con difficoltà. È stata effettuata una visita da un otorino e le corde vocali sono libere e nelle norma, non ci sono alterazioni. Quale può essere la causa? Cosa consiglia?
Grazie.
6 maggio 2014
Domanda:
Salve Prof. Denes,
sono D., le scrivo poiché mia nonna di 81 anni, sempre autonoma e con ottima salute, soffre di afasia progressiva primaria da circa 2 anni e sta peggiorando velocemente. Ha seguito dei cicli di rieducazione linguistica, ci hanno anche consigliato di usare dei programmi riabilitativi per pc senza indicarci quali. Avete idea di che programmi per il computer potrei usare? Aiuterei io la nonna ad armeggiare con il pc. La ringrazio anticipatamente.
Risposta:
Gentile D.,
una rieducazione che implichi l’uso del PC è, a mio parere, assolutamente inutile, se non controproducente. Le consiglio invece di aiutare sua nonna con uno scambio verbale, non fissandosi a correggere gli errori, ma aiutandola a comunicare affetti, desideri e ricordi. Mi creda, questo può essere infinitamente più utile di una rieducazione formale.
Molti auguri,
Franco Denes
2 maggio 2014
Domanda:
Buongiorno Professore,
da molti anni ormai mi capita con una certa frequenza di pronunciare male parole semplicissime (per esempio invertendo due sillabe o l’ordine delle consonanti), oppure non mi vengono le parole, anche banalissime, che fino all’istante precedente avevo chiarissime in mente, oppure ancora mi vengono le parole in una delle altre lingue che conosco ma mi manca poi la traduzione in italiano. Oppure visualizzo la cosa che dovrei dire nella mente, ma mi manca la “didascalia” per tradurla in parole.
Mi capita anche nello scritto, ma davvero molto più raramente (…). Ho anche pubblicato qualche romanzo (…). Mi sono accorta che non mi capita quando sono molto concentrata, mentre mi capita molto più di frequente quando sono stanca o molto rilassata. Non ricordo un trauma che potrebbe essere associato a questa cosa. All’inizio non ci facevo caso, imputando tutto alla stanchezza, ma ultimamente mi sembra di essere peggiorata e mi rendo conto di preferire nettamente le comunicazioni scritte a quelle verbali per evitare di rimanere “in panne”.
Cosa posso fare?
Grazie & Saluti, M.
Risposta:
Gentile Signora,
ciò che lei mi descrive sono dei lapsus senza alcun significato patologico, specie in una persona come lei che ha familiarità con il linguaggio scritto e parlato. I lapsus sono meno frequenti nel linguaggio scritto perché si ha più tempo di scelta e l’errore, anche in fase inziale, si ‘vede’. Gli stati d’ansia e di affaticamento favoriscono la comparsa del fenomeno.
Cordiali saluti,
Franco Denes
22 aprile 2014
Domanda:
Buongiorno Prof. Denes,
mia madre, colpita da ictus ischemico un mese e mezzo fa con conseguente emiplegia destra e afasia globale, al momento si esprime solo tramite espressioni ricorrenti (…). Volevo chiederle se ci sono delle tecniche per distrarla da questi meccanicismi, per fare in modo che vengano eliminati. Io provo a distrarla o a farle segno di stare zitta ma purtroppo senza successo e questo mi scoraggia davvero molto. In questa fase, oltre che dedicarsi solo all’aspetto della deglutizione, si potrebbe iniziare anche una terapia di logopedia o è invece necessario attendere per capire come si evolve la situazione in maniera naturale prima di poter intervenire? La ringrazio anticipatamente per il suo gentile riscontro.
Risposta:
Buongiorno Signora,
la terapia logopedica dev’essere iniziata anche in fase precoce, a patto che il livello di attenzione sia sufficiente. Non intervenga troppo pesantemente sugli errori, potrebbe essere controproducente. Cerchi di sviluppare uno scambio comunicativo, senza un atteggiamento da logopedista, ma da figlia.
Cordialmente,
Franco Denes
10 aprile 2014
Domanda:
Salve prof. Denes,
Mia moglie è stata operata di Aneurisma cerebrale frontale dx con clippaggio della vena sanguinante, l’intervento è andato bene, ma vorrei sapere se è possibile che l’intervento può avere scatenato: 1° mancanza di desiderio sessuale,2° egoismo ,3° cattiveria, 4°umore altalenante, 5°disinteresse della cura della persona, 6° mania compulsiva di spendere. Può essere riconducibile all’intervento?
Grazie
Risposta:
Gentile Signore,
La sintomatologia descritta potrebbe essere espressione di un danno alle strutture frontali, danneggiate dal sanguinamento dell’aneurisma. E’ necessario eseguire una valutazione neuropsicologica, confrontarla con i dati TAC o RM postoperatori e parlarne con il neurologo che segue sua moglie per stabilire una terapia.
Molti auguri, Franco Denes
10 aprile 2014
Domanda:
Gentile Prof. Denes,
La sera del 19 Marzo, nostra figlia, improvvisamente ha smesso di parlare ed è svenuta. Portata d’urgenza all’ospedale di Padova, Neurochirurgia, è stata operata alla testa per aneurisma parte sinistra con grave emorragia. Successivamente è stata trasferita in Terapia intensiva ed è tutt’ora ricoverata. Fisicamente si sta riprendendo, respira da sola, viene alimentata con sondino ed è sveglia. Purtroppo non interagisce per l’afasia e la paresi alla parte destra del corpo. Ci guarda ma non ci sente, siamo disperati. Sul vostro sito abbiamo visto storie simili, avete consigli da darci? I medici non si esprimono finché nostra figlia non interagisce (ha soli 36 anni e, inoltre, a soli 22 anni aveva avuto un altro aneurisma parte destra che si era risolto velocemente senza problemi che però ha pesato molto psicologicamente).
Cordiali saluti,
I Genitori
Risposta:
Gentili Signori,
La sintomatologia che mi descrivete depone per un danno all’emisfero sinistro, responsabile sia dell’afasia che della emiparesi destra. A Treviso e Motta esistono eccellenti strutture di neuroriabilitazione e sono certo che vi verranno fornite tutte le informazioni necessarie e stabilito un programma di recupero.
Cordiali saluti,
Franco Denes
31 marzo 2014
Domanda:
Buonasera Professore,
Le scrivo vorrei saperne di più riguardo la malattia di cui mia madre è stata colpita. Mia mamma ha 59 anni e da poco è andata in pensione, nell’ultimo anno abbiamo notato una grossa difficoltà oltre che nell’esprimersi anche nel tenere i conti e nel seguire tutte le varie faccende commerciali e burocratiche. (…) Le è stata diagnosticata l’Afasia Temporale non Fluente (PNFA). Ci hanno dato una terapia da seguire e consigliato la presa in carico da un logopedista. Ultimamente la trovo sempre più in difficoltà nell’utilizzo del linguaggio e nell’ apprendere ciò che le viene detto, il tutto con l’aggiunta della difficoltà nelle azioni quotidiane (…). Mi chiedevo se fosse così gentile da aiutarmi a comprendere meglio questa patologia, per poter capire anche come rapportarci con lei e di conseguenza come poterla aiutare per quanto possibile.
La ringrazio anticipatamente per la considerazione, cordiali saluti.
Risposta:
Gentile Signore,
l’Afasia primaria progressiva nella forma non fluente è un disturbo del linguaggio causato da un danno cerebrale di tipo degenerativo, localizzato all’inizio nel sistema neurale specifico per il linguaggio. Per molti anni il danno può rimanere localizzato alle funzioni linguistiche, lasciando intatte le altre funzioni cognitive (per esempio orientamento, uso degli oggetti, ecc.). Purtroppo in seguito il danno si estende interessando altre funzioni cognitive e virando verso un quadro di demenza. Allo stato attuale non esistono farmaci che possano influenzare il decorso della malattia. Il suo neurologo potrà valutare se usare farmaci antidepressivi o che modulano gli eventuali disturbi del comportamento. La logoterapia può avere una qualche utilità, specie se è bene accetta dalla sua mamma.
Cordialmente,
Franco Denes
18 marzo 2014
Domanda:
Gentile Professore,
il 27 di dicembre scorso mia sorella ha avuto un aneurisma celebrale ESA. E’ stata operata d’urgenza e, per miracolo, dopo nemmeno un mese era già a casa.
Ha avuto un’afasia anomala: per 15 giorni non ha quasi pronunciato parola. Non ha subito gravi danni. Cammina abbastanza bene anche se è molto debole ed ha riacquistato la parola, con qualche acciacco ovviamente. Ad oggi, fa 4 ore di logopedia ed una di fisioterapia alla settimana. E fin qui sembrerebbe un quadro felice. Lei ha 46 anni, prima che le scoppiasse l’aneurisma aveva il vizio di bere e fumare ed in più prendeva la paroxetina. Ha accanto un marito molto superficiale ed egoista (…), ciò per dirle che già prima dell’aneurisma era una donna stressata e depressa, anche se credo che la depressione ora si sia amplificata maggiormente. Lei per caso conosce un bravo psicoterapeuta su Siena e dintorni che ha già trattato con pazienti sopravvissuti ad emorragie celebrali? Mi piacerebbe inoltre che mia sorella incontrasse qualcuno che come lei è sopravvissuto a questa disgrazia (…). Conosce qualcuno su Siena o Livorno con cui mi posso mettere in contatto?
La ringrazio anticipatamente per il suo tempo e per avermi letta.
Cordiali Saluti.
Risposta:
Gentile Signora,
non vi è alcuna relazione fra la depressione, l’assunzione di paroxetina e l’insorgenza di un emorragia subaracnoidea. A Siena esiste un eccellente Clinica Neurologica a cui può rivolgersi per ottenere informazioni più dettagliate. Non esiti a mettersi in contatto con la sezione regionale dell’AITA.
Cordialmente,
Franco Denes
16 marzo 2014
Domanda:
Buonasera professore,
ad un mio carissimo parente a causa di un errore medico, che gli ha causato un prolungato ricovero, si é sviluppata l’Encefalopatia di Wernicke. Prima di allora non ne sapevamo nulla. Ormai il mio parente é da circa 11 mesi fuori dall’ospedale ma i sintomi proseguono in maniera stabile senza miglioramenti troppo evidenti. Dopo qualche mese ha ripreso a guidare, ma l’equilibrio, la concentrazione, lo stato di confusione non accennano a modificarsi. Avrei la necessità di conoscere qualche centro a livello nazionale (noi viviamo in Sardegna) che si possa definire specializzato in questa malattia tanto rara.
La ringrazio infinitamente anticipatamente.
Risposta:
Buonasera professore,
ad un mio carissimo parente a causa di un errore medico, che gli ha causato un prolungato ricovero, si é sviluppata l’Encefalopatia di Wernicke. Prima di allora non ne sapevamo nulla. Ormai il mio parente é da circa 11 mesi fuori dall’ospedale ma i sintomi proseguono in maniera stabile senza miglioramenti troppo evidenti. Dopo qualche mese ha ripreso a guidare, ma l’equilibrio, la concentrazione, lo stato di confusione non accennano a modificarsi. Avrei la necessità di conoscere qualche centro a livello nazionale (noi viviamo in Sardegna) che si possa definire specializzato in questa malattia tanto rara.
La ringrazio infinitamente anticipatamente.
Franco Denes
14 marzo 2014
Domanda:
Salve Dottore,
leggendo i vari sintomi che la formazione neoplastica cerebrale può causare, mi sono accorto di soffrire di problemi di linguaggio. Le cose basilari riesco a dirle tranquillamente, svolgo una vita normale e non mi sento a disagio neanche a lavoro. Ho solo la sensazione che a volte non mi vengono in mente le parole giuste da dire in quel preciso momento. Inoltre faccio fatica a chiamare con il nome giusto un particolare oggetto. Il mio medico attribuisce il tutto alla depressione, contro la quale sto lottando da qualche anno. Ho sempre paura di scoprire un giorno di essere ammalato. Voi cosa ne pensate di tutto ciò? Faccio bene a preoccuparmi oppure devo solo cercare di tranquillizzarmi? E’ possibile che sono tre anni che sono in queste condizioni e i sintomi non regrediscono ne aumentano?
Grazie mille anticipatamente per la risposta.
Risposta:
Gentile Signore,
i lapsus che mi descrive fanno parte del nostro linguaggio quotidiano e non rivestono alcun significato patologico.
Molti auguri,
Franco Denes
1 marzo 2014
Domanda:
Gentile Professore,
le scrivo per mio cognato (..) che un anno fa è stato colpito da emorragia cerebrale a seguito di rottura di aneurisma, operato per posizionamento di stent, ha subito danni per successive ischemie diffuse (..). È emiparetico ed afasico, ha ricevuto riabilitazione cognitiva e logopedica, ma i medici sembrano arrendersi, in un primo momento rispondeva “no e no”, ma trasferito al termine del periodo previsto dalla normativa, non è migliorato, anzi regredisce (..). Quando mi fanno parlare con lui al telefono risponde al momento delle mie pause con una specie di urlo, sempre su mia richiesta o quando sollecitato dalla badante che gli è accanto e quindi con cognizione. Ha solo 56 anni, in più reagisce ai nostri stimoli affettivi piangendo ed anche ridendo o sorridendo. Noi non vogliamo né possiamo arrenderci, dovremmo seguire i consigli dei medici che vorrebbero dimetterlo ed avviarlo in una struttura assistenziale? Tutta la vicenda si svolge nei limiti di tempo e di spesa fissati dalle norme, temiamo che ciò sia determinante nelle sue possibilità di recupero. Grazie.
Cordiali saluti, M.
Risposta:
Gentile Signora,
il quadro che mi descrive con tanta chiarezza è purtroppo molto grave. Non posso esprimere un parere competente, non avendo visto suo cognato, né il referto degli esami neuroradiologici e la loro evoluzione nel tempo. E’ importante conoscere per quanto tempo e come ha risposto alla riabilitazione cognitiva e del linguaggio. Parlerei con i responsabili della struttura per rivedere il quadro e valutare se un approccio riabilitativo congiunto che coinvolga sia il terapista sia la famiglia possa essere realizzabile. Se lo ritiene utile non esiti a ricontattarmi.
Cordialmente, Franco Denes
25 febbraio 2014
Domanda:
Buongiorno professore,
mi scusi per il disturbo, le scrivo perché mi è capitato un episodio che mi ha molto spaventata! Sono al quarto mese di gravidanza ed oggi pomeriggio, dopo essere uscita da casa e aver preso freddo, ho avuto difficoltà a vedere bene al margine destro del mio spazio visivo, poi avevo delle sensazioni quasi di svenimento e di mancamento che sono un po’ passate dopo aver mangiato un gelato. Dopo di ché, un po’ spaventata perché tra l’altro ho dovuto guidare la macchina per tornare a casa, ho avuto difficoltà ad esprimermi nel parlare, pensavo un concetto ma non riuscivo a pronunciare alcune parole, mi sentivo confusa! Dopo qualche minuto sono stata meglio ma tutto questo mi ha lasciato un fastidioso mal di testa! Volevo sapere quale potrebbe essere stata la causa di questo, il ginecologo mi ha consigliato una visita neurologica ma io sono un po’ preoccupata! La ringrazio molto!
Cordiali saluti
Risposta:
Gentile Signora,
l’episodio che mi descrive con tutta probabilità non riveste alcun significato, ma, per prudenza, ne parli con il suo medico per valutare la possibilità di una visita neurologica. In via ipotetica, l’episodio potrebbe essere stato di origine emicranica.
Molti auguri,
Franco Denes
12 febbraio 2014
Domanda:
Dopo un’ischemia cerebrale che vede il paziente con buona memoria, fluidità di parola, capacità di scrivere, ma non di leggere, c’è la possibilità che possa riprendere la lettura? Son passati 20 giorni dall’attacco ed è in riabilitazione da una settimana. Grazie, N
Risposta:
Gentile Signora,
il quadro che mi descrive è quello di una alessia pura, un quadro abbastanza raro nella pratica clinica ma di grandissimo interesse scientifico Le possibilità di recupero variano a secondo del tipo di alessia Il periodo di riabilitazione è troppo breve per vedere se ha effetti positivi.
Mi ricontatti in seguito
Auguri, Franco Denes
27 gennaio 2014
Domanda:
Quando una persona come i anni 66 ha avuto una emoragia cosa si può fare per recuperare? Mi è succsso il 14 gennaio corso e sono stato ricoverato (..) reparto appropriato vascolare.
Risposta:
Gentile Signore,
purtroppo le informazioni che mi fornisce sono troppo sintetiche per poter rispondere alla sua domanda. Posso solo dirle che i pazienti colpiti da un ictus (trombosi o emorragia cerebrale), in genere migliorano, ma il grado e il tipo di miglioramento variano (sede ed estensione della lesione).
Auguri, franco denes
30 gennaio 2014
Domanda:
Buona sera Professore, scrivo in merito ad un signore di 80 anni colpito a fine luglio 2013 da ischemia cerebrale (…). E’ stata evidenziata una ipodensità fronto parietale sinistra con piccole placche a sinistra e ispessimento parietale diffuso.
Dal punto di vista motorio ha avuto un ottimo recupero, assume dei farmaci (..) e ha intrapreso a fine dicembre un trattamento logopedico a causa di un eloquio non comprensibile. Da una prima valutazione è stata riscontrata un’afasia fluente di Wernicke. Il signore ha una forte compromissione della comprensione e della ripetizione, lettura preservata ma intellegibile e scrittura solo, a volte, realizzata su copia. Non ha una situazione familiare favorevole per contrasti all’interno del nucleo e quindi, aldilà del trattamento, è spesso solo senza stimoli volti ad un uso funzionale della comunicazione. Non ha più effettuato una tac né una visita neurologica dall’evento ischemico e mostra a volte un fortissimo rifiuto verso la terapia, nonostante la terapista cerchi di coinvolgerlo il più possibile nelle varie attività. Ha dei suggerimenti a riguardo? Grazie
Risposta:
Buona sera Professore, scrivo in merito ad un signore di 80 anni colpito a fine luglio 2013 da ischemia cerebrale (…). E’ stata evidenziata una ipodensità fronto parietale sinistra con piccole placche a sinistra e ispessimento parietale diffuso. Dal punto di vista motorio ha avuto un ottimo recupero, assume dei farmaci (..) e ha intrapreso a fine dicembre un trattamento logopedico a causa di un eloquio non comprensibile. Da una prima valutazione è stata riscontrata un’afasia fluente di Wernicke. Il signore ha una forte compromissione della comprensione e della ripetizione, lettura preservata ma intellegibile e scrittura solo, a volte, realizzata su copia. Non ha una situazione familiare favorevole per contrasti all’interno del nucleo e quindi, aldilà del trattamento, è spesso solo senza stimoli volti ad un uso funzionale della comunicazione. Non ha più effettuato una tac né una visita neurologica dall’evento ischemico e mostra a volte un fortissimo rifiuto verso la terapia, nonostante la terapista cerchi di coinvolgerlo il più possibile nelle varie attività. Ha dei suggerimenti a riguardo? Grazie
29 gennaio 2014
Domanda:
Mia moglie da due anni soffre di afasia progressiva, ha 77 anni. Peggiora sempre di più. Recentemente ho letto che in U.S.A. presso l’istituto Sanford-Bhurnam, il prof Stuart Lipton, ha messo a punto un nuovo farmaco per curare l’Alzheimer, approvato dalla FDA che si chiama Nitromemantine. Che cosa ne pensa lei?
Potrebbe curare anche mia moglie? Ci sono centri in Italia di riferimento? La ringrazio infinitamente.
Risposta:
Gentile signore,
la nitromemantina è un farmaco che dimostra, sugli animali con lesioni cerebrali simili alla malattia di Alzheimer, una possibile regressione delle lesioni.
Il farmaco è ancora in fase sperimentale e non disponibile per uso clinico.
Cordialmente, Franco Denes
24 gennaio 2014
Domanda:
Buongiorno Prof Denes,
Le chiedo se è possibile che un uomo di 71 anni sia affetto da afasia progressiva quando dice “in testa ho tutto il pensiero, ma non riesco ad esprimerlo, mi vengono a mancare delle parole e allora faccio dei giri che alla fine non si capisce e mi prendono in giro, oppure perdo il filo e rinuncio, se invece mi aiutano ad inserire la parola giusta arrivo in fondo al discorso.”
Come si diagnostica l’afasia progressiva? Ha fatto una TAC ma non è emerso niente. La ringrazio per le risposte che mi vorrà dare.
Risposta:
Gentile Signora,
I lapsus e le ‘mancanze di parole’, specie per i nomi propri, sono molto frequenti nel linguaggio normale e, se non ostacolano in maniera evidente la produzione del linguaggio, non rappresentano un segno di malattia. Solo quando il deficit ostacola significativamente la comunicazione è il caso di ‘insospettirsi’ e valutare la possibilità di eseguire un esame approfondito.
Cordialmente, Franco Denes
19 gennaio 2014
Domanda:
Salve, il mio compagno ha avuto una emorragia cerebrale destra, dopo due anni ha avuto dei miglioramenti ma è ancora in carrozzina. Volevo chiedere se secondo lei potrà recuperare ancora. Grazie.
Risposta:
Gentile Signora,
a distanza di due anni dall’ictus, il deficit neurologico si può definire cronico. Fino a pochi ani fa si pensava che a tale stadio le possibilità di miglioramento fossero nulle. Attualmente si è meno pessimisti.
Le consiglio di eseguire una rivalutazione neurologica e fisiatrica, anche per vedere se il deficit motorio è accompagnato da altri sintomi neuropsicologici, tipo eminegligenza spaziale, che potrebbe interferire negativamente su recupero motorio.
Cordialmente, Franco Denes
18 gennaio 2014
Domanda:
Buona sera dottore,
mia madre ora 69 anni è stata colpita circa 4 anni fa, in seguito a nulla di clinicamente visibile, da una forma di afasia che le ha ridotto a oggi la parola quasi a zero. E da giorni credo di aver capito che fa un po’ fatica anche nella connessione tra pensiero e movimento. Ho saputo dell’utilizzo in test del blu di metilene, metiltioninio, che ne dice? (..) Grazie
Risposta:
Gentile signor Franzetti,
il metiltioninio, o blu di metilene, è un colorante con blandi effetti disinfettanti.
La sua efficacia nel morbo di Alzheimer ed in genere nelle malattie degenerative cerebrali è, come confermato da parecchi studi, nulla.
Cordialmente, Franco Denes
17 gennaio 2014
Domanda:
Gentile Prof.,
le chiedo cortesemente una consulenza. Mio padre da sempre, davvero da quando lo conosco, ha sempre avuto problemi per sua labile memoria, quando parla non riesce a ricordare le parole e quindi nei discorsi escono fuori le parole “coso” o “cosa” in sostituzione della parola che avrebbe potuto esprimere. Quando poi una persona suggerisce la parola, lui la pronuncia correttamente. Ovviamente questa cosa per lui è motivo di cruccio perché si innervosisce. Alle volte le parole non sono eccessivamente difficili. Quando fa i conti è sempre veloce, come suo solito, non ha dimenticanze tipo che ne so trovare la strada di casa o cose così, però io ho paura che si possa trattare di qualcosa di serio. Cosa possiamo fare? Noi siamo di Bari città, a chi ci possiamo rivolgere? Grazie della vostra collaborazione.
Risposta:
Gentile Signora,
i piccoli errori lessicali di cui suo padre è affetto da tempo non rivestono alcun significato patologico e possono essere considerati alla stregua di piccoli nei. La mia diagnosi è corroborata dal fatto che il deficit lessicale non sia accompagnato da altri deficit cognitivi.
Saluti, Franco Denes
13 gennaio 2014
Domanda:
Buonasera,
(..) ma suocera, che ha 62 anni, circa un mese fa è stata colpita da ictus ischemico e ci hanno detto che la zona colpita è molto ampia: ora è afasica ed emiplegica. Inoltre, era in cura per una recidiva di linfoma per il quale ormai non c’è più niente da fare. Volevo solo chiederle se ci siano speranze che riesca a recuperare l’uso della parola.
Risposta:
Le possibilità di ripresa dipendono sia dall’estensione della zone cerebrale lesa, che dalla gravità del danno afasico. Nel periodo immediatamente successivo all’ictus si ha una ripresa spontanea, favorita dal contatto verbale con i familiari, seguito, o meglio accompagnato, se possibile, da un miglioramento indotto dalla logoterapia. Di solito la comprensione uditiva è la prima a migliorare. Non credo che il linfoma influisca significativamente sulla sintomatologia afasica.
Non esiti a contattarmi una volta passato il periodo acuto.
Cordialmente
Franco Denes
9 gennaio 2014
Domanda:
Spettabile professore,
La contatto perché mia madre, 59 anni a settembre, soffre di afasia primaria progressiva. Vorrei avere un quadro generale delle possibili terapie da poter attuare. (..) questa malattia crea un forte disagio in mia madre e in generale a noi famigliari e a malincuore devo dire che i medici sembrano poco preparati o malinformati su questa patologia. Precedentemente mia madre ha seguito un ciclo di logoterapia ed elettrostimolazione della durata di un mese circa.
Mi rivolgo a lei chiedendo quali siano le possibili terapie e i farmaci che possono contrastare la degenerazione. Capisco la difficolta nel dare consigli senza consultare cartelle o effettuare visite, ma purtroppo non abbiamo un punto di riferimento, perché come ho detto prima, i medici sembrano piu spaesati di noi.
Ringraziandola anticipatamente aspetto sue notizie.
Risposta:
Gentile Signore,
l’afasia primaria progressiva è conseguente ad un processo degenerativo dei neuroni che fanno parte del circuito cerebrale specifico del linguaggio.
L’ afasia si può presentare in un forma detta ‘logopenica’, caratterizzata da una riduzione della produzione verbale ed una con produzione fluente, ma con disturbi di comprensione sia verbale che delle conoscenze più generali (demenza semantica).
Purtroppo non esistono terapie farmacologiche o logopediche che possano influenzare positivamente il corso della malattia. Questo non significa che ‘non ci sia più niente da fare’: un sostegno ed un incoraggiamento da parte dei familiari che aiutino la persona colpita a comunicare in qualsiasi maniera ed ad uscire dall’isolamento provocato dall’ afasia sono essenziali per mantenere una comunicazione.
Parli con il suo neurologo per una eventuale terapia farmacologica di appoggio (antidepressivi?)
Cordialmente
4 gennaio 2014
Domanda:
Salve dottore, mio padre il ha avuto un ictus pochi giorni fa. (..) Lui è sveglio, parla, ricorda tutto e ha già cominciato a muovere la gamba sinistra; ancora non muove il braccio, ma riesce a stringere la mano.
Vorrei sapere se tornerà a muoversi come prima e quanto sono lunghi i tempi di ripresa.
Grazie mille, la saluto
Risposta:
Di solito è l’arto inferiore a migliorare per primo e più significativamente (i movimenti richiesti sono più fini), ma il fatto che suo padre cominci a muovere la mano è già un buon segno.
La fisioterapia è essenziale e può durare molti mesi, perché il progresso può essere lento. La ripresa motoria dopo un ictus, sia spontanea che indotta dalla terapia è la regola.
Auguri, Franco Denes
17 dicembre 2013
Domanda:
Gentile professore,
mia mamma è afasica e lo abbiamo scoperto a gennaio 2013, dopo vari mesi di visite e cure inappropriate. Lei è molto cambiata, forse anche per gli ansiolitici che prende. Lei e mio padre tengono il mio bambino di 18 mesi ma io ho molta ansia e paura, soprattutto quando mio padre non è a casa, anche perché è lui ad occuparsi di quasi tutto. La mamma è ancora autosufficiente ma non molto attiva e questo mi preoccupa perché un bimbo richiede molta energia, che lei non ha. Mi dia un consiglio: posso fidarmi a lasciarlo con lei o può essere pericoloso?
La ringrazio di cuore. F.
Risposta:
Gentile signora,
purtroppo da quanto mi descrive non riesco a capire la causa dell’afasia: la sua mamma ha avuto un ictus, oppure i disturbi del linguaggio sono iniziati lentamente e si sono in seguito aggravati. Per cercare di risponderle vorrei sapere come è iniziata la malattia, se sono presenti altri deficit di tipo cognitivo (memoria, orientamento, capacità di gestire la routine familiare), l’esito degli esami eseguiti e la causa che il neurologo ha prospettato.
In caso di disturbo afasico, gli affetti sono in genere conservati e quindi la cura del nipotino non dovrebbe creare problemi. Un altro discorso è se sono presenti disturbi del comportamento con scoppi d’ansia o emotività non controllata.
Se lo ritiene opportuno, mi mandi le informazioni richieste e cercherò di essere più completo nella risposta.
Molti auguri
Franco Denes
5 dicembre 2013
Domanda:
Egregio dottore,
come fare a convincere mio padre afasico a seguito di ictus e mia madre, che finge che non esiste il problema, a consultare uno psichiatra o psicologo per il supporto necessario a chi è malato e a chi gli sta vicino?
La situazione rasenta il surreale e la condizione psicologica di mio padre è molto preoccupante, visti gli accessi d’ira che non sono quasi più controllabili.
Saprebbe indicarmi strutture o enti che si occupano di questo problema o quale strada intraprendere?
Non sono afasica ma l’afasia ha colpito anche me, in modo indiretto ma efficace.
Grazie della risposta.
Una figlia
Risposta:
Gentile Signora,
ha proprio ragione: l’afasia non colpisce una persona, ma tutta la famiglia e capisco bene i suoi problemi che sono purtroppo frequenti all’interno delle famiglie delle persone afasiche.
Non sono in grado di darle una risposta adeguata; ne parli con il suo medico e con i medici e la logopedista che hanno seguito il suo papà e se possibile si metta in contatto con la sezione più vicina di A.IT.A.
Mi spiace molto, cordialmente
Franco Denes
4 dicembre 2013
Domanda:
Gentile Professore,
mia moglie, due anni fa, è stata colpita da emorragia cerebrale nella parte sinistra del cervello con conseguente emiplegia destra e afasia. La domanda che le pongo è la seguente: può l’afasia creare problemi di “regressione” nel senso che, a volte, mia moglie sembra essere ritornata, in certi atteggiamenti, ragazzina (ha 50 anni) o ciò può essere determinato dai danni subiti dal cervello?
Risposta:
Gentile signore, purtroppo non mi è possibile darle una risposta esauriente, in quanto non capisco bene la sintomatologia che si è instaurata in seguito alla lesione cerebrale.
L’afasia, in quanto tale, non porta ad una regressione generalizzata delle capacità cognitive (in passato si era ipotizzato che l’afasia portasse alla comparsa di un atteggiamento ‘concreto’, caratterizzato da una polarizzazione del pensiero all’esperienza presente, a scapito dell’atteggiamento ‘astratto’ per cui le nostre azioni sono determinate da una conoscenza concettuale, piuttosto che legata all’esperienza specifica.
Sono stati pubblicati, in un passato abbastanza recente, numerosi studi che hanno evidenziato come gli afasici cadessero, rispetto a pazienti non cerebrolesi, in prove non verbali che richiedono l’accoppiamento di due figure legate tra loro da una relazione concettuale: ad esempio al paziente viene mostrato la figura di un martello e gli si chiede di accoppiarla, in un compito a scelta multipla ad una figura legata concettualmente: scegliere, ad esempio, la figura di un chiodo fra 4 fra cui una tenaglia, una vite ed una pialla.
Gli afasici cadono in genere a prove di questo tipo, dimostrando così un deficit concettuale, ma senza un riscontro nella vita di tutti i giorni.
Spero di essere stato chiaro, e, se lo ritiene utile, non esiti a scrivermi ancora.
Cordialmente
Franco Denes
3 dicembre 2013
Domanda:
Gent.mo Professor Denes,
mia madre, 87 anni, dal 2011 manifesta un’afasia progressiva che ha ridotto via via il suo linguaggio al’uso di pochissime parole. Alla RM non si sono evidenziati danni e conserva intatta la capacità di comprensione e le autonomie nella vita quotidiana. I neurologi da noi interpellati non hanno prescritto nessuna terapia né dato alcuna speranza di recupero. Non si può fare nulla per alleviare almeno un poco la sofferenza emotiva di mia madre?
Ringraziandola per la sua cortesia porgo i miei saluti.
Risposta:
Gentile signora,
purtroppo non esistono terapie mediche per l’afasia progressiva primaria di tipo ‘logopenico’ di cui soffre la sua mamma. Anche la logoterapia ha poco senso, se non quello di un supporto generico.
La cosa più importante è di aiutare sua mamma a cercare di comunicare con ogni mezzo, dal gesto, al disegno, all’imitazione. Altrettanto importante è non ‘isolare’ la mamma dalla vita di ogni giorno, riducendo la comunicazione verbale e non verbale.
Infine, e questo consiglio può valere alle persone che si avvicinano a sua madre con scarse conoscenze sull’afasia, non pensare che la sua mamma abbia una regressione linguistica e concettuale a livello infantile e quindi le si parli o la si consideri come una bambina.
Molto cordialmente,
Franco Denes
2 dicembre 2013
Domanda:
Salve prof.,
(..) la contatto per un episodio capitato alla mia ragazza di 33 anni che, in seguito ad un forte mal di testa comparso all’improvviso non è riuscita ad articolare le parole per circa un minuto, non potendo quindi parlare. Poi tutto e ritornato normale con un leggero mal di testa; da precisare che tutto è avvenuto in un periodo per lei di forte stress.
La mia domanda e se a suo giudizio c’è da preoccuparsi per la presenza di un danno cerebrale o se è solo un problema passeggero dato dallo stress.
La ringrazio e aspetto sue notizie perché sono molto preoccupato.
Risposta:
Gentile signore,
la sintomatologia che mi descrive potrebbe inquadrarsi in una crisi emicranica, ma mi fornisce informazioni troppo succinte per poterle dare una risposta più attendibile.
Una visita neurologica potrebbe portare ad un chiarimento.
Saluti,
Franco Denes
1 dicembre 2013
Domanda:
Egregio Professore,
mio padre (..) ha subito una gastrectomia sub totale per un tumore per il quale non ha dovuto fare neanche la chemioterapia. Il quarto giorno dopo l’operazione fu colpito da una forte emorragia di circa un litro fuoriuscito dal drenaggio. La cosa fu curata con dei coaugulanti e dopo cinque giorni fu dimesso. Al terzo giorno a casa gli venne una febbre altissima circa 40°C e al ricovero scoprirono un versamento di sangue putrefatto di circa un litro all’interno dell’intestino. Di lì a poco perse, in 15 gg, circa 15 kg tutti di massa muscolare (..), e all’improvviso iniziava a delirare ed avere visioni, il tutto associato ad una perdita di memoria a breve termine molto evidente. Dopo le dimissioni (..) sparivano gradualmente le visioni e i deliri, recuperando a poco a poco la massa muscolare, ma la memoria a breve termine rimaneva gravemente compromessa. Dalle diverse visite effettuate non risultava aver subito ictus, ischemie o essere affetto da Morbo di Parkinson, ma i test neurologici evidenziavano comunque un deterioramento delle funzioni cognitive superiori di grado grave (..). Le volevo chiedere un suo parere in merito e soprattutto se si può fare un ulteriore accertamento per la sua condizione, grazie distinti.
Risposta:
Gentile signore,
l’ipotesi più probabile è che il suo papà abbia sofferto di una cerebropatia anossica conseguente alla grave anemia acuta. Il quadro ricorda una sindrome di Korsakoff, da lesione ischemica sottocorticale (talamica): ne parli con il neurologo di fiducia.
Purtroppo non vedo possibilità terapeutiche.
Cordialmente,
Franco Denes
11 ottobre 2013
Domanda:
Buongiorno professore,
mi mamma a seguito di un ischemia avvenuta il 04/06/2013 ha una afasia mista. Fino ad oggi è stata seguita in ospedale per la logopedia. Ora vogliono sospenderla perché mi dicono che è stabile e la rivedranno tra 2 mesi. Secondo me, mia mamma ha avuto dei miglioramenti nella comprensione e ad oggi capisce tutto ma non riesce a parlare; lei è molto collaborativa anzi, si sforza e collabora per migliorare. Crede che dovrei insistere e cercare un altro centro al quale rivolgermi?
Risposta:
Gentile Signora,
purtroppo, i tagli alla Sanità possono portare ad una riduzione delle prestazioni, specie di tipo riabilitativo.
Non vi è ragione di sospendere la terapia dopo 4 mesi dall’ictus, specie se la persona afasica coopera. E’ proprio quando il miglioramento spontaneo termina (1-2) mesi, che la logoterapia ha maggior effetto. Studi clinici controllati indicano che una logoterapia per essere efficace deve essere prolungata per mesi.
Il miglioramento è di solito più evidente nella comprensione, ma anche il versante espressivo può, in seguito alla terapia, migliorare molto. Spesso è utile che la logoterapia formale, eseguita dalla logopedista, sia affiancata dal lavoro dei familiari, ovviamente opportunamente istruiti.
Infine, per valutare l’efficacia della terapia, sono necessari controlli con test standardizzati.
Cordialmente, Franco Denes
9 ottobre 2013
Domanda:
Gent.mo Prof. Denes,
tre mesi fa mia madre ha avuto un ictus con conseguente emiplegia destra e afasia. Cercando informazioni su tecniche di recupero complementari alla riabilitazione logopedica ho trovato la “terapia dell’intonazione melodica”. Potrei avere il suo parere da esperto rispetto a tale tecnica?
La ringrazio e la saluto cordialmente. G.
Risposta:
Gentile Signora,
la terapia di intonazione melodica, descritta da Albert e Sparks circa 40 anni fa, è indicata per le afasie non fluenti, con buona comprensione uditiva.
Secondo gli autori che l’hanno proposta e i pochi lavori eseguiti in proposito può migliorare l’articolazione e l’iniziativa verbale. E’ basata su un presunto coinvolgimento dell’emisfero destro nella melodia che funzionerebbe da appoggio al parlato.
Ovviamente la terapista deve essere familiare con la tecnica.
Prima di sottoporla alla sua mamma, tuttavia, vedrei come reagisce alla terapia convenzionale.
Cordialmente, Franco Denes
8 ottobre 2013
Domanda:
Gentile Prof. Denes,
Le scrivo per chiedere cortesemente suo parere riguardo mia figlia di 23 anni colpita il primo settembre da emorragia cerebrale causata da rottura di angioma centrale. Attualmente ha difficoltà motoria, ma principalmente mi preoccupa la difficoltà di linguaggio: risponde a domande con voce bassissima quasi impercettibile.
Mi potrebbe consigliare una terapia idonea per il recupero? Nel ringraziarla le invio cordiali saluti.
M
Risposta:
Gentile Signore,
dalla sua descrizione mi pare che sua figlia sia afona (poca voce), piuttosto che afasica (da deficit delle strutture cerebrali deputate al linguaggio). L’afonia potrebbe essere causata sia da una lesione centrale al tronco dell’encefalo, che da una prolungata intubazione (in questo caso reversibile).
Molti auguri
Cordialmente, Franco Denes
30 settembre 2013
Domanda:
Salve,
Le scrivo per chiedere cortesemente un suo parere sul recupero del linguaggio. Mio padre – disfagico e portatore di peg – capisce quando gli si parla e spesso tenta di muovere le labbra, ma senza risultati di parola, solo raramente riesce a dire “ciao”. In una situazione di questo genere è possibile avere anche solo un piccolo recupero?
Risposta:
Gentile Signora,
da quanto mi descrive non riesco a chiarirmi se il disturbo della parola di cui è affetto il suo papà sia di origine afasica o piuttosto esito di un deficit del controllo dei muscoli fonatori dovuto ad una lesione del tronco dell’encefalo: in un caso si ha un deficit del linguaggio, nel secondo un deficit della parola. A seconda del tipo del danno, la riabilitazione segue percorsi diversi.
Molti auguri, Franco Denes
28 settembre 2013
Domanda:
Gentile Prof. Denes,
(..) sono una studentessa di Lingue e le scrivo per farle alcune domande sulla riabilitazione nel caso di pazienti poliglotti che sarà argomento della mia tesi di Laurea. E’ sufficiente rieducare una sola lingua o è necessario trattare tutte le lingue che la persona conosce? E nel caso si decida di riabilitarne solamente una, quali sono i criteri di giudizio che permettono di sceglierne una piuttosto che un’altra? Infine, come dovrebbe comportarsi un logopedista nel caso in cui la lingua madre del paziente sia una cosiddetta lingua non standard (ad esempio un dialetto)? (..)
In attesa di una sua possibile risposta, le porgo cordiali saluti e la ringrazio della cortese attenzione. A.
Risposta:
Gentile signora,
non esistono regole codificate per la riabilitazione di un paziente afasico poliglotta.
Questi sono alcuni dei parametri da tenere in considerazione:
– la competenza nelle varie lingue sia del paziente che del terapista;
– la lingua che il paziente usa con maggiore frequenza e/o che è più usata nel contesto in cui vive;
– la lingua maggiormente conservata in seguito all’ictus e l’eventuale variazione del quadro clinico (in fase acuta può essere maggiormente risparmiata o compromessa una lingua, mentre successivamente il quadro può modificarsi sia qualitativamente che quantitativamente.
Esiste una vasta letteratura sull’afasia nei poliglotti ed in genere sulla neuropsicologia del bilinguismo. Se non lo ha fatto, può iniziare con una ricerca in Pubmed.org ed eventualmente consultare il mio testo ‘Parlare con la Testa’, in cui vi è un capitolo sul bilinguismo e sulla afasia nei poliglotti.
Cordialmente, Franco Denes
27 settembre 2013
Domanda:
Buongiorno,
mia moglie, 45 anni, 6 giorni fa ha avuto un ictus con chiusura totale della carotide sinistra. Ha recuperato fin da subito l’uso corretto della parte destra del corpo. Adesso è afasica sebbene memoria e comprensione siano totalmente recuperate. Ha qualche piccola difficoltà di scrittura ma legge perfettamente. Volevo domandare quando cominciare la riabilitazione logopedica, la neurologa ci ha detto di aspettare circa 20-30 giorni.
Risposta:
Gentile Signore,
innanzitutto molti auguri per sua moglie che, da quanto mi scrive, sta migliorando molto rapidamente. Non vi sono regole precise su quando iniziare la terapia: un criterio è quello di iniziare quando l’attenzione del paziente è tale da seguire la seduta terapeutica e di modulare la lunghezza della seduta secondo le capacità di attenzione e collaborazione della persona afasica. Indipendentemente dalla terapia formale, la persona afasica deve essere tenuta subito a contatto con il linguaggio, così da non tenerla isolata, ‘prigioniera’ dell’afasia,
Cordialmente, Franco Denes
23 settembre 2013
Domanda:
Gent. Professore,
Alla fine di luglio di quest’anno mio fratello ha riportato un grave trauma cranico.
In particolare ha riportato danni frontalmente e nella zona adibita al linguaggio. Abbiamo iniziato la neuro-riabilitazione da quasi due settimane. Al momento non parla, deglutisce poco ed è emiplegico a destra. Sulla base della TAC effettuata, la logopedista che ha iniziato a seguirlo non è molto ottimista sul suo possibile recupero, dato che non risponde ai comandi che gli vengono dati. Sappiamo che queste sono solo poche notizie, ma potrebbe darci un suo parere? Grazie. R.
Risposta:
Gentile Signora,
purtroppo le notizie che mi fornisce sono troppo scarse per poter esprimere un giudizio. L’afasia conseguente a trauma cranico spesso si accompagna, a differenza dell’afasia da ictus, a sintomi da lesione frontale con una sovrapposizione di sintomi. Infine è passato un tempo troppo breve dall’incidente per poter esprimere un giudizio definitivo sulle possibilità di recupero.
Cordialmente, Franco Denes
22 settembre 2013
Domanda:
Gentile prof. Denes,
nel 2008, mia moglie, a 50 anni, cominciò ad evidenziare difficoltà di linguaggio con associato un lieve disturbo di memoria. A suo dire, giorni prima aveva avvertito un fastidio alla testa, come se un velo, oppure uno stato nebbioso, le avesse attraversato il cervello.
La diagnosi del neurologo (..) fu: “disturbo ansioso depressivo”; ci fu consigliato di fare una valutazione neuropsicologica che concluse così: “l’esame evidenzia deficit cognitivi relativi alla concentrazione, alla memoria e ai suoi vari domini, alla flessibilità mentale, con significative alterazioni psico-comportamentali”. (..) Ad oggi, dopo vari altri consulti (..), è stata diagnosticata una “demenza degenerativa primaria ad esordio presenile” con l’aggiunta di “afasia primaria progressiva” fatta da un altro specialista. Il quadro reale, comprende comunque tutto. Io e i miei figli la accudiamo anche se esiste ancora parziale autonomia. Tuttavia, il complesso comportamento e le agitazioni continue rendono complicata la sua gestione (..).
Le chiedo gentilmente, se secondo la sua esperienza rientra tutto nel quadro clinico descritto (..), o se possono esserci dubbi su quanto appurato fino ad ora. (..)
La ringrazio moltissimo per la risposta, F.
Risposta:
Gentile Signore,
da quanto mi descrive, l’ipotesi che sua moglie sia affetta da una afasia progressiva primaria o da un’altra forma di deficit cognitivo di tipo degenerativo mi sembra la più probabile.
In ambedue i casi non esistono terapie che possano far regredire la malattia, ma ci sono molte possibilità, sia di tipo farmacologico per migliorare disturbi del comportamento, che di sostegno psicologico. Per un parere più qualificato è necessario conoscere l’esito sia di una valutazione neuropsicologica sia il referto degli esami neuroradiologici.
Cordialmente, Franco Denes
21 settembre 2013
Domanda:
Professore, mia madre è stata colpita il 25 agosto da una forte emorragia cerebrale che ha interessato la parte sinistra del cervello. Sedata per 9 giorni e poi svegliata, è in coma vegetativo, muove la parte sinistra (braccio e gamba). Fortunatamente respira da sola e non ha altri problemi. Le vengono somministrati degli anti epilettici. La mia prima domanda è se questo è normale. Poi vorrei chiederle se, in base alla sua esperienza, ci siano possibilità che mia madre esca da questo coma vegetativo e che riesca almeno a mangiare e riconoscere i suoi figli! La ringrazio anticipatamente! A.
Risposta:
Gentile signore,
gli esiti di una emorragia cerebrale variano a seconda delle sede e dell’entità del danno provocato dall’emorragia. Sono certo che il trattamento cui sua mamma è stata sottoposta in fase acuta è stato adeguato. Per un giudizio sulla possibilità di un miglioramento è necessario attendere che, sperabilmente, la sua mamma recuperi un normale stato di vigilanza.
Cordialmente, Franco Denes
1 settembre 2013
Domanda:
Gentile Prof. Denes,
Le scrivo per il marito di una mia cara amica, a cui è stata diagnosticata “un’anomia primaria progressiva”. Alterna momenti buoni in cui si fa capire ad altri in cui è difficile seguirlo, per cui anche l’umore ne risente. Ora sta attraversando un periodo difficile con sempre più frequenti sbalzi di umore, la moglie è preoccupata, perché non sa a chi rivolgersi per seguirlo proficuamente. (..) In attesa di un Suo riscontro, cordialmente. L.
Risposta:
Gentile Signora,
Penso che il disturbo di cui soffre il marito della sua amica sia inquadrabile in un’Afasia Progressiva di origine degenerativa. L’anomia (difficoltà a trovare le parole, specie i nomi e i verbi) è in assoluto il deficit più frequente del linguaggio e si riscontra in tutti i tipi di afasia conseguenti a una lesione (vascolare o di altra natura) che interessi le aree del linguaggio. Tutti noi abbiamo spesso una simile difficoltà, specie per i nomi propri, ma è saltuaria e non impedisce un’efficiente comunicazione. Nel caso che mi prospetta, invece, il deficit è presente sempre ed è invalidante. La persona affetta ne è ovviamente consapevole e reagisce sia con sintomi depressivi (forse il neurologo potrà consigliare una terapia adatta), che con disturbi del comportamento. Purtroppo l’afasia lentamente progressiva peggiora nel tempo e al momento non esistono terapie efficaci. Tuttavia un sostegno logopedico può infondere fiducia alla persona affetta che metterà in gioco tutte le sue doti residue.
Non esiti a scrivermi per ulteriori informazioni. Cordialmente, Franco Denes
28 agosto 2013
Domanda:
Salve, due anni fa ho avuto un incidente con la macchina (..) in seguito al quale non ho riscontrato apparentemente problemi. Da tempo però ho notato che ho difficoltà a nominare/identificare oggetti (es: per indicare un oggetto uso parole simili, ma con significato leggermente diverso), ho difficoltà a comporre frasi (..), spesso non mi vengono le parole. Inoltre, confondo parole, paesi, nomi (es vanessa diventa veronica). Ho difficoltà a ricordare le cose e a concentrarmi. Sto cercando di studiare inglese ma mi dimentico le parole che ho appena letto. Oppure leggo dei libri, riviste e faccio difficoltà a capire (..). Il mio linguaggio non è fluido e a volte uso impropriamente vocaboli o dico frasi che non c’entrano niente con il discorso! L’altro giorno con dei miei amici provavamo ad imparare una canzone ma io avevo difficoltà a ripetere e a pronunciare bene le parole.
Secondo lei ho problemi di afasia? Dislessia o altro? Come posso capire il problema ed eventuale curarlo? Ho 28 anni e 3 anni fa mi sono laureata in Ingegneria Chimica, lavoro quindi non credo di avere un vocabolario ristretto che mi impedisca di parlare o scrivere, ma trovo serie difficoltà! (..) Grazie dell’attenzione. S.
Risposta:
Gentile Silvia,
da quanto così efficacemente e correttamente mi scrive posso in tutta tranquillità escludere che lei sia affetta da un deficit del linguaggio. E’ esperienza quotidiana per ciascuno di noi provare una saltuaria difficoltà a evocare un nome, specie quelli propri, con esitazioni, ritardi, uso di parole passe partout (passami il coso!), parafasie fonologiche (sostituzioni di fonemi o del loro ordine all’interno della parola (il classico fischi per fiaschi) o semantiche (sale al posto di pepe).
Nella maggior parte dei casi gli stati di ansia o di stress aumentano sia la presenza di tali lapsus, che, soprattutto, la consapevolezza e la preoccupazione. Altre cause alla base dei lapsus, di tipo psicodinamico, sono state da tempo chiamate in causa da psicanalisti (Freud, Psicopatologia della vita quotidiana).
Gli errori di denominazione sono da tempo oggetto di studio da parte di linguisti, psicolinguisti e neuropsicologi: gli errori quasi mai sono casuali, ma riflettono sia la struttura semantica o fonologica della parola mancata (un nome è sostituito con un altro nome e mai da un articolo, vi è una somiglianza di suono e/o significato) e la loro analisi permette di ipotizzare come sia organizzato il lessico mentale (l’insieme di parole di cui conosciamo il suono e il significato).
In conclusione, nel suo caso non vi è assolutamente motivo di preoccupazione.
Cordialmente, Franco Denes
22 luglio 2013
Domanda:
Circa 8 anni fa sono stato colpito da ictus emorragico. Dopo un lungo periodo di riabilitazione neuromotoria, ho recuperato in parte la gamba sx e cammino con l’ausilio del bastone. Mi sono sottoposto anche ad una operazione di tenotomia al piede sinistro che, causa la spasticità, supinava in evidente ed eccessivo modo tanto da compromettere il mio equilibrio. Ora non porto più il tutore ed il piede non supina più.
Questo è quanto riguarda l’arto inferiore. Nulla di miglioramento per quello superiore. Ho fatto tutto quello che mi è stato possibile fare: tms, progetto mit-manus e vibrazione muscolare. tutto senza nessun risultato! C’è ancora qualche metodologia alla quale sottopormi? in attesa di vostro cortese riscontro vi porgo cordiali saluti. E.
Risposta:
Gentile Signore,
purtroppo quanto mi espone è esperienza comune per tutte le persone che hanno subito un ictus con conseguente danno motorio all’emisoma controlaterale all’emisfero leso; nel suo caso il danno cerebrale all’emisfero destro ha provocato un danno motorio all’emilato corporeo sinistro.
Nel periodo successivo all’ictus, il miglioramento sia spontaneo che guidato da un trattamento riabilitativo, interessa soprattutto l’arto inferiore, i cui movimenti sono meno fini di quelli richiesti per il corretto uso dei muscoli del braccio e soprattutto delle dita della mano.
Nonostante sia passato tanto tempo dall’insorgenza dell’ictus, io le consiglio di continuare con gli esercizi di fisioterapia, che potrà eseguire da solo, secondo le istruzioni del fisioterapista. Lo scopo principale è quello di ridurre la spasticità che rappresenta un altro ostacolo al movimento.
Cordialmente, Franco Denes
18 giugno 2013
Domanda:
Mio cognato lo scorso 11 luglio è stato colpito da ictus ischemico a livello dell’arteria cerebrale media. La parte motoria è intatta mentre è colpito da afasia e aprassia. Ci sono stati lievi miglioramenti (legge qualcosa e dice qualche parola). A giorni verrà dimesso. Volevo chiedervi cosa ci consigliate di fare. (..) E’ consigliato un ricovero? In ospedale dicono che possiamo gestirlo noi portandolo ogni giorno a fare logopedia. Sui tempi non si sono espressi. Siamo molto preoccupati. Grazie, M
Risposta:
Gentile Signore,
capisco le sue preoccupazioni: l’afasia è un evento traumatico, sia per la famiglia che per la persona affetta. Il fatto che, già a pochi giorni di distanza dall’ictus suo cognato mostri dei segni di recupero spontaneo, è un buon segno per il futuro. Non ci sono assolutamente controindicazioni al rientro a casa: sono importanti due cose, la prima, ovviamente, la logoterapia che deve essere iniziata il prima possibile, sia per gli effetti specifici che come incoraggiamento a superare il deficit. La seconda, altrettanto importante è che i familiari sappiano che cos’è l’afasia e come ci si rapporta con una persona afasica, cercando di conciliare i deficit con quello che la persona ha conservato. In altre parole non ci si deve comportare come se il problema non esistesse, ne’ ritenendo che la persona afasica abbia perso tutte le capacità di usare il linguaggio. E’ certamente un compito difficile, ma una corretta informazione sia da parte del logopedista che dai libri esistenti (vedi il sito AITA) possono aiutare. Infine, se c’è una sede A.IT.A. vicina, cerchi di mettersi in contatto.
Non esiti a scrivermi se ha bisogni di altre informazioni.
Cordialmente, Franco Denes
16 giugno 2013
Domanda:
Scusate la domanda, ma sono in enorme difficoltà: la Sindrome Frontale è una caratteristica che si accompagna all’afasia?
Grazie, T
Risposta:
Gentile Signora,
la sindrome frontale è una sindrome complessa, che raramente si accompagna ad un’afasia. L’afasia può invece portare a disturbi del comportamento, quali reazione catastrofica (dichiarazioni implicite od esplicite di consapevolezza che non ci sarà alcuna possibilità do miglioramento e quindi rifiuto sia della terapia, vista come inutile, che di usare le capacità linguistiche e cognitive rimaste). Talora si osservano disturbi del comportamento causati dalla impossibilità di comunicare e una caduta del tono dell’umore fino ad una vera depressione che deve essere diagnosticata e curata.
Se ha bisogno di maggiori informazioni, mi scriva dandomi maggiori chiarimenti sui sintomi.
Cordialmente
Franco Denes
6 giugno 2013
Domanda:
Salve, vorrei sapere se esistono dei protocolli di riabilitazione logopedica, italiani o esteri, per pazienti afasici in fase acuta; e se vi sono delle evidenze riguardo l’efficacia del trattamento in acuzie.
Grazie
Risposta:
Gentile Signora,
la ringrazio per la sua importante domanda che certamente interesserà molti lettori.
Riguardo all’efficacia: le più recenti revisione della letteratura concordano che la logopedia ha un effetto positivo sulla evoluzione del deficit afasico. Le conclusioni sia della consensus conference tenuta a Siena nel 2009 [LINK], che la recente della revisione Cochrane (2012) [LINK] concordano nel sottolineare l’evidenza positiva del trattamento, ma nello stesso tempo indicano che non vi è un metodo unico di terapia, indipendentemente dalla presenza di sintomi diversi. Il metodo dipenderà dagli esiti di una valutazione accurata sia dei deficit che dei risparmi delle funzioni linguistiche. Così, per esempio, se una persona afasica ha come disturbo principale una incapacità di accedere al significato delle parole, si adotterà un metodo differente da quello usato per trattare una persona afasica il cui disturbo consiste nella incapacità a recuperare nella sua memoria lessicale la parola corrispondente al concetto che conosce.
Molti cordiali saluti
Franco Denes
1 giugno 2013
Domanda:
Gentile Prof. Denes,
la scrivo in riferimento a mia mamma che all’età di 49 anni ha avuto un’ emorragia nell’emisfero sinistro temporo-parietale; è stata cinque giorni in coma farmacologico dopodiché si è risvegliata afasica ed emiplegica a destra. Dopo tre mesi di riabilitazione è tornata a casa con un recupero motorio buono e per quanto riguarda la parola era passata da un’afasia fluente ricchissima di neologismi, problemi di comprensione e lievi deficit in entrata ad una comunicazione più comprensibile dove il problema principale è tutt’ora il non riuscire a produrre moltissime parole (…) Io e chi la vive quotidianamente notiamo progressi continui, seppur più lenti del principio, sia nel parlare spontaneo che nella lettura e nella scrittura anch’esse fortemente compromesse. (..) Per quanto riguarda il linguaggio fino a quanto tempo dopo l’evento si possono mettere in preventivo continui miglioramenti? Premettendo che mamma ha una buona mimica, un’ottima capacità di socializzazione e tanta caparbietà (riesce già a “comunicare” abbastanza bene) posso sperare anche in un buon recupero del linguaggio?
La ringrazio anticipatamente per la sua disponibilità.
Risposta:
Gentile Signora,
da quanto mi descrive, la sua mamma ha fatto un notevole progresso (…); l’afasia di cui soffre mi sembra caratterizzata soprattutto da un deficit lessicale, mentre la comprensione e la capacità comunicativa sembrano conservate.
Il deficit lessicale (mancanza di parole) è uno dei sintomi più frequenti nell’afasia e può essere solo di produzione o anche di comprensione (non comprende le parole). Mentre una volta si pensava che il processo di recupero si esaurisse dopo un anno, ora si è molto più ottimisti e si assistono a progressi lenti ma che durano anni. Può essere utile (se sua mamma riesce a leggere) metterle davanti la parola scritta che non è accessibile attraverso il linguaggio parlato ed invitarla a leggerla e poi ripeterla ad alta voce. Sono sicuro che le logopediste del centro cui si è rivolta le sapranno dare i consigli giusti (…).
Molti auguri, franco denes
30 maggio 2013
Domanda:
Buongiorno Professore,
Le scrivo per porle un quesito sui tempi di recupero da paralisi motoria conseguente arresto cardiaco. Ho una carissima amica (41 anni) che, nel momento di “risveglio”, dopo intervento per adenoma ipofisario, ha avuto un arresto cardiaco della durata di 3-4 minuti (…). Ora, dopo 25 giorni, presenta afasia di Broca e paralisi motoria agli arti superiori e inferiori. Comunico con lei attraverso computer e verifico ogni giorno che la capacità di comunicare attraverso lo scritto è rimasta integra (…). Usiamo la scrittura esattamente come si poteva dialogare prime dell’intervento e le sue risposte sono precise e ben articolate. Se non fossi a conoscenza dell’accaduto, non me ne sarei accorto.(…). E’ possibile che dopo 25 giorni con terapie di logopedia e fisioterapia, coadiuvate da sedute con psicologa, non si veda un minimo di miglioramento? E se questi tempi rientrano nella norma, quanto ci vorrà (…) per riscontrare un inizio di recupero? Credo che se lei notasse un minimo di positività, psicologicamente sarebbe un bel balzo in avanti! La ringrazio sentitamente per l’ospitalità e la risposta che attendo con la giusta apprensione
Grazie ancora, buon lavoro
Risposta:
Gentile Signore,
prima di tutto vorrei riassicurarla. la sua amica NON E’ AFASICA: il fatto che abbia mantenuto la capacità di esprimersi attraverso la scrittura, esclude la presenza di afasia. Potrebbe essere un’anartria (difficoltà motoria ad articolare le parole) ma il linguaggio mi sembra intatto. Per esprimere un giudizio più approfondito mi sarebbe utile sapere se è ancora paralizzata ai 4 arti, se riesce a deglutire e a compiere movimenti dei muscoli oro facciali (Tirare fuori la lingua, soffiare, ecc). La sua amica ha avuto un arresto cardiaco durante l’operazione ed una conseguente anossia cerebrale prolungata (in altre parole per qualche minuto il cervello è rimasto privo do ossigeno). Si è quindi provocato un danno cerebrale diffuso, probabilmente sia a livello del tronco encefalico che della corteccia, con risparmio delle zone deputate all’elaborazione del linguaggio. Ovviamente per esprimere una prognosi, è necessario conoscere lo stato neurologico, l’esito degli esami di neuro-immagine (TAC e Risonanza) e degli studi elettrofisiologici (Elettromiogramma, potenziali evocati).
Molti auguri, Franco Denes
22 maggio 2013
Domanda:
Pregiatissimo Professore, sono la figlia di un uomo di 66 anni colpito nel dicembre 2011 da ictus devastante. Il danno è stato tale da determinare un’afasia totale. Dopo un primo ciclo di logopedia ci è stato detto che non vi sono margini di recupero. Alla visita specialistica a cui è stato sottoposto la settimana scorsa è stata ripetuta la medesima diagnosi. (…) Non può esprimersi a parole o a gesti, ma si fa comprendere e partecipa alle conversazioni facendo intendere a smorfie o con la cadenza dei versi che emette la propria opinione. Tant’è che (…) lunedì mattina ha preso il proprio quaderno e si è messo a fare gli esercizi (…) facendo intendere che si sarebbe esercitato da solo. (…)
Vorrei sapere se vi siano centri che, nel Veneto o in Lombardia, forniscano protocolli di terapia innovativa, in grado di fare altro rispetto alla terapia classica (..) perché ci è stato confermato che quello di cui necessita mio padre è una terapia cosiddetta “d’urto”, non tradizionale, eseguita da logopedisti “agguerriti” in grado di affrontare casi così complessi, al fine di recuperare il recuperabile (…). Stante la sua volontà di esercitarsi, la sua disponibilità e grinta in tal senso, vorremmo non lasciare nulla di intentato (…). Ho letto che sono in atto sperimentazioni con cellule staminali, finalizzate a riparare e ricostruire le zone del cervello danneggiate da ictus. Pur trattandosi di sperimentazione, vorrei sapere se vi siano centri nei quali sottoporre mi padre a dette sperimentazioni. (…).
La ringrazio sin da ora per la disponibilità ed il tempo che riterrà di dedicare a questa mia.
Con i migliori saluti
Risposta:
Gentile Signora,
molte grazie della sua lettera che mi permette di rispondere a due quesiti, diversi tra loro, ma di grande importanza ed attualità Cominciamo dal secondo: allo stato attuale la cosiddetta ‘terapia’ con cellule staminali non ha alcun fondamento per la cura delle malattie del sistema nervoso centrale. Le più importanti agenzie di valutazione clinica e sperimentale sconsigliano questo metodo, in quanto non solo non esiste alcuna evidenza della sua azione, che dei possibili effetti collaterali. Quello che è certo è il pericolo di generare false speranze sui malati e le loro famiglie e lo spreco del denaro pubblico nel finanziare tale iniziativa.
Punto due: sono molto contento di sentire dei progressi nel decorso dell’afasia mostrati da suo padre. Fino a non molti anni fa si riteneva che il miglioramento, sia spontaneo che guidato dalla logoterapia, si esaurisse dopo uno-due anni. Attualmente invece si è convinti che ci possa essere un lento, costante progresso anche negli anni successivi, specie della comprensione, ma in alcuni casi, anche della espressione. Il coinvolgimento della persona afasica e della sua famiglia nel processo di riabilitazione è essenziale, ma deve essere guidato: si rivolga alle associazioni A.IT.A. in Lombardia [LINK] e Veneto [LINK] per maggiori informazioni.
Molti auguri,
Franco Denes
3 maggio 2013
Domanda:
Gentile Dottore, Le scrivo in merito a mio padre che, il 24 novembre scorso è stato colpito da un ictus ischemico all’emisfero sx. Persona 58enne super dinamica, sportiva (..), si è risvegliato dal coma con emiparesi dx ed afasia. Il recupero fisico è stato abbastanza veloce, anche se ancora il braccio dx è offeso. Il problema più grosso è proprio quello della sua afasia. Lui capisce bene tutto ma non riesce a dire nulla. Da quattro mesi sta facendo riabilitazione (..) e svolge un’ora di logopedia al giorno ma ad oggi le difficoltà della comunicazione sono ancora enormi. La mia domanda è questa: c’è da sperare ancora che possa tornare a dire qualche parola? A volte qualche parola esce ma lui non se ne rende conto, con l’aiuto della logopedista ha imparato di nuovo a scrivere il proprio nome e quelli di noi familiari, a comunicare i giorni della settimana tramite le dita delle mani. Ho visto che a breve si terrà un congresso nazionale a Riccione. Sarebbe interessante portarlo?….Io e lui? Lui è pienamente cosciente di tutto ciò e in questo periodo è molto demotivato…Non so come fare ad aiutarlo, il recupero c’è stato e c’è….pensi che riesce di nuovo a giocare a carte quando tre mesi fa non riconosceva nemmeno i numeri…inoltre a braccetto con l’afasia abbiamo ancora qualche problema di aprassia….talvolta, se svolge attività semplici che non implicano un ragionamento si comporta in modo bizzarro…Tali azioni, con il tempo si riescono a correggere definitivamente?
Certa di una Sua cortese risposta La ringrazio anticipatamente.
Risposta:
Gentile Signora,
molte grazie della sua bella lettera e naturalmente molti auguri per il suo papà.
Cerco di rispondere alle sue importanti domande: l’afasia di cui soffre suo padre è ancora in fase acuta e quindi sono prevedibili miglioramenti, sia della comprensione che della espressione, anche se la prima è più facile da recuperare che l’espressione. Il processo di recupero di quest’ultima può durare anni e richiede una collaborazione intensa anche dei familiari
Spesso l’afasia si accompagna ad un calo dell’umore, fino ad una depressione franca che ostacola sia la motivazione alla terapia, vista come inutile, che il reintegro sociale. Ne parli con il suo neurologo per valutare la possibilità di un trattamento farmacologico.
Sulla base di quanto mi descrive circa la personalità, forte e volitiva, di suo padre, penso, se lui è ovviamente d’accordo, che la partecipazione al congresso di Riccione sia utile, in quanto può fargli vedere quanto, purtroppo, l’afasia sia frequente e come si possa continuare a vivere nonostante.
Molto cordialmente.
Franco Denes
25 aprile 2013
Domanda:
Salve, vorrei sapere se esiste una riabilitazione neuropsicologica o di altro tipo per questo tipo di patologia degenerativa. Nel caso specifico si tratta di una signora che mostra difficoltà nel recupero lessicale (anomia). Esistono esercizi specifici mirati per tale difficoltà? Se si, di cosa si tratta?
Grazie
Risposta:
Gentile Signora,
come saprà. l’afasia primaria progressiva è la conseguenza di una malattia degenerative che ha una particolare ‘predilezione’ a colpire le parti del cervello dedicate all’elaborazione del linguaggio. Si differenza dalla malattia di Alzheimer, molto più frequente, in quanto le altre funzioni cognitive sono per lungo tempo in gran parte risparmiate.
Se ne conoscono due varietà, una caratterizzata da una afasia non fluente (variante logopenica), con comprensione conservata, mentre è compromessa la produzione del linguaggio con erorri di tipo fonetico, fonologico e semantico (cane per gatto);in una seconda variante, invece, chiamata anche demenza semantica, vi è una perdita di comprensione sia delle parole che dei concetti cui queste parole corrispondono.
Data la relativa rarità della malattia e soprattutto per l suo carattre progressivo, i tentativi di riabilitazione effettuati sono stati finora scarsi.
Dall’esame della letteratura tuttavia sembra che una riabilitazione per i disturbi lessicali (anomie) sia giustificato. La terapia si basa sulla semantica, cercando cioè di fornire al paziente del materiale verbale (parole) o immagini vicine per significato alle parole che non riesce ad evocare, o cercando di fargli completare una frase: ad esempio se non riesce a trovare la parola spaghetti lo si può aiutare dicendogli: ci sono vari tipi di pasta, maccheroni , tagliatelle e… (mostrando una foto di spaghetti).. e lascinado finire al paziente il compito.
Mi rendo conto che le informazioni potrebberto risultare scarse, ma non c’è attualmente di meglio.
Cordialmente
Franco Denes
4 aprile 2013
Domanda:
Sono molto sconcertato dalla lettura di questo articolo (https://www.ehealthme.com/ds/alprazolam/aphasia). Ritengo che la prescrizione di alprazolam (e in generale delle benzodiazepine) a un soggetto afasico sia da valutare con maggiore attenzione. Mia mamma (afasica) prende tranquillanti da troppi anni e mi pare non giovino.
Lei cosa ne pensa?
C.
Risposta:
Gentile Signore,
Ho letto con interesse la sua richiesta di informazioni.L’alprazolam è un farmaco ansiolitico, introdotto nella pratica clinica da almeno venti anni per il trattamento sintomatico, in genere a breve durata, dei disturbi d’ansia, sia associati a una sintomatologia depressiva di varia natura, che a stati d’ansia reattivi a eventi diversi (stress, malattie intercorrenti sia somatiche sia psichiche). E’ un farmaco molto ben tollerato ed efficace, ma come tutte le benzodiazepine, tende a dare assuefazione (difficoltà a interrompere il trattamento). Se usato alle dosi consigliate non dà effetti collaterali. Non riesco a capire la ragione per cui dubiti che l’assunzione di tale farmaco non giovi alla sua mamma (l’impressione non basta!).Non vi è alcuna ricerca seria che dimostri un’associazione fra assunzione di ansiolitici e incidenza di malattie cardiovascolari: è come fare un paragone tra fratture al una gamba e assunzione di antidolorifici; certamente in fase di dolore acuto si assume una quantità maggiore di antidolorifici che in assenza di dolore, ma capirà che cercare un rapporto di causa effetto…..Se la sua mamma ha una sintomatologia ansiosa conseguente all’afasia o per altre ragioni ed il farmaco la aiuta, non vedo perché sospenderlo.Cordialmente, Franco Denes
23 dicembre 2012
Domanda:
Gentile professore, ho 40 anni. Circa 20 giorni fa, ho avuto un’ischemia cerebrale, causata dal restringimento dell’arteria vertebrale destra. I medici tendono a escludere che si tratti di formazione congenita, ma pensano che sia dovuta a un microtrauma scaturito in seguito a tamponamento d’auto avvenuto 6 mesi prima. Le conseguenze sono: assenza di equilibrio, vertigini continue, parte destra del viso leggermente insensibile, braccio mano e gamba destra leggermente indeboliti. Per il resto nessun disturbo. Le chiedo se ci sono possibilità di recupero totale (vista la mia giovane età). E se ci sono, quali sono i tempi? La ringrazio per la Sua disponibilità.
Saluti, S
Risposta:
Gentile Signora,
sulla base di quanto chiaramente espone e considerata la sua giovane età, posso ipotizzare che vi sarà un recupero completo del deficit motorio e dei disturbi dell’equilibrio nei prossimi mesi. Parli con il suo neurologo per considerare l’opportunità di un trattamento fisioterapico.
Molto cordialmente
Franco Denes
30 novembre 2012
Domanda:
Egregio Prof. Denes
sono la mamma di un bambino di 10 anni (..) affetto da leucomalachia periventricolare da sofferenza ipossico-ischemica del pretermine nell’area sinistra del cervello (..). Inoltre all’età di 2 anni viene colpito da una encefalite post vaccinica (..). Da una Tac -Spect fatta negli Usa risulta inoltre una iperperfusione focale nei lobi frontali con un sito particolarmente intenso nel lobo frontale destro (che può essere associato a un focus epilettico) e un iperperfusione nei gangli basali. Nei lobi temporali, nel tronco encefalico, nell’emisfero cerebellare è stata riscontrata una moderata ipoperfusione. Alla luce di tutto ciò vorrei porle alcuni quesiti poiché in questi anni non ho mai ottenuto risposte. Il bambino è disprassico, non riesce a scrivere per cui si usano strumenti compensativi. Ha una capacità di calcolo superiore alla media, scrive grazie all’uso di un alfabeto mobile, nell’analisi di una frase riconosce l’articolo, il nome , il verbo, l’aggettivo, il soggetto, il predicato verbale e nominale ecc. Inoltre ha un’ottima lettura mentale ed un’ottima memoria visiva ed uditiva, riesce a cantare, ma ha veramente molte difficoltà nel produzione del linguaggio spontaneo. Se ad esempio gli chiedo “Che cosa è questo ?” lui mi risponde con un repertorio di parole che ha memorizzato come ad es. “caffè”. Sembra che usi una sorta di linguaggio mnemonico, non funzionale alla comunicazione. Se diamo un prompt verbale riesce a completare la parola. Per certi versi possiamo dire di essere in una sorta di afasia vicina all’afasia di Broca? Distinti saluti. RC
Risposta:
Gentile Signora,
i dati che mi presenta così accuratamente non mi permettono di arrivare ad una diagnosi certa, fra Afasia e Aprassia Verbale (in Inglese Speech Apraxia). Forse l’esame della produzione scritta potrebbe aiutare: se compaiono disturbi della grammatica con omissione di parole a ‘classe chiusa’ (pronomi, articoli) e morfologici (errori nella desinenza di parole), propenderei verso un’afasia. In ogni caso, nella patologia evolutiva, non ha gran senso arrivare a una diagnosi sindromica (Afasia di Broca, Wernicke, ecc.), per almeno due ragioni: la prima è che nella patologia infantile i disturbi di produzione sono sempre superiori ai disturbi di comprensione, indipendentemente dalla sede, anteriore o posteriore all’interno dell’emisfero sinistro; la seconda è che la riabilitazione deve essere centrata sull’analisi linguistica dei sintomi, piuttosto che su un’etichetta (nome del disturbo.) Molto cordialmente, Franco Denes
22 novembre 2012
Domanda:
Mi chiamo (..) e vivo a Vicenza. Nel 2004 ho avuto un’ischemia cerebrale nel lobo sinistro. Il primo effetto è stato la perdita quasi completa della memoria e forti disturbi di linguaggio. Non mi ricordavo più come scrivere sul computer e parlavo in modo molto confuso. Dopo, facendo un periodo di logopedia, mi sono ripreso abbastanza bene. Purtroppo nel 2006 ho avuto un’altra ischemia, questa volta al lobo sinistro. Ho avuto di nuovo problemi di afasia. Per fortuna la lesione in entrambi i casi sono stati di piccole entità, ma le lesioni ci sono comunque. Come effetto dalla seconda lesione, ho cominciato ad avere delle crisi epilettiche. Attualmente sono seguito presso il Centro (..) e da 3 anni non ho più crisi (..). Da poco tempo ho deciso di entrare a far parte dell’Associazione italiana afasici. Dal punto di vista fisico non ho avuto mai problemi. Gli unici problemi sono dovuti alle ischemie: a volte non mi ricordo le cose, quando scrivo le parole che non uso di solito le scrivo in modo confuso (PER ES.”SORGENTE”, mi esce”sogretne”), ma la difficoltà più grossa è quella di ricorda i numeri. Quando parlo con una persona e magari mi dà il suo numero telefonico, devo chiedere alla stessa persona di spiegare il numero in modo lentamente. Per non parlare della difficoltà quando mi chiamano quelli che non conosco e mi danno il numero telefonico. Io ero abituato a parlare e scrivere in modo veloce e invece adesso mi devo “rilassare”sennò non riesco ad avere il contatto. Dopo un po’ non mi ricordo più la il numero e il nome della persona… Cosa posso fare per riprendere un dialogo più umano visto che crea ancora disturbi? Ringrazio e porgo saluti
Risposta:
Gentile signore,
la ringrazio della chiarezza con cui espone i suoi problemi.
Per quanto riguarda il primo punto (errori di ortografia, e più specificatamente difficoltà a collocare le lettere nel giusto ordine) la causa dei suoi errori è dovuta a un difetto di memoria a breve termine per cui non riesce a mantenere in un magazzino di memoria ortografica (i neuropsicologi la chiamano buffer ortografico) la rappresentazione astratta della parola scritta per il tempo sufficiente a scriverla. E’ un disturbo in sostanza poco importante e molto spesso è compiuto anche da persone senza danno cerebrale. L’unico consiglio che posso darle (e che anch’io applico quando scrivo, specie al computer!) è di rileggere la sua produzione e di correggere gli errori.
La difficoltà a ricordare i numeri del telefono è dovuta a un deficit di memoria verbale a breve termine, un disturbo molto frequente nell’afasia. La memoria a breve termine è uno speciale tipo di memoria caratterizzata da una capacità limitata, dalla fedeltà del ricordo e da una cancellazione della traccia mnesica se non si continua a ripeterla. Un compito tipico di memoria a breve termine è di ricordare e comporre i numeri del telefono dopo averli visti nell’elenco telefonico o dopo che una persona ce li ha detti. E’ per questa ragione che la lunghezza dei numeri telefonici non superano le 6 cifre e tutti noi usiamo agende per ricordare i numeri che usiamo poco frequentemente. I numeri noti sono invece immagazzinati nella memoria a lungo termine e quindi è più facile ricordarli e comporli senza errori.
Cordialmente, Franco Denes
22 novembre 2012
Domanda:
Gentile professore, ho 54 anni e nel maggio2010 (a 52anni) ho avuto un ictus ischemico (per un embolo partito dal cuore) con conseguente emiparesi sx. Da due anni seguo terapie riabilitative in centri specializzati, ma devo aimè dire che mentre per la gamba ho avuto pochi miglioramenti(deambulo ma non muovo le articolazioni, ginocchio e caviglia) al braccio e alla mano non ho avuto risultati. Ho sentito parlare(anzi mi è stato suggerito dai fisioterapisti) del trapianto di cellule staminali e volevo chiedere se allo stato attuale si hanno notizie positive su queste terapie e se sarebbe possibile farlo in -Italia, vivo a Palermo. Sperando di essere stato abbastanza chiaro e ringraziandola per l’attenzione prestata, resto in attesa di una sua risposta e distintamente la saluto. GS
Risposta:
Gentile Signor S,
mi spiace deluderla, ma non esiste alcuna prova che il trapianto di cellule staminali abbia un effetto benefico sui deficit motori o cognitivi conseguenti ad ictus. So che girano voci a proposito, ma in genere sono truffe (in genere molto costose) per ingannare le speranze dei pazienti e con effetti collaterali anche gravi. Per quanto riguarda specificatamente la sua emiparesi, il miglioramento che lei ha notato riguarda quei movimenti che richiedono un controllo neuro-motorio più grossolano e con minore interessamento neuronale di quello richiesto per i movimenti fini delle estremità distali degli arti (mani e piedi). Cordialmente, Franco Denes
17 novembre 2012
Domanda:
Buongiorno Professore,
volevo chiederle a che punto sono le ricerche sul possibile uso di blu metilene per la cura dell’afasia primaria progressiva.
Ho un fratello a cui e’ stata diagnosticata e volevo sapere se e’ possibile includerlo in un gruppo sperimentale.
Segnalo che lui ha anche una doppia mutazione eterozigote MTHFR nelle varianti C677T e A1298.
Sono disperata lo vedo esprimersi sempre peggio.
grazie in anticipo
Risposta:
Gentile signora,
allo stato attuale non vi è nessuna indicazione che il trattamento con il blu di metilene (un vecchio farmaco usato per curare le infezioni urinarie) abbia un qualunque effetto sul decorso della afasia primaria progressiva. La terapia era stata proposta nella speranza che avesse un effetto positivo nelle malattie degenerative cerebrali impedendo o ritardando la degenerazione neuro-fibrillare. Purtroppo non si conoscono risultati positivi ed il trattamento non è autorizzato.
Mi spiace
Grazie della fiducia.
Franco Denes
1 novembre 2012
Domanda:
Buongiorno Professore,
Le sottopongo un quesito, pur rendendomi conto che è ancora in corso la fase acuta. Cinque giorni fa una delle mie più care amiche (..) di 39 anni ha avuto una emorragia cerebrale conseguente alla rottura di un aneurisma; la zona più colpita è il lobo temporale sinistro ed il sintomo di esordio è stato l’afasia; è stata operata tempestivamente (..) e quando è stata sedata era afasica ma cosciente e con solo lieve ipostenia all’arto superiore destro. Al momento è sotto sedazione profonda in attesa del momento migliore per tentare un risveglio. I parametri clinici sono stabili e non sembrano esserci segni neurovegetativi (compatibilmente con la possibilità di valutare il quadro). Non sappiamo naturalmente quale potrà essere il decorso; la mia preoccupazione è cosa possa essere fatto da parte nostra, amici e familiari, per aiutare il più possibile un risveglio non traumatico (se questo sarà possibile) considerando che potrebbe essere compromessa la comprensione del linguaggio. Naturalmente è troppo presto per spingersi più in là..
Grazie per l’attenzione, FB
Risposta:
Gentile signora,
la risposta le arriverà un po’ in ritardo, in quanto ero fuori sede, ma spero tuttavia possa esserle utile, o, meglio ancora, superflua, se la sua amica non dovesse presentare deficit al risveglio.
Ovviamente non posso darle una risposta puntuale, dato che al momento in cui mi ha scritto non era possibile conoscere la presenza di eventuali segni afasici. Se questi dovessero essere purtroppo presenti, la cosa migliore è di cercare di mantenere un contatto sia verbale che non verbale (gesto, mimica), usando il contesto per capire le necessità e i bisogni della persona colpita e cercando di non correggere eventuali errori (nessun approccio logopedico in un periodo così acuto!). Non cerchi neanche di usare lettura e scrittura, in quanto in genere sono più colpite del linguaggio parlato. Mi sappia dire se ha bisogno di ulteriori informazioni
Cordialmente, Franco Denes
20 ottobre 2012
Domanda:
Un mio famigliare a seguito di ictus cerebri ad aprile 2011 ha un’invalidità per afasia: dopo un periodo di riabilitazione (..) è tornato alla sua abitazione, dove vive da solo nel più profondo isolamento: continuano con cadenza quindicinale gli incontri logopedici, ma le difficoltà verbali sono davvero immense e la paura di essere giudicato dagli altri per questo suo problema lo porta all’isolamento più pericoloso. Che si può fare in concreto per aiutarlo? Possibile che questa terribile invalidità sia ignorata? lasciata a se stessa? Spero in un Vostro consiglio efficace e un aiuto pratico. Grazie
Risposta:
Gentile Signore,
purtroppo la situazione che mi espone è frequente ed esprime in maniera chiara le difficoltà che incontra nella vita di ogni giorno una persona afasica.
Nel periodo post acuto insorge spesso una depressione ed il neurologo che segue il suo parente potrà considerare la possibilità di instaurare una terapia antidepressiva.
Ma è essenziale che voi familiari facciate opera di convincimento con gli amici di cercare di coinvolgerlo in attività sociali, dal fare una passeggiata, ad andare al bar o al cinema, a partecipare ad attività di gruppo o semplicemente stare accanto ad un amico, allo scopo di migliorare la qualità della vita, così compromessa dalla perdita del linguaggio
Cordialmente, Franco Denes
18 ottobre 2012
Domanda:
Egregio Professore,
all’inizio di febbraio di quest’anno in piena salute a 43 anni sono stata colpita da una grave ischemia cerebrale maggiore che ha colpito l’emisfero destro del cervello (..). Oggi, dopo 6 mesi di riabilitazione e fisioterapica e neuro cognitiva, ho recuperato l’uso della gamba sinistra, muovendomi ora con l’aiuto di un bastone, ma non vedo tanti segnali dal braccio e della mano sinistra (..). Due giorni fa, praticamente a 8 mesi dall’evento ho avuto la prima crisi epilettica, che mi ha fatto spaventare non poco. Al pronto soccorso mi hanno aggiunto in terapia dei farmaci antiepilettici. Le chiedo gentilmente se queste crisi possono diventare ricorrenti, e quante e soprattutto in quanto tempo sono le possibilità che il mio braccio sinistro recuperi come la gamba.
Grazie infinite, ML
Risposta:
Gentile Signore,
innanzitutto molte grazie della fiducia. L’insorgenza di crisi epilettiche è abbastanza frequente dopo un ictus, ma di solito la terapia antiepilettica può, in moltissimi casi, bloccare l’insorgenza di altre crisi. La consiglio però di essere seguita da un neurologo per monitorare il dosaggio dei farmaci.
Per quanto riguarda il recupero motorio, la motilità all’arto superiore, specie della mano, recupera meno di quella dell’arto inferiore, i cui movimenti sono meno ‘fini’. La consiglio anche in questo caso di continuare con la fisioterapia, magari autonomamente, ma con la supervisione di un fisioterapista che può controllarla periodicamente.
Cordialmente, Franco Denes
15 ottobre 2012
Domanda:
Buongiorno,
vorrei sapere se a seguito di una anestesia totale, effettuata all’età di quaranta gg., sia possibile sviluppare sintomi di afasia tra il 18 mesi ed i 4 anni. Se fosse positiva la sua risposta, quali indagini di laboratorio, test o quant’altro si possono effettuare per diagnosticare eventuale patologia?
Grazie.
Risposta:
Gentile Signore,
Sulla base delle informazioni che mi invia non mi è possibile rispondere al suo quesito. Non conosco infatti se il risveglio dall’anestesia sia stato normale o se i medici che hanno seguito il bambino abbiano notato segni o sintomi di eventuale danno cerebrale o in seguito, nel periodo successivo, siano insorti sintomi, p.e. crisi epilettiche, che possano aver fatto sospettare un danno cerebrale
Se il piccolo dovesse presentare un disturbo dello sviluppo del linguaggio è necessario che sia visto da uno specialista in neuropsichiatria infantile, così da stabilire una diagnosi e programmare un trattamento.
Qualora volesse far vedere il piccolo in un centro di eccellenza, me lo faccia sapere così le fornirò ulteriori informazioni.
Cordialmente, Franco Denes
10 ottobre 2012
Domanda:
Buongiorno Dottore, mi permetto di chiederLe un parere.
Mia madre è stata colpita da un ictus 4 anni fa. Oggi ha 57 anni. Da allora è emiplegica sul lato destro del corpo ed afasica. Fortunatamente dopo 2 anni siamo riusciti a convincerla a partecipare agli incontri dell’AITA e da allora il suo umore ed il suo eloquio migliorano molto, in modo costante.
Da qualche tempo però ci siamo accorti che ha piccoli “vuoti” di memoria, su cose poco significative. Le spiego: ricorda bene gli eventi della famiglia, gli impegni (dalle sedute logopediche di gruppo, ai medicinali), al contrario “rimuove” informazioni come l’aver fatto un determinato acquisto qualche mese fa, l’aver riposto un oggetto in un dato posto.
E’ indice di un possibile peggioramento delle sue condizioni e necessita di visite specialistiche mirate, o può trattarsi di mera selezione delle informazioni utili con rimozione di quelle meno?
La ringrazio per qualunque indicazione saprà fornirmi.
Risposta:
Gentile signora,
Sono molto contento di sentire che la sua mamma non solo si trova bene frequentando l’Aita, ma ne continua a trarre giovamento sia sul piano dell’umore sia del linguaggio.
Non mi preoccuperei molto delle piccole dimenticanze, visto che le cose importanti le ricorda!
In fondo è un fenomeno molto comune, con la differenza che se si è giovani e sani non ce ne se preoccupa. Ovviamente se il deficit si estendesse e avesse effetti significativi nella vita quotidiani, può, se lo ritiene opportuno, ricontattarmi.
Cordialmente, Franco Denes
2 ottobre 2012
Domanda:
Salve dottore, ho scoperto da poco questo nuovo mondo dell’afasia e mi spaventa tantissimo…20gg mio nipote di 24 anni sano e forte sempre molto attivo nel lavoro e nel sociale (..) di rientro da lavoro la sera ha accusato un malore:ha iniziato ad avere movimenti rallentati, a non vedere più bene a non parlare, è tuttavia riuscito a salire da solo sull’ambulanza che lo ha soccorso ma nella corsa verso l’ospedale è entrato in coma. Nella notte (..) è stato operato per estesa emorragia probabilmente spontanea nel lobo sinistro nella zona del linguaggio e motoria…è rimasto in coma farmacologico per 5giorni (..). Oggi, dopo quasi 15 gg dal risveglio, ha ancora pupille dilatate ma reattive alla luce, ipotermia 34,5 (..) e afasia, mentre ha ripreso l’uso di braccio e gamba destra prima immobili ora solo più lenti…l’afasia è chiaramente la cosa che ci spaventa di più:non ricorda i nomi propri e talvolta nemmeno i volti di alcuni suoi amici, pronuncia solo brevi frasi tipo:ciao come va?tu che fai?speriamo bene ecc ma se tenta di articolare un discorso non riesce; non sa scrivere con la penna ma compone brevi sms con il cellulare;legge a fatica; è taciturno e sonnolento; credo che capisca gran parte di quello che sente. Avrei bisogno di sapere come si spiegano l’ipotermia e le pupille dilatate, se faccio bene a spingerlo a scrivere almeno un sms al giorno, se ci sono altri esercizi che posso fargli fare in attesa di ricovero in struttura riabilitativa,che margine di recupero possiamo aspettarci vista la giovane età…
non so se è importante comunque mio nipote è mancino…
La ringrazio tantissimo dell’aiuto che vorrà darmi e mi scuso se mi sono dilungata troppo.
Grazie 1000 per il sua disponibilità.
Risposta:
Gentile Signora,
Capisco benissimo la sua preoccupazione per un deficit così grave, ma, visto che sono passati solo venti giorni dall’emorragia cerebrale, è assolutamente prematuro fare delle previsioni sulla presenza di deficit cognitivo ed in particolare afasico, cronici. Mi pare che suo nipote sia in fase post acuta, dove i disturbi di attenzione sono i più importanti e non permettono una diagnosi precisa dell’eventuale disturbo afasico.
Fa benissimo a stimolare le sue capacità di attenzione e linguistiche, anche perché un trattamento logopedico formale si fa quando vi è un grado di attenzione e collaborazione adeguato.
Per i sintomi vegetativi (pupille dilatate, ipotermia), ne parli con i medici che lo hanno in cura, ma sono certo che sono sintomi passeggeri e di scarsa importanza.
Mi contatti, se crede, fra uno -due mesi per una ulteriore valutazione
Cordialmente, Franco Denes
12 settembre 2012
Domanda:
Buongiorno, vorrei sapere alcune cose sull’afasia primaria progressiva che ha colpito mio cognato, architetto affermato. Circa quattro anni fa (..) mio cognato ha cominciato a parlare in maniera sconnessa e con un vocabolario molto limitato. Poi, lentamente, ha perso la gran parte della parola e oggi ne ripete solo una: il nome del figlio. E’ peggiorato progressivamente (..) sia per il corso naturale della malattia, sia per alcuni eventi traumatici che nel frattempo non l’hanno aiutato: il precoce pensionamento dal lavoro e il successivo ritiro della patente (..) in seguito a segnalazione del medico dell’Asl alla competente commissione perché riteneva il soggetto, anche se abile nella guida, non idoneo perché non poteva comunicare verbalmente e non poteva ricevere comunicazione dall’esterno. Ora il soggetto odia lavarsi con l’acqua e passa parte della giornata seduto in autobus. Per noi familiari, anche se ce la mettiamo tutta, la situazione è di difficile gestione. Ci troviamo ad affrontare il problema da soli senza l’ausilio di nessuno. Solo pagando, e non poco, si ottiene qualche informazione ma è troppo poco. Ma è mai possibile che una persona colpita da questa malattia è lasciata dalle strutture ospedaliere alla mercè dei propri familiari? Esiste secondo lei la possibilità di avere qualche farmaco per fermare la progressione della malattia o la possibilità di sottoporre il soggetto ad un intervento con le cellule staminali?

In attesa di riposta porgo distinti saluti.

Risposta:
Gentile Signore,
L’afasia progressiva primaria, di cui si conoscono almeno 2 varianti. la prima caratterizzata da un impoverimento del linguaggio parlato fino alla totale scomparsa della facoltà di articolare le parole, con comprensione relativamente conservata; la seconda variante, chiamata anche afasia semantica si caratterizza con una perdita della conoscenza del significato delle parole, della capacità di recuperarle (anomia), con produzione di parafasie (errori lessicali) e più in generale della capacità di riconoscere oggetti o persone; spesso si accompagna a disturbi del comportamento o francamente psichiatrici. La malattia è di tipo degenerativo, per cui alcune strutture cerebrali, che rappresentano la base fisica del linguaggio e della conoscenza del mondo (i lobi frantali e temporali) vanno progressivamente incontro ad un processo di atrofia. Caratteristica dell’afasia progressiva primaria è, ameno al’inizio, la specificità della perdita del linguiaggio, con la memoria, a differenza della malattia di Alzheimer, meno compromessa. Può essere confusa, specie all’esordio, con la malattia di Jacob Creuzfeld (la mucca pazza!), ma quest’ultima ha un decorso più rapido o con alcune forme psichiatriche. Come le dicevo, però, caratteristica è, e ben evidente allla TAC, l’atrofia fronto- temporale.Purtroppo non esistono terapie, e tanto meno le cellule staminali, che possano influenzare il decorso della malattia. Le consiglio di far seguire suo cognato da un neurologo esperto in neuropsicologia clinica, anche per la possibiltà di poter somministrare farmaci che possano agire sui disturbi del comportamento.Non esiti a contattarmi per ulteriori informazioni.Cordialmente, Franco Denes
7 settembre 2012
Domanda:
Buongiorno. Mi rendo conto che è difficile fare diagnosi via mali. Ho 35 anni e da circa due settimane, associato ad uno stato fortemente ansioso, mi ritrovo ad avere lievi difficoltà di linguaggio che consistono in una serie di errori nell’ uso delle parole. Non ho diminuzione della fluenza, né della ricerca della parola, quanto piuttosto mi rendo conto di usare parole sbagliate (es., porta per finestra, sportello invece di cassetto, versi invece di gesti, tardi invece di presto, prendi la matita invece di maglietta e così via…). Il tutto è associato ad un mal di testa che è comunque sopportabile. E’ il caso che proceda con la risonanza? Il medico di famiglia mi ha prescritto ansiolitici per poi passare ad antidepressivi.
Risposta:
Nel suo caso penso che quanto mi descrive sia conseguente ad uno stato d’ansia . Ogni persona commette parecchi errori, sia lessicali che di altro tipo, nel parlare quotidiano, ma, nella grandissima maggioranza dei casi non ci se ne accorge o non si da’ importanza.. Tali errori rappresentano infatti una lieve caduta dell’attenzione e non rivestono alcuna importanza clinica. Uno stato di tensione aumenta sia il numero di errori, che la loro consapevolezza. Se la sua sintomatologia si limita a questo, ritengo inutile una risonanza e le consiglio, se lo stato d’ansia persiste, un approccio psicoterapeutico.
Cordialmente
Franco Denes
2 settembre 2012
Domanda:
Buongiorno (..), mia sorella M. ha avuto un ictus a settembre di 3 anni fa con conseguente paralisi gamba/braccio destri e lingua. Ovvero: dall’elettriomiografia risulta esserci un interessamento dei nervi cranici. M. ha voce e pensiero ma non riesce ad esprimersi poiché il mezzo é inerte. Mangia aiutandosi con l’abbassa-lingua e sta riattivando bene gamba e braccio. Sono alla ricerca continua di aiuti e consigli, contatterò l’Aita di Vicenza. La mia domanda è semplicemente una richiesta di indirizzi utili per questo raro caso post ictus e un suo parere sul recupero possibile dell’uso della parola di mia sorella-ora 40enne-.
Cordialmente, La ringrazio. Distinti Saluti, A.
Risposta:
Gentile A.,
da quanto mi descrive, mi pare che sua sorella non sia affetta da afasia, ma da disartria, cioè un disturbo della parola più che del linguaggio. Cercando di spiegarmi con più chiarezza, sua sorella non riesce ad articolare parole e frasi che conosce ed è come se la tappa finale della realizzazione del linguaggio fosse bloccata. Sono certo che la logopedista dell’AITA di Vicenza potrà darle tutte le informazioni riguardo alle possibilità terapeutiche.
Molti auguri, Franco Denes
27 agosto 2012
Domanda:
Salve (..), scrivo dalla Sicilia, mio padre è affetto da AFASIA PRIMARIA PROGRESSIVA (VARIANTE SEMATICA), ultimamente perde sempre più l’uso del cervello, purtroppo oramai è fuori controllo. Vorrei chiedere qualche chiarimento in merito alla malattia, che decorso ha e se può portare alla morte in breve tempo visto il peggiorare di mio padre. Spero in una risposta .
Cordiali saluti, S
Risposta:
Gentile S,
l’afasia progressiva primaria è una malattia cerebrale di origine sconosciuta che porta a un’atrofia delle parti dell’emisfero sinistro che controllano l’uso del linguaggio. All’inizio la malattia si presenta con un deficit nella ricerca e comprensione di parole, ma poi purtroppo il quadro peggiora, con comparsa di sintomi di decadimento cognitivo generalizzato e disturbi del comportamento, fino ad arrivare a una perdita completa dell’autonomia.
Il decorso può durare molti anni e al momento non esistono terapie che possano bloccare o rallentare il corso dalla malattia.
Mi spiace molto per suo padre e per tutti voi che gli volete bene.
Franco Denes
18 agosto 2012
Domanda:
Salve Professore,
(..) ho 52 anni e all’età di 23, durante l’ultimo mese di gravidanza, ebbi due episodi di afasia motoria durate circa 5-10 minuti . Andai da un neurochirurgo che mi disse che quell’episodio era legato allo stato in cui mi trovavo. Feci anche una risonanza magnetica, che non evidenziò nessun danno. Sta di fatto che da allora, ogni paio d’anni ho avuto delle emicranie con aura, accompagnate talvolta a delle “afasie” della durata di pochi secondi. Dopo la comparsa dei primi due episodi, non ho avuto problemi nell’articolare il linguaggio, ma per qualche mese ho avuto difficoltà a comprendere un testo che implicava un ragionamento logico. Ora, a distanza di anni, questa difficoltà si sta manifestando nuovamente, e questo per me è un grosso handicap, in quanto essendo un’ insegnante elementare ho dovuto rinunciare ad insegnare la matematica (..). Ho paura che la situazione stia divenendo degenerativa, allora mi chiedo, c’è qualcosa che posso fare, sia come esami diagnostici e come cura? La ringrazio per l’attenzione, A.
Risposta:
Gentile Signora,
il quadro che lei descrive sembra essere quello di una ‘emicrania accompagnata, in cui il sintomo afasico rappresenta l’aura o il prodromo dell’emicrania che talvolta è assente. Se lei ha fatto una Risonanza Magnetica, che è risultata nella norma, si può escludere che alla base ci sia una lesione cerebrale ‘organica’.
Le consiglio di rivolgersi ad un neurologo di sua fiducia perché le consigli una terapia che possa stroncare l’attacco emicranico ed eventualmente una Angio-Tac.
Molti auguri, Franco Denes
23 luglio 2012
Domanda:
Buongiorno,
(..) ho adottato un bimbo cinese di 6 anni il 31 ottobre 2011 che è nato affetto da labiopalatoschisi bilaterale, operato 2 volte in Cina (a 4 mesi e a 4 anni), in attesa di futuro intervento per chiudere la piccola schisi che ancora ha. Sappiamo che non parlava nemmeno la sua lingua (..) tranne che ripetere forzatamente solo qualche semplice parolina. A noi si è presentato quasi “muto”, per poi via via iniziare ad esprimersi con urletti di gioia…e qualche semplice parolina che si inventa lui stesso, un pò a imitazione delle nostre, come fanno i bimbi piccoli quando iniziano a parlare, ma con scarsissimo successo. L’unica parola che ripete perfettamente è MAMMA. Sappiamo che il suo problema congenito non è causa della mancanza della sua comunicazione verbale, perchè altri bimbi come lui (sia adottati, sia stranieri, sia affetti da labiopalatoschisi) parlano, anche se in modo un pò difettoso. Preciso che progressivamente il mio bimbo comprende sempre di più la nostra lingua e ciò che gli comunichiamo. Per ora abbiamo fatto due cicli di audiopsicofonologia, in un centro privato che segue il metodo Tomatis. Mai fatto logopedia.
Ora vorrei chiederVi: si può parlare di “afasia” anche in questo caso? I traumi che causano l’afasia possono essere anche di tipo psicologico (come pensiamo noi, visto che non abbiamo tracce di nessun trauma fisico subito quando non era ancora con noi) o solo e comunque fisico, come incidenti, ictus…? Voi avete comunque terapie specifiche da consigliarmi?
Resto in attesa di una Vostra cortese risposta, ringraziandoVi anticipatamente!
Distinti saluti, S
Risposta:
Gentile Signora,
il termine ‘afasia’ si riferisce generalmente ad un disturbo del linguaggio conseguente ad una lesione cerebrale, in genere dell’emisfero sinistro, che si verifica in persone che prima della lesione avevano già sviluppato il linguaggio.
Nel caso del suo bambino, quindi, parlerei di ritardo dello sviluppo, o di Disturbo Specifico dello Sviluppo del Linguaggio o di deficit di sviluppo associato ad un deficit cognitivo più esteso.
In ogni caso, sulla base delle informazioni che mi dà, è impossibile formulare una diagnosi e tanto meno una terapia. Se non lo ha già fatto, le consiglio una visita presso una struttura altamente specialistica, per esempio a Roma, all’Ospedale Bambin Gesù, a Pisa, Istituto Stella Maris, a Milano, Istituto Besta. Questi sono i Centri di riferimento che io conosco, ma ne parli anche con la logopedista che segue il suo bambino.
Molti auguri, cordialmente
Franco Denes
22 luglio 2012
Domanda:
Gentile Prof. Denes,
Le scrivo per chiederLe un consiglio in relazione alle gestione del recente truma cranico che ha colpito mio zio. In vacanza negli Stati Uniti, mio zio, sacerdote di 71 anni ancora molto attivo e partecipe nella vita pubblica, ha subito un trauma cranico grave. I dati che Le posso riportare non sono molto accurati in quanto egli è ancora ricoverato in terapia intensiva negli stati uniti, e ricevo informazioni facendomi inviare le TC cranio (sono un medico radiologo), integrando con i dati clinici che i miei parenti lì residenti mi comunicano.
In seguito alla caduta ha sviluppato un voluminoso ematoma intraparenchimale in sede temporale sn con esteso edema perilesione, che è attualmente trattato con terapia medica conservativa, essendo nel complesso la sua situazione rimasta sostanzialmente stabile. Il quadro è caratterizzato da un’afasia (credo principalmente motoria da quello che sono riuscita a carpire) in assenza di deficit motori, se non una ipostenia dell’emisoma dx. In questi ultimi giorni si sono verificati degli episodi di maggiore sopore e minor collaborazione che penso siano ancora riconducibili ad un quadro “normale” per la situazione attuale (..). Attualmente ci stiamo mobilitando per cercare un centro di riabilitazione valido (..) per quando gli sarà possibile effettuare il rientro in Italia.
Vorrei chiederLe se ha dei centri di riabilitazione verso cui indirizzarmi per poter eseguire le riabiltazione. La mia famiglia e mio zio vivono vicino Vallo della Lucania, nel Cilento, dove purtroppo l’assistenza sanitaria territoriale in generale non è molto rassicurante (..) io risiedo e lavoro a Parma se ci fossero qui dei centri specializzati.
La ringrazio anticipatamente per la collaborazione e per il servizio che offre ai pazienti e alle famiglie che, come immagino Lei sappia bene, si trovano davvero in grave difficoltà nel gestire, soprattutto emotivamente, tali situazioni.
Mi rendo conto che con questi scarsi dati sia difficile definire una prognosi, ma vorrei chiederle qual’è il decorso di questo genere di lesioni e che margine di miglioramento possiamo attendere.
La ringrazio ancora per il tempo dedicatomi, L.
Risposta:
Gentile dottoressa,
prima di tutto molti auguri per suo zio che spero prosegua bene nel decorso della malattia e grazie delle precise informazioni. Per quanto riguarda specificatamente le informazioni richieste, purtroppo ancora una volta si conferma che l’Italia è divisa in due, con la maggior parte delle risorse, anche riabilitative, situate nel centro nord. A Roma esiste un ottimo centro convenzionato, la Clinica Santa Lucia, di cui avrà certamente sentito parlare; visto cha lavora a Parma, le consiglio di rivolgersi alla sede della Fondazione Don Gnocchi.
Ma prima di prendere una decisione io starei a vedere come le condizioni evolvono: spesso le lesioni traumatiche hanno un decorso molto favorevole e può succedere che non sia necessaria una riabilitazione.
Non esiti, se lo ritiene opportuno, a tenermi informato per ulteriori chiarimenti.
Cordialmente,
Franco Denes
26 giugno 2012
Domanda:
Egregio Professore,
mio fratello è affetto da sclerosi multipla. Diagnosticato nel 1992 ha condotto una vita abbastanza normale fino a circa otto anni fa, poi un costante peggioramento (forma secondariamente progressiva). Ha ora, a quarant’anni, un livello di disabilità molto avanzato, che limita movimenti e autonomia. Dalla scorsa estate ha preso a parlare con maggiore difficoltà e da un paio di mesi è quasi del tutto impossibilitato a parlare. Dal punto di vista cognitivo è perfettamente integro, fa calcoli (è laureato in ingegneria), ha buona memoria ecc. .. quando è meno stanco, riesce a esprimersi un po’, per quanto con una certa fatica. Sembra che I problemi siano sia di fonazione che di movimento della lingua: le parole espresse sono poco chiare e la voce molto esile. Ha fatto un po’ di sedute di logopedia ma non sembra siano servite a molto. Secondo il parere di un amico medico probabilmente una terapia mirata su questo problema, condotta con una certa intensità da personale qualificato sarebbe comunque inutile dato il tipo di patologia e probabilmente anche per l’intensità del danno. Vorrei un suo parere al riguardo.
Grazie per la sua risposta. L
Risposta:
Gentile Signora Galli,
Lei ha descritto con molta accuratezza i disturbi della parola di cui suo fratello soffre. Seppure abbastanza raramente disturbi della fonazione si osservano nel corso di SM, dovuti ad un interessamento dei nuclei dei nervi cranici interessati nel processo di fonazione o del cervelletto (voce tremante). Come dal resto lei ha rilevato non si tratta di afasia ma di un disturbo ‘periferico’ di realizzazione della parola. Credo che un approccio riabilitativo possa essere utile, ma deve essere visto nel contesto di una generale evoluzione di malattia.
Molti auguri,
Franco Denes
27 giugno 2012
Domanda:
Buongiorno,
mio marito ha avuto un ictus 2 anni fa ed è afasico. Dice solo qualche parola e non riesce nemmeno a scrivere se non copiando però capisce e legge (non ad alta voce). Fa sempre logopedia due volte a settimana ma i miglioramenti sono proprio minimi. Inoltre muove poco il braccio destro per cui non guida e per evitare qualsiasi problema cerchiamo di accompagnarlo sempre quando esce. La prima domanda è: potrà migliorare un po’ di più col tempo per quanto riguarda l’afasia? La seconda è: a lui spetta l’inndennità di accompagnamento?
Risposta:
Gentile Signora,
ecco la risposta alle sue domande. gliramento dell’Afasia: una accurata revisione degli studi riguardanti l’efficacia della logoterapia e più in generale del miglioramento dell’afasia dopo un ictus, dimostrano che la logoterapia è efficace ed il miglioramento puà proseguire nel tempo, anche anni dopo l’ictus, seppure ad un ritmo più lento. Accanto alla logoterapia sono importanti altri fattori, quale la perteciapazioni ad attività sociali; a questo proposito si informi se c’è una sezione A.IT.A. vicina e incoraggi suo marito a partecipare.
La decisione di assegnare l’indennità di accompagnamento dipende dalla commissione medica che valuterà suo marito e deciderà in base alla gravità ell’afasia e degli altri sintomi di deficit motorio. La consiglio di far accompagnarre suo marito alla visita da una persona esperta di afasia (logopedista, neurologo) che potrà spiegare meglio ls situazione alla commissione.
Cordialmente
Franco Denes
31 maggio 2012
Domanda:
Buongiorno Professore,
avrei bisogno di informazioni in merito al problema dell’AFASIA. Ad un mio parente è stata riscontrata questa brutta malattia. E’ iniziato tutto circa 3 settimane fa, con la difficoltà di pronunciare alcune parole. E’ stata effettuata la TAC che ha escluso la possibilità di un infarto ed altri problemi al cuore. Solo con l’esame del midollo hanno verificato l’infezione sulla corteccia celebrale. Ogni giorno la situazione è andata peggiorando, tanto che al momento non riesce più a parlare, scrivere, leggere ed ha problemi di memoria. E’ stato ricoverato e gli vengono somministrate medicine mirate a rafforzare le difese immunitarie del suo corpo. I dottori ritengono che questo è l’unico rimedio per contrastare la malattia, in quanto il suo fisico deve reagire. Dall’ultima TAC della scorsa settimana si è riscontrato che le lesioni non si sono ingrandite ma sono profonde.Le chiedo se questo sia corretto dato che i peggioramenti sono velocissimi, non esiste un altro rimedio per bloccare la malattia ed evitare ulteriori danni?
Ci sembra di vivere un brutto incubo, negli occhi di questo povero uomo vediamo disperazione e terrore.
La ringrazio anticipatamente.
Saluti, B
Risposta:
Gentile Signora B,
devo purtroppo premettere che la mia risposta sarà solo parziale, non conoscendo i dettagli della situazione clinica. L’Afasia non è una malattia, ma un sintomo o segno di una sofferenza, per cause diverse (tumori, infezioni traumi, ictus) che colpiscono l’emisfero cerebrale sinistro, in cui sono localizzate le zone cerebrali dove viene elaborato il linguaggio scritto e parlato. In altre parti del cervello sono poste le basi neurologiche di differenti processi cognitivi (orientamento spaziale, memoria, ecc). Da quanto mi descrive, posso supporre che il suo parente sia stato colpito da una forma di encefalite (infiammazione del cervello di origine virale o da altra causa). Solo nel tempo si vedrà se le lesioni guariscono senza lasciare danni o sarà invece necessaria una riabilitazione.Molti auguri e non esiti a scrivermi per altri chiarimenti Franco Denes
30 maggio 2012
Domanda:
Gentile prof. Denes,
mi chiamo A e lavoro presso (..). tra le varie attività che svolgiamo c’è il servizio consulenza per le nuove tecnologie, cioè l’accompagnamento all’uso di strumenti informatici utili in casi di disabilità o disturbi specifici dell’apprendimento. una neuropsichiatra ci invierà in consulenza un bambino di 12 anni con disfasia evolutiva sia in ricezione che in comprensione con associato un DSA conseguente al disturbo. le chiedo se gli strumenti compensativi normalmente utilizzati con i DSA possono essere utili anche in questa occasione (ad esempio software di sintesi vocale o programmi di screen reader). La ringrazio anticipatamente per la sua disponibilità
cordiali saluti, A
Risposta:
Gentile Signora A,
grazie della fiducia. L’uso di strumenti quali il sintetizzatore vocale è specifico per i disturbi della parola e non del linguaggio. Non mi pare quindi che possa essere applicato alla rieducazione della bambina di cui mi parla. Se il deficit linguistico è caratterizzato da un deficit prevalentemente fonetico-fonologico e non risponde alla usuale terapia basata sul canale uditivo-orale, proverei con il linguaggio scritto e l’uso di gesti e segni fino a considerare la LIS. Ma ovviamente occore una analisi molto dettagliata sia del profilo linguistico che cognitivo.Cordialmente, Franco Denes
10 maggio 2012
Domanda:
Egregio prof. Denes,
Ho avuto modo di leggere la sua pagina web e vorrei sottoporle un quesito che riguarda mia mamma. Nel 2008 a mia mamma (allora 65enne) dopo minuziosi accertamenti è stata riscontrata una afasia primaria progressiva. Da allora è in cura presso (..). La mamma si rende conto della gravità della malattia e quindi all’afasia si somma anche uno squilibrio emotivo. La cura cui è sottoposta è quella prevista dal protocollo (..). Ogni sei mesi effettua una visita di controllo. Io e la mia famiglia ci siamo informati per sapere se può essere utile integrare l’assunzione dei farmaci con attività di riabilitazione. Purtroppo da parte dei neurologi abbiamo sempre ricevuto un riscontro negativo, poiché in letteratura non esistono prove che questo tipo di attività possa giovare a chi è affetto da afasia primaria progressiva. Diversamente da quanto accade per chi invece è afasico a seguito di trauma. Lei è dello stesso parere? Non esiste possibilità alcuna che si possa rallentare il decorso? Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro? Dall’ultima risonanza (gennaio 2012) risulta che i lobi frontali sono ancora ben conservati. Se non c’è possibilità di miglioramento, c’è almeno la speranza di mantenere questa condizione?
La ringrazio per l’attenzione riservatami e porgo cordiali saluti, D
Risposta:
Gentile Signora D.,
molte grazie della fiducia e per la precisione con cui descrive il quadro clinico di sua mamma. L’afasia primaria progressiva è un tema ‘caldo’ per gli studiosi di afasia, e per i neuropsicologi in genere, date le sue caratteristiche di selettività della lesione degenerativa cerebrale che per molti anni è limitata alle aree del linguaggio, senza interessamento di altre funzioni cognitive, quali la memoria. Attualmente, se ne descrivono 3 tipi, ma penso che quella di cui è affetta la sua mamma sia quella ‘non fluente’, con buona comprensione del linguaggio e deficit selettivo della fluenza verbale. Allo stato attuale non esistono studi controllati che documentino l’efficacia della terapia logopedica in tale forma. Da parte mia sono convinto che la cosa migliore sia di incoraggiare la sua mamma a partecipare nei limiti del possibile ad un contesto verbale e da parte vostra di renderla sempre più partecipe alla conversazione attraverso scambio di notizie, di racconto di attività quotidiane, con l’incontro con parenti ed amici, incoraggiandola a partecipare, nonostante le difficoltà di espressione. In conclusione ci sono moltissime cose che si possono dire e comprendere anche con poco linguaggio!Molti cordiali saluti, Franco Denes
20 aprile 2012
Domanda:
Gent. prof. Denes,
Ho trovato il Vostro sito cercando una spiegazione al problema che sta vivendo la mia amica Laura. Lei ha 42 anni e circa due anni fa ha avuto una maculopatia essudativa emorragica a seguito della quale ha subito in questi anni tre interventi all’occhio dal quale ora ha completamente perso la vista. Più preoccupata per la vista non ha dato importanza ad un’altra cosa che le stava capitando: non le venivano più le parole. Premetto non è una situazione grave, lei è un’agente immobiliare e continua la sua vita lavorativa senza grossi problemi mimetizzando bene la difficoltà a trovare le parole. Ma non è tranquilla, da la colpa al fatto di invecchiare e solo parlandone ci siamo rese conto che poteva invece trattarsi di afasia (anomica?) forse legata ai problemi avuti all’occhio. E’ possibile che ci sia un collegamento? Vorrei sapere da Voi quale percorso consigliarle, quali visite ed esami e da chi, per verificare se esiste o no un problema di afasia e se sia possibile con una terapia riabilitativa recuperare tutte le funzioni. Noi siamo di Novara. Vi ringrazio in anticipo per la risposta, E.
Risposta:
Gentile Signora,
le saltuarie difficoltà che tutti noi abbiamo nell’ accedere al dizionario mentale, specie per i nomi propri (di persona o geografici) non rivestono alcun significato clinico, specie se, come nel caso della sua amica, non impediscono un normale scambio verbale. Uno stato d’ansia, la stanchezza possono accentuare tale disturbo. Solo nel caso il deficit sia clinicamente evidente (frequenza, presenza di errori lessicali- semantici) o associato a disturbi di comprensione o di elaborazioen del linguaggio scritto, è utile indagare in profondità. Infine non sono a conoscenza di nessuna associazione fra maculopatie e deficit lessicali.Cordialmente, Franco Denes
16 aprile 2012
Domanda:
Gent. prof. Denes,
le volevo cortesemente chiedere delle informazioni riguardo lo stato di salute di mio padre (70 anni), ora le espongo il caso: é stato coinvolto in un incidente stradale, lui transitava in bicicletta, dopo la caduta, ci è stato detto che ha riportato trauma cranico con versamento emorragico e vari ematomi, principalmente colpito è stato il lobo frontale. All’arrivo in ospedale era cosciente, anche se molto agitato (ha fornito lui i numeri di telefono da chiamare), è stato sedato per mantenere una situazione cerebrale più tranquilla ed attendere eventuali sviluppi emorragici, la situazione era lievemente peggiorata le 6 ore successive, ma poi dalle tac dei giorni seguenti la situazione si era mantenuta stabile. Gli è stata tolta la sedazione dopo circa 4 giorni e piano piano dal 7 giorno è iniziato qualche segno di risveglio (occhi vigili, sorrisi e qualche termine confuso), dopo questo, visto che la respirazione andava bene, si è deciso di trasferirlo in neurochirurgia, dove si trova attualmente da 10 giorni. Ora la situazione è questa, muove braccia e gambe ma non a comando, come lo stesso avviene per la comunicazione, sono rimasti sorrisi, smorfie, qualche parola e produzione di suoni incomprensibili basati solo su vocali, sempre purtroppo non a comando, lo stato di veglia oculare è abbastanza buono. Volevo cortesemente chiederle se ci sono delle probabilità di recupero ed inoltre se un ulteriore miglioramento ci sarà ad ematomi ed emorragia assorbiti?…il trattamento logopedistico/riabilitativo deve essere effettuato? (le chiedo questo perchè da una fisioterapista è stato dichiarato inutile)…ci sono probabilità che si ristabilisca la connessione e riesca a comunicare se interpellato?… La ringrazio anticipatamente e mi scuso se non sono stato totalmente esauriente e se ho posto domande di difficile risoluzione, grazie ancora. Cordiali saluti. F
Risposta:
Gentile Signore,
grazie della fiducia, ma purtroppo la mia risposta sarà per forza parziale non conoscendo l’entità del danno. Innanzitutto, dato che suo padre è ancora in periodo ‘acuto’, è ragionevole aspettarsi un miglioramento delle condizioni di attenzione e collaborazione, una volta che gli effetti del trauma e della sedazione si attenuino. Di solito è quello che si assiste nei traumi cranici la cui prognosi è migliore che per gli esiti di malattie cerebrovascolari, ma dipende ovviamente dall’entità del trauma e in certa misura dall’età della persona colpita. La logoterapia formale è inutile in quanto mi pare che le condizioni di attenzione e coscienza siano ancora basse ed anche perché non è chiaro se suo padre sia afasico. È invece importante un contatto frequente sia verbale che affettivo, nel tentativo di tenere suo papà partecipe all’ambiente, stimolando così attenzione e motivazione, che potrebbero essere colpiti dal danno frontale. In sostanza una prognosi può essere fatta solo in fase post acuta. Non esiti a scrivermi se non sono stato chiaro o ha bisogno di ulteriori chiarimenti in seguito.Cordialmente, Franco Denes
10 aprile 2012
Domanda:
Buongiorno, (..) sono una logopedista, lavoro nella provincia di Udine e mi occupo di persone afasiche. Spesso i familiari mi pongono il problema della guida: capita (e voi lo saprete certamente e ancor meglio di me) che dopo un ictus, e a volte non molto dopo, la persona ricerchi l’autonomia, anche e spesso innanzitutto nel ricominciare a guidare. Vi scrivo per sapere se ci sono dei centri a cui rivolgersi per fare delle simulazioni di guida, oppure se sapete dirmi a chi si possono rivolgere per avere un’indicazione corretta sui tempi di ripresa della capacità di guidare in sicurezza. Colgo l’occasione di questa mail per porgervi i miei complimenti per tutto ciò che fate.
Con stima, A.
Risposta:
Gentile A., molte grazie per le gentili parole a nome di tutta l’A.IT.A.

Il desiderio e talora la necessità di riprendere la guida sono due esigenze molto sentite dalle persone afasiche che spesso non sanno come confrontarsi con le leggi. Di solito dopo un ictus e o al momento del rinnovo della patente la persona afasica è esaminata da una commissione medica che attesta o meno la capacità di guida. Da poco è possibile che la persona sia accompagnata da una logopedista o da un’altra figura professionale che la aiuti a superare le difficoltà linguistiche, sia per il rinnovo, che per l’ottenimento della patente. Può purtroppo succedere che la commissione non conosca l’afasia e consideri la persona afasica come affetta da un deficit cognitivo più generale: si deve insistere che l’afasia è un disturbo solo del linguaggio e che non tocca né la memoria semantica né procedurale. Ovviamente le condizioni neurologiche (deficit motori, deficit del campo visivo) devono essere adeguate, ma l’afasia per sé non controindica assolutamente la guida. A Pieve di Soligo, vicino a Conegliano, l’Istituto la Nostra Famiglia esegue prove per l’accertamento alla guida e rilascia una dichiarazione che può essere presentata in commissione, ma la responsabilità del rilascio è solo della commissione. Spero di essere stato chiaro, altrimenti non esiti a contattarmi ancora.

Cordialmente, Franco Denes

6 aprile 2012
Domanda:
Salve, ho 37 anni e crcs un mese e mezzo fa ho avuto un ictus ischemico nel territorio silviano sinistro..ho ancora dificolta nell esrimermi, leggere e scrivere…….non ci sono cause apparenti ma vorei sapere se ci son probabilita che ci siano alti ictus in futuro nonostante le cure, cosa si puo fare per evitarlo????? grazie
Risposta:
Gentile Signora,
innanzitutto molti auguri: è ancora in fase acuta e si può presumere che migliori ancora il disturbo del linguaggio. Certo, un ictus ischemico sotto i 40 anni è raro e la causa deve essere indagata a fondo per prevenire un eventuale secondo episodio. Presumo sia stata ricoverata in un reparto neurologico dove sono state effettuate tutte le indagini (cardiache, metaboliche, ecc) che sono necessarie per approfondire la causa. Non esiti a scrivermi per ulteriori informazioniMolti auguri, cordialmente, franco denesCordialmente, Franco Denes
5 aprile 2012
Domanda:
Buonasera Prof. Denes,
mia nonna di 86 anni di età ha avuto un ictus circa 20gg fa e da allora presenta una evidente disfunzione nel parlare ma nessun problema a livello fisico. Io con lei ho un rapporto molto stretto e mi sono messo in testa di aiutarla nel recuperare il linguaggio e di ridurre al minor numero possibile le frasi sconnesse che adesso formula. Io ho a disposizione molto tempo da passare con lei e vorrei aiutarla in tutti i modi possibili. So per certo che ha un’età piuttosto avanzata ma vorrei da lei alcuni suggerimenti per farle riavere la dignità che merita e che sente perduta.
La ringrazio fin da subito. D.
Risposta:
Caro D.,
mi fa piacere sentire l’affetto che prova per la sua nonna che certamente sarà in grado di apprezzarlo e ricambiarlo, indipendentemente dalla presenza di afasia. Nel periodo immediatamente dopo l’ictus è di solito presente un miglioramento spontaneo ed è quindi probabile che le capacità linguistiche di sua nonna migliorino. Da quello che mi descrive (afasia senza deficit motori) è probabile che si tratti di una afasia fluente, senza disturbi articolatori, e caratterizzata da un parlato infarcito di parole nuove e non appropriate al contesto comunicativo. Di solito tale forma di afasia si accompagna ad un disturbo della comprensione del linguaggio ed ad una scarsa coscienza del deficit afasico, per cui il/la paziente non si rende conto dei propri errori che rendono difficile la comprensione di chi le è accanto. Io cercherei, con molta delicatezza, di aiutare sua nonna, facendole capire i suoi errori ed invitandola a ripetere la frase che non ha capito. Usi anche la comunicazione non verbale (gesti, indicazione) e si aiuti con il contesto così da fare capire a sua nonna che non è isolata. Non esiti a scrivermi per ulteriori informazioni.Molti auguri. Cordialmente, Franco Denes
2 aprile 2012
Domanda:
Salve dottor Denes,
innanzitutto la ringrazio veramente di cuore per essersi occupato e dedicato a questo argomento. Sono una ragazza di 23 anni tanto infelice perché da quasi quattro anni il mio dolce papà e stato colpito da un ictus precisamente nella zona dell’emisfero sinistro che gli ha provocato la cosiddetta afasia di Wernicke. Devo dire che è migliorato molto nel parlare solo che ciò che mi preoccupa è il fatto che a volte è colpito da una specie di amnesia nel senso che per alcuni minuti perde la concezione di ciò che deve fare,e la cosa che più mi preoccupa è il fatto che lui va ancora a lavoro e guida la macchina da solo “costretto” visto che la domanda per la pensione d’invalidità è stata rigettata per ben due volte. Mio padre si ostina ad insistere di voler andare e dunque guidare da solo la macchina ma io sono parecchio preoccupata. Volevo allora chiederle quali siano le cause di questa specie di amnesia e se comunque sia prudente nonostante le sue insistenze che vada a lavoro e guidi la macchina da solo. La ringrazio tanto perché questa situazione non fa altro che alimentare il mio malessere e la mia ansia di cui soffro da quanto lui si è ammalato. Sarò magari io troppo sensibile ma è come se avessi subito io stessa questo trauma perché non faccio altro che ricordare quella mattina in cui mi sono cosi tanto spaventata a vedere il mio papà che non riusciva più a parlare e che piangeva e dal quel giorno non sono più tornata ad essere la stessa ragazza. Vorrei solo che lui stesse bene. La ringrazio e scusi per il mio sfogo. Grazie ancora e cordiali saluti, MG
Risposta:
Gentile MG, ho letto con molta partecipazione la sua bella lettera e la ringrazio. Prima di tutto, lasci che faccia le congratulazioni a suo padre che ha recuperato così bene il deficit afasico, tanto da riprendere il lavoro. Purtroppo un miglioramento così vistoso è raro e lei deve essere fiera del suo papà. Mi creda è meglio poter mantenere il lavoro che avere un pensionamento per invalidità! Come saprà, l’afasia non colpisce la memoria per le nozioni apprese in passato, come guidare la macchina e conoscere le regole del codice. D’altra parte, se anche la commissione medica lo ha giudicato idoneo alla guida, non vedo motivo di particolari preoccupazioni al riguardo. Mi è purtroppo difficile capire dalla sua descrizione la natura degli episodi di ‘smarrimento’ di cui soffre suo padre: ne parlerei con il neurologo che lo segue anche per veder l’opportunità di ulteriori esami (elettroencefalogramma?).

Molti cordiali saluti ed auguri, Franco Denes

28 marzo 2012
Domanda:
Buongiorno, (..) a mio padre (nato nel 1936) è stata diagnosticata già nel 2003 una Afasia Primaria Progressiva. Diciamo che la malattia è progredita anno per anno “abbastanza” lentamente fino all’ultima visita fatta circa 15 gg fa in cui effettivamente la struttura che lo segue ha dichiarato un peggioramento significativo. La struttura ha peraltro dichiarato che in questi casi non è possibile agire in alcun modo e si è limitata a prescrivere un antidepressivo. Fermo restando la progressione che credo sia inevitabile, volevo solo sapere se era possibile in questi casi fare qualcosa (non mi riferisco a medicine ma attività tipo logopedia, esercizi di qualche tipo, etc.) per migliorare la qualità della vita di mio padre e delle persone che gli sono intorno.

(..) Ne approfitto per porre un’altra domanda: esistono statistiche sulla familiarità di questa malattia? Se si, esiste possibilità di effettuare controlli in merito? Attendo fiduciosa qualsiasi indicazione-consiglio che sarete in grado di darmi.

Ringrazio in anticipo, A

Risposta:
Gentile Signora,
l’Afasia Progressiva Primaria appartiene al gruppo delle degenerazioni fronto-temporali: per cause ancora sconosciute alcune parti della corteccia cerebrale fronto-temporale, specie dell’emisfero sinistro, vanno incontro ad un processo degenerativo. Tale processo non si estende, almeno per molti anni, alle restanti parti della corteccia cerebrale. Nella sua variante frontale è caratterizzata da una perdita progressiva della capacità di comunicare attraverso il linguaggio scritto ed orale, con risparmio pressoché totale, almeno nelle fasi iniziali, sia della comprensione del linguaggio che delle altre attività cognitive. Tale selettività distingue l’Afasia Progressiva da alter forme degenerative cerebrali, quali la Malattia di Alzheimer, ove vi è un degrado di tutte le funzioni cognitive. Purtroppo, seppure molto lentamente, si assiste ad un progressivo peggioramento sia del linguaggio che di altre funzioni cognitive, ma per moltissimi anni, seppure in presenza di un grave disturbo della comunicazione verbale, la persona colpita mantiene la sua autonomia. Dato il carattere progressiva l’efficacia della logoterapia è limitata. Mi pare corretto, se ne è il caso, di instaurare una terapia con antidepressivi. Essenziale è l’aiuto dei familiari, non tanto per il recupero del linguaggio, quanto di mantenere la persona affetta nel suo ambiente familiare e sociale, favorendo al massimo i suoi tentativi di comunicazione.Rispetto alla seconda domanda, la letteratura più recente riferisce di alcuni casi familiari di demenza fronto-temporale, un cui sottotipo è la afasia progressiva primaria in cui è presente una anomalia genetica legata al cromosoma 9p21. Tuttavia allo stato attuale tali dati hanno bisogno di una ulteriore conferma e validazione statistica. Più importante dal lato clinico è la nozione che non esistono test genetici per prevedere l’insorgenza della malattia, né tantomeno farmaci che possano influenzarne il decorso. Non esiti a scrivermi per ulteriori chiarimenti.Cordialmente, Franco Denes
21 marzo 2012
Domanda:
Gent. prof. Denes,
la domanda che voglio rivolgerle riguarda lo stato di salute di mia suocera (82 anni). È già da una settimana che si trova ricoverata in ospedale per un’emorragia celebrale. I dottori dicono che molto probabilmente il farmaco che prendeva per la trombosi (..) ha causato il tutto. Ci hanno detto che le prime 72 ore erano le più rischiose..ora è passata una settimana e si è ripresa bene…la tac del giorno dopo non ha evidenziato peggioramenti..è quindi stabile…ha poco dolore, ci riconosce il più delle volte, ma comunque fa sempre discorsi confusi. I rischi che ci hanno riferito riguardano due cose: il rischio di trombosi, data l’interruzione del farmaci, e l’aumentare dell’emorragia..la prima delle due sembra la più rischiosa…
Le domande:
– dopo quanto tempo si può definire il paziente fuori pericolo?
– una volta riassorbita l’emorragia il paziente può recuperare in lucidità, oppure dobbiamo aspettarci un non più soddisfacente recupero intellettivo?
Grazie per l’attenzione, R
Risposta:
Gentile Signore,
prima di tutto molti auguri per sua suocera. Un’emorragia cerebrale è un evento grave, specie in una persona anziana,ma già il fatto che abbia superato il momento acuto da’ qualche speranza. Le possibilità di recupero dipendono dalla estensione della lesione cerebrale e dalla sua sede (corteccia cerebrale o strutture profonde, emisfero destro o sinistro). Non conoscendo la sede della lesione mi è praticamente impossibile saperle indicare se, allo stato attuale,sua suocera sia afasica o confusa. L’emorragia cerebrale può essere causata da diversi fattori, quali un trauma, la rottura di una malformazione congenita, una crisi ipertensiva, la rottura di un’arteria arteriosclerotica o infine la complicanza di una terapia antitrombotica. In quest’ultimo caso credo siano stati valutati i rischi ed i benefici prima di iniziare tale terapia. Se lo ritiene opportuno mi tenga aggiornato del decorrere della malattia e non esiti a richiedermi ulteriori spiegazioni.Cordialmente, Franco Denes
7 marzo 2012
Domanda:
Buona sera Prof. Denes,
mio suo suocero di 70 anni due anni fa a seguito di un ictus ha avuto disturbi alla parola (afasia), alla data odierna, nonostante un periodo di terapia logopedica nel Centro (..), non ha avuto nessun miglioramento. Vorrebbe dire tante cose ma quello che ne esce non è quello che realmente vorrebbe dire e lui si rende conto che sta dicendo tutt’altro e si innervosisce, tanto più che si sta avvilendo; se gli faccio ripetere le parole le dice bene ma non riesce a leggere. E’ un disturbo che può migliorare con qualche terapia? A chi mi posso rivolgere?
Grazie in anticipo
Distinti saluti
E.
Risposta:
Gentile Signora,
il miglioramento dell’afasia dopo un ictus si divide tradizionalmente in spontaneo e guidato dalla logoterapia. In genere si credeva che il miglioramento spontaneo si esaurisse dopo pochi mesi ed egualmente si sosteneva da più parti che anche il periodo in cui la logoterapia fosse efficace non andasse oltre i 2 anni. Ora le cose sono cambiate: per quanto riguarda il miglioramento spontaneo, se è vero che è più rapido nei sei mesi dopo l’ictus, può proseguire a ritmo ovviamente più lento anche per anni. Così la logoterapia: non vi sono limiti fissi e deve essere continuata fino a che il paziente continua a migliorare. Ovviamente i criteri per la frequenza delle sedute può essere diverso in fase acuta e cronica ed il contributo dei familiari nell’aiutare a riprendere la comunicazione verbale, con la collaborazione della logoterapista, è essenziale Per i disturbi di lettura, per darle una risposta adeguata, bisogna capire se non riesce a leggere ad alta voce o a comprendere, se è evidente solo nella comprensione di un testo o colpisce anche singole parole. Eventualmente mi faccia sapere.Molti auguri, Franco Denes
23 febbraio 2012
Domanda:
Buona sera Prof. Denes,
mio padre, di 62 anni, ha avuto un incidente in bicicletta con conseguente trauma cranico. Gli è stata fatta una craniotomia per rimuovere il versamento nell’emisfero sx (il trauma è stato nella parte dx). I dottori ci hanno detto che avrebbe avuto afasia. È passato un mese dall’intervento e mio padre parla correttamente ma confonde ancora i nomi (a volte anche dei famigliari) e i nomi delle cose e delle città.Dapprima pensavamo fosse un amnesia ma poi ci siamo resi conto che il suo era un problema di associare correttamente i nomi alle persone e alle cose.Secondo lei con il tempo può migliorare spontaneamente? Che percentuali ci sono per un totale recupero?.Mio padre ha da poco cominciato la terapia logopedica.Grazie, F.
Risposta:
Gentile Signore,
con tutta probabilità il suo papà è affetto da un disturbo del lessico, cioè di quel patrimonio di parole che ogni parlante conosce. La struttura del lessico è complessa e può essere facilmente danneggiata in seguito ad un danno cerebrale dell’emisfero sinistro. Possono verificarsi disturbi di produzione (manca una parola, si compiono errori di tipo fonologico (pane per cane), semantico (gatto per cane) perseverazioni (si ripete la parola usata precedentemente in maniera corretta, ma che non corrisponde ad un nuovo stimolo) o di comprensione (la persona afasica non comprende il significato della parola). Talora il disturbo di produzione è simile a quello di comprensione, talora, e più frequentemente, solo il processo di evocazione della parola è colpito. In genere il disturbo lessicale interessa sia la produzione orale che scritta, ma in rari casi il disturbo è specifico per una singola modalità. Infine, solo alcune classi grammaticali o semantiche possono essere selettivamente colpite, per esempio i verbi, i nomi propri e, in genere le parole meno frequenti o meno usate. Tenga inoltre presente che deficit lessicali, i lapsus, sono frequenti nel parlato di tutti. Dato che l’incidente che ha colpito il suo papà è avvenuto da poco è probabile che il recupero sia ancora in corso e possa scomparire spontaneamente. Cerchi di aiutarlo con ”SUGGERIMENTI” per esempio, dandogli l’iniziale della parola che gli manca o fornendogli una parola ”vicina” per significato o invitandolo a completare una frase in cui è inserita la parola che manca.Mi sappia dire se ha bisogno di altre informazioni.Franco Denes
20 gennaio 2012
Domanda:
Buona sera Prof. Denes,
tempo fa mi aveva dato dei preziosi consigli su mia mamma, afasica a seguito di un’emorragia cerebrale che l’ha colpita un anno fà.
Si tratta di afasia di Broca e, nonostante gli ampi progressi fatti, mia mamma non riesce ancora a pronunciare correttamente i nomi delle persone, delle città, etc. Siccome mia mamma ha solo 58 anni e io non riesco a rassegnarmi a questa sua situazione, cerco di documentarmi più possibile su eventuali soluzioni a questo problema. Ho letto di due farmaci: Bromocriptina e Donepezil che sembra possano aumentare le possibilità di recupero del linguaggio e della sfera cognitiva.
Mi dice cosa ne pensa ? Come mai nessuno me ne ha mai parlato durante le visite neurologiche o neurochirurgiche?
Grazie in anticipo per la sua disponibilità.
Risposta:
Gentile Signora,
grazie della rinnovata fiducia. Cerco di rispondere ai suoi quesiti. Le metaanalisi sull’efficacia della farmacoterapia nell’afasia, pubblicate recentemente su importanti riviste (Neurology, 2006, Brain and Language 2007) non hanno dimostrato una efficacia significativa sul miglioramento dell’afasia, in particolare sulle afasie non fluenti tipo Broca, come quella di a sua mamma. Non mi preoccuperei troppo della difficoltà di evocare i nomi propri, sia di persona che di città. I nomi propri sono per tutti più difficili da richiamare alla memoria, costituiscono infatti una ‘categoria’ particolare il cui accesso, per una serie di ragioni, è più difficile: tutti noi abbiamo l’esperienza di esserci trovati di fronte ad una persona che conosciamo benissimo ma di cui, al momento necessario, non ne ricordiamo il nome!
Per ritornare alla sua mamma, può provare ad aiutarla a ricordare il nome, sia dandole un’aiuto di tipo fonetico, per esempio invitandola a ripetere il nome che lei pronunca o pronunciando la prima sillaba del nome, o semantico, per esempio aiutandola con il contesto: per esempio, la signora è sorella di maria … e quinidi il suo nome è…
Molti cordiali saluti ed auguri di buon anno
Franco Denes
18 gennaio 2012
Domanda:
Gent. Dr Denes,
Le scrivo per avere alcuni chiarimenti in merito al decorso dei disturbi afasici di mio padre ed un consiglio. Mio padre (63 anni, professore di fisica in pensione) ha avuto un ictus ischemico in data 22 Giungo 2011 con esiti manifestati in emiplegia dx ed afasia non fluente (iniziale totale assenza di linguaggio, buona comprensione all’ascolto, capacità di lettura rallentata ma non interrotta). Dopo la fase acuta ed il ricovero di 1 mese (..) ha seguito un percorso di riabilitazione ospedaliera per altri 3 mesi, iniziando la terapia logopedica. A metà ottobre è stato dimesso ed ha continuato le terapie ambulatorialmente (..). Purtroppo il ritorno a casa è stato traumatico, e la depressione che aveva manifestato già nell’ultimo mese di ricovero è sfociata in un vero e proprio tracollo psicologico che ci ha costretti a ricorrere al servizio di Sanità Mentale (metà novembre). La psichiatra gli ha impostato una forte cura antidepressiva che inizialmente lo ha fatto regredire moltissimo sia nel movimento che nel linguaggio (preciso che poco prima del tracollo aveva iniziato a pronunciare alcune frasi quasi correttamente, sia in italiano che nel nostro dialetto locale, riuscendo a farsi capire quasi sempre ma mantenendo comunque la capacità di parlare abbastanza compromessa) e che ci ha costretti per almeno un mese ad interrompere la riabilitazione. A metà dicembre abbiamo chiesto di riprendere le terapie con la prima logopedista per via del rapporto molto conflittuale che mio padre aveva sviluppato con la seconda (..). Ad oggi la logopedista ha appena finito la rivalutazione del livello di afasia, ed intende iniziare il percorso riabilitativo (..). Di fatto quindi la terapia logopedica è stata interrotta per almeno 3 mesi.
Domande: la terapia ha efficacia anche se fatta dopo 7 mesi dall’insorgenza dell’evento acuto? Dopo quanto tempo o quali condizioni non ha più senso continuare? Le cure antidepressive che assume (..) stanno sicuramente rallentando la ripresa. Una volta diminuite le quantità potrà avere un miglioramento?
Consiglio: Mio padre è sempre stata una persona di riferimento tra i numerosi amici essendo dotato di grande intelligenza, cultura ed essendo una persona con moltissimi interessi (suonare la fisarmonica, astronomia, bird-watching, fisica, trekking, ciclismo, barca a vela, viaggi in camper…..). Ora il non potersi esprimere lo porta ad essere profondamente triste (piange ogni volta che non riesce a parlare) ed angosciato. Io e mia madre cerchiamo ogni giorno di fare delle attività che lo possano distrarre, organizziamo pomeriggi con gli amici, facciamo delle piccole passeggiate, ma alla fine questo suo stato non cambia. Come possiamo aiutarlo a risollevarsi?
La ringrazio anticipatamente per la cortese attenzione.
Risposta:
Gentile Signora,
innanzitutto molte grazie per la precisione con cui espone i problemi di cui suo padre è affetto. La depressione conseguente all’afasia è purtroppo frequente e può portare ad una ‘reazione catastrofica’ con rifiuto della terapia vista come inutile se non dannosa ed importanti conseguenze anche sul vissuto sia della persona afasica che della famiglia. Il trattamento con antidepressivi, alle dosi e nei tempi giusti, deve, a mio parere, essere instaurato e proseguure nel tempo, anche nel periodo di risoluzione dell’episodio depressivo (ovviamente deve essere iniziato e smesso con gradualità).
Il rapporto con la terapista è un rapporto molto stretto ed è essenziale ci sia una fiducia reciproca: se, per una serie di ragioni, suo padre ha un cattivo rapporto con una logopedista in particolare, ne cercherei un’altra. Non ci sono controindicazioni a riprendere la terapia, anche dopo una sospensione di mesi; la terapia deve essre proseguita sino a che è efficace: il metodo migliore per provarne l’efffcacia è di osservare il comportamento verbale nel tempo, la voglia di comunicare, ecc.
Ovviamente altrettanto importante è sottoporre il suo papà ad una valutazione logopedica accurata ad intervalli regolari, attraverso la somministrazione di test standardizzati, così da quantificarne il miglioramento.
Infine, l’attegiamento suo e edi suoi familiari mi pare molto positivo, così da non minimizzare il danno del linguaggio (è l’unica abilità che ci differenzia dagli animali e pensi come ci si può sentire avendolo perso!), nè farlo rinunciare a vivere.
Auguro a su papà ed a tutti voi un anno più sereno.
Non esiti a scrivermi se ha bisogno di ulteriori chiarimenti, Franco Denes
6 gennaio 2012
Domanda:
Gent. Dr Denes, mi chiamo (..), ho 43 anni. All’età di 18 anni ho avuto 2 crisi epilettiche ed ho iniziato a prendere un farmaco (..) e non ho più avuto crisi. Dopo 5 anni ho smesso la cura come stabilito dal neurologo. Dopo altri 4 anni ho avuto un’altra crisi e ho ricominciato a prendere lo stesso medicinale che ancora prendo. Sono anche diabetica da 16 anni (..) e da circa 12/13 anni soffro saltuariamente di afasia: per alcuni secondi non riesco più a parlare nè a comprendere ciò che mi viene detto e nemmeno a leggere; riesco solo a copiare qualcosa che vedo scritto ma senza capirne il significato; trascorsi alcuni secondi il mio cervello riprende lentamente la sua attività anche se caratterizzata comunque da qualche difficoltà nel trovare le giuste parole (nomi di oggetti ecc…), successivamente mi capita nuovamente magari dopo 5 minuti o dopo due ore ecc.. A volte trascorro dei periodi in cui non ho problemi, anche dei mesi, e poi di colpo mi sembra di avere come una scossa in testa e comincia il periodo di difficoltà di comunicazione (mi è sembrato che spesso ciò succeda in periodi caratterizzati da maggiore stress per me). Vorrei sapere se Lei sa darmi qualche delucidazione su questa mia situazione, se esistono altri casi come il mio e se Lei pensa che la mia sia proprio afasia.
Grazie
Risposta:
Gentile Signora,
gli episodi che descrive con tanta chiarezza orientano verso una diagnosi di epilessia temporale, da focus epilettogeno in sede temporale sinistra e caratterizzati da un ‘arresto afasico’. In parole più semplici succede che saltuariamente si verifica una specie di ‘scarica elettrica’ a livello delle zone del linguaggio che temporaneamente smettono di funzionare. Si tratta di una sintomatologia rara, ma più volte descritta in letteratura. Tali episodi critici non hanno conseguenze sulla normale attività del linguaggio, all’infuori naturalmente della crisi. La consiglio perciò di contattare il suo neurologo di fiducia per aggiustare, se lo ritiene opportuno, la terapia antiepilettica.
Molti auguri,
cordialmente Franco Denes
27 dicembre 2011
Domanda:
Salve, mia madre è stata colpita da ictus ischemico, circa un anno e mezzo fa. Dopo la fase acuta in ospedale viene trasferita nel centro di riabilitazione dove inzia la logopedia. Ad oggi, confortati dai piccoli ma costanti miglioramenti, continua la logopedia. Attualmente, mia madre ripete il suo nome, per qualsiasi cosa, per chiedere l’acqua, per indicare qualcosa. Solo dopo nostra insistenza e a volte con un piccolo aiuto, riesce correttamente a pronunciare la parola o frase. E come se, scusate il linguaggio poco scientifico, le mancasse l’inizio.
La mia domanda è: esistono delle tecniche per stimolare e sbloccare questa mancanza di “startup”?
Grazie
Risposta:
Gentile signore,
grazie della fiducia. Purtroppo il fenomeno che lei descrive (presenza di sterotipie nei tentativi di produrre il linguaggio) è piuttosto frequente nei casi gravi di afasia e può persistere a lungo. Non esistono tecniche specifiche che possano ridurre il fenomeno: si può provare con tecniche di facilitazione fonemica (per esempio porre davanti un oggetto, un bicchiere e dire questo è un bich…), o semantica (prendo l’acqua e la verso nel..), o ancora sulla tavola ci sono il piatto, la forchetta e, indicando il bicchiere: il.. si può provare con il linguaggio seriale o automatico, per esempio mostrare il numero 5 e poi dire ad alta voce 1,2,3,4 e invitando sua madre ad iniziare con lei la serie e poi farla proseguire. Infine proverei, invece che con parole dette, con parole scritte, invitandola a leggere ad alta voce.
Se tutti i tentativi fallissero, cercherei di incentivare l’uso del gesto. Mi rendo conto che il compito è difficile e frustrante, ma vale la pena di tentare.
Cordialmente, F Denes
30 novembre 2011
Domanda:
Salve, vi scrivo da Torino, quando avevo 29 anni nel 1996 sono stata operata in urgenza per malformazione artero venosa sanguinante fronto temporale sinistra. Dopo l’operazione ho avuto gravi disturbi del linguaggio (non parlavo più) e paresi dell’arto superiore destro. Dopo anni fisioterapia e di logopedia (5 anni di logopedia tutti i giorni!) ho riacquistato in maniera “quasi” normale l’uso del braccio, anche se non lo uso più per scrivere a computer, ed un livello di comunicazione buono. All’epoca mi davano poche speranze di ripresa del linguaggio visto l’emorragia estesa che mi aveva colpito, i medici e logopedisti hanno dedotto che questo mio recupero sia dovuto alla grande forza di volontà visto l’età giovane e al fatto che sono mancina. Dal 1996 sono sotto cura farmacologica e non ho mai avuto crisi epilettiche; il mio encefalogramma presenta regolarmente segni di sofferenza irritativa fronto temporale sinstra. Ho ricominciato a lavorare dopo otto mesi in banca con le tempistiche consigliate dai medici facendo sempre lavori non a contatto con il pubblico o di back office. A distanza di 15 anni ora mi richiedono lavori commerciali a diretto contatto con il pubblico stressanti per me. Sto sinceramente pensando di tutelarmi con la“legge 104” ma ho molti dubbi al riguardo, Lei cosa ne pensa? Lo consiglierebbe a un paziente nella mia situazione?

Grazie in anticipo per la risposta.

Risposta:
Gentile Signora, prima di tutto molte congratulazioni per l’ottimo recupero, penso fino alla totale guarigione dell’afasia e che le ha consentito in breve tempo di riprendere il lavoro. Il quesito che mi pone è difficile: da un lato è stata ed è in grado di lavorare in maniera efficiente in un ambiente che presumo non facilissimo, dall’altra penso che un lavoro a diretto contatto con il pubblico e che esige un continuo e rapido scambio verbale possa metterla in condizioni di stress ed evidenziare qualche lieve,residuo, disturbo afasico (ricerca rapida di parole). Se però il cambio di lavoro dovesse rappresentare un avanzamento di carriera, vale forse la pena di provare. Mi rendo conto che la mia risposta è vaga, ma accanto a fattori ‘medici’ ce ne sono altri di diverso peso e natura che possono influire sulla sua decisione.
Molto cordialmente, Franco Denes
4 novembre 2011
Domanda:
Buongiorno, vi scrivo da Genova.
Mia mamma, 75 anni e’ stata colpita il giorno 4 settembre da ictus al lato destro (attualmente nessun problema motorio) ed il 23 di settembre invece ha avuto un’ischemia al lato sinistro con emorragia. Ad oggi è ricoverata in Ospedale, con problemi di afasia mista. Inoltre, anche se non avrebbe problemi a mangiare, rifiuta il cibo e per questo motivo le hanno messo un sondino naso-gastrico. A questo punto non si capisce se può essere mandata in una struttura per la riabilitazione, in quanto è considerata una paziente che “non collabora”. Secondo il vs. parere ci possono essere dei margini di miglioramento? Ha senso insistere sulla riabilitazione?
Grata di qualsiasi consiglio e/o suggerimento.
Risposta:
Gentile Signora,
una lesione di ambedue gli emisferi cerebrali ha delle importanti conseguenze sulle possibilità di recupero, sia spontaneo che guidato da una logoterapia. Se il rifiuto ad alimentarsi è espressione di una reazione ‘catastrofica’, con umore orientato in senso decisamente depressivo, è probabile che i medici instaurino un trattamento farmacologico, ma io penserei piuttosto ad un fenomeno transitorio, dovuto ad una difficoltà a coordinare il movimento dei muscoli articolatori e della deglutizione. Di solito la disfagia (difficoltà a deglutire) che si accompagna ad un’afasia è un fenomeno transitorio, presente solo in fase acuta e che regredisce. Diverso è il caso della disfagia presente in altre malattie neurologiche, quale quella che si osserva nei casi di grave morbo di Parkinson. Una logoterapia formale in fase così acuta non mi sembra sia applicabile. Ritengo invece che la sua mamma sia il più possibile coinvolta nel linguaggio, raccontandole episodi di vita quotidiana e sforzandola a esprimersi, senza avere un atteggiamento correttivo di fronte ai suoi errori, così da aumentare la sua frustrazione per la perdita del linguaggio. Solo una volta superata questa prima fase è utile considerare una logoterapia.
Molti auguri, franco denes
30 ottobre 2011
Domanda:
Salve dottore ormai sono quattro mesi che ho un problema che mi sta letteralmente penalizzando e facendo soffrire. Il problema che mi affligge è quello di avere difficoltà a ricordare come si chiama un oggetto, una persona dello stesso paese e difficoltà in un discorso nel trovare subito la parola più adatta e più appropriata da dire. Come ho sempre detto sono un ragazzo sotto cura depressiva (…) e tutto questo non fa altro che farmi pensare che questo problema del quale soffro come visto su internet viene chiamato AFASIA che può essere procurata da una lesione cerebrale (tumore). Ormai non faccio altro che pensare che anche io soffra di una qualsiasi forma tumorale cerebrale e nonostante il mio dottore mi dica sempre che se avessi avuto un tumore da tre mesi al cervello i sintomi si sarebbero dovuti moltiplicare, io non riesco proprio per niente a tranquillizzarmi. A dire il vero nessuno dei miei famigliari né tantomeno dei miei amici mi ha segnalato il fatto che parlo male però penso che magari non lo fanno per non imbarazzarmi troppo essendo io una persona molto timida e permalosa (…). Comunque, ritornando al mio problema principale è come se io avessi paura di sbagliare un termine, una parola (…). In conclusione, per lei è giusto pensare, come faccio io, di essere affetto da un tumore cerebrale?
Risposta:
Caro P., ho letto con interesse la sua lettera e posso assicurarle che il suo problema non ha, per fortuna, niente a che fare con l’afasia e con una lesione cerebrale. Quello che mi descrive è una saltuaria difficoltà a ritrovare i nomi, un fenomeno di cui noi siamo, più o meno, affetti, che non incide nella comunicazione (spesso usiamo dei sinonimi o delle circonlocuzioni per superare la mancanza del nome) e che si rileva od aumenta durante i momenti di ansia. Forse un colloquio con lo specialista che la segue può aiutare meglio che una risposta scritta, forzatamente breve, a tranquillizzarla su quanto mi ha descritto.
Molti auguri, franco denes
16 ottobre 2011
Domanda:
Gentile professor Denes,
vorrei chiederle dei chiarimenti in merito all’ictus che ha colpito mia mamma il 30 aprile di quest’anno. Mia madre ha fatto una visita di controllo dal neurologo il 5 ottobre. Il medico ha riscontrato una afasia ancora acuta e non ha ritenuto opportuno insistere con la logopedia. Nonostante tutto, noi non abbiamo interrotto le sedute di 2 volte a settimana che svolge già dal 9 settembre. La logopedista sostiene che bisogna insistere con la terapia di logopedia mentre il neurologo e’ contrario.
Non sappiamo come comportarci quindi le chiedo nel caso di mia madre con afasia acuta se è comunque utile la logopedia? L’afasia acuta e’ un disturbo transitorio? Quanto può persistere?
La ringrazio per la disponibilità che riuscirà a darmi.
Risposta:
Gentile Signore,
grazie della sua lettera, cui purtroppo darò una risposta forzatamente generica data la scarsità di informazioni: non ho infatti informazioni riguardo al tipo ed alla gravità dell’afasia.
In genere si considera che dopo sei mesi dall’insorgenza, passato il periodo acuto, il miglioramento ‘spontaneo’ sia meno evidente e la terapia possa avere un effetto più specifico. Il fattore più importante nel decidere se la terapia debba essere continuata è la risposta del paziente: se in seguito a controlli regolari, ad esempio applicazione di test standardizzati ogni 2-3- mesi, si osserva un miglioramento del quadro afasico, la terapia debba essere proseguita, sempre che il paziente la accetti. Tuttavia,in genere, anche nel periodo cronico vi è un lento miglioramento, specie della comprensione. Il ruolo dei familiari è essenziale, non sostituendosi al logopedista, ma collaborando con lui ed avendo una migliore conoscenza di che cosa sia l’afasia, poter aiutare la persona afasica a riprendere a comunicare.
Cordialmente, franco denes
15 ottobre 2011
Domanda:
Gentile professor Denes,
mio figlio, di 34 anni, ha subito un indicente stradale a 29 (precisamente il 17 novembre 2006) con trauma cranico encefalico e lesione grave dell’emisfero sinistro. E’ attualmente affetto da afasia di Broca, plegia dell’arto superiore destro e presenta ancora difficoltà a muovere correttamente la gamba destra ma riesce a camminare con l’ausilio del bastone. Ha subito 2 interventi di cranio plastica per posizionare le protesi sia a sinistra che a destra del cranio. E’ stato seguito in un centro di riabilitazione, nei primi mesi con ricovero a tempo pieno, poi è passato al day hospital e quindi, dopo 3 anni, è stato dimesso. Ha dovuto imparare a parlare, leggere e scrivere perché non emetteva alcun suono. Attualmente frequenta per 2 giorni alla settimana una cooperativa che si occupa del recupero di persone affette da cerebropatie acquisite.
Il problema più grave, per lui e anche per noi familiari, è la difficoltà a comunicare perché, anche se la comprensione c’è, non riesce a trasformare il suo pensiero in parole.
Non è più seguito dalla logopedista che lo aveva in cura presso l’ospedale dove è stato ricoverato e mi dicono che ora non deve continuare con la logopedia ma che deve “parlare” con le persone che frequenta e negli ambienti per l’inserimento socio-lavorativo o con gli amici, ecc..
Riesce a leggere, lentamente e con difficoltà, ma se lo facciamo leggere ad alta voce non lo vuole fare perché fa molta fatica. Se scrive, spesso non ricorda come si scrivono i nomi, non usa i verbi e la grammatica non esiste per lui.
Era impiegato tecnico e lavorava come progettista utilizzando il “cad” ma ora ha perso l’impiego perché non è più in grado di fare quel lavoro (anche se usa ancora il p.c. però ha difficoltà di calcolo, scrittura, ecc.).
Io vorrei chiederle se è utile e se ci sono ancora delle possibilità che possa migliorare nel linguaggio facendolo seguire da altre logopediste (privatamente perché in ospedale non è più possibile) o sono solo illusa e non serve fare altro per aiutarlo.
Mi scusi se mi sono dilungata troppo, avrei molte altre cose da chiederle ma so che non è certo questa la modalità per farlo.
La ringrazio per tutto quello che mi potrà consigliare per mio figlio (si chiama Sergio).
Risposta:
Gentile Signora,
la ringrazio della fiducia e della estrema chiarezza con cui descrive il quadro neurologico e neuropsicologico di suo figlio Sergio. Il deficit linguistico di cui suo figlio soffre è, come dal resto lei sa già, tipico dell’afasia di Broca e caratterizzato da una difficoltà di espressione, sia scritta che orale, agrammatismo (incapacità di organizzare la frase nei suoi aspetti grammaticali); di converso vi è una buona comprensione sia orale che scritta (non legge bene ma comprende). Ovviamente tali difficoltà impediscono la ripresa di un tipo di lavoro quale quello che Sergio svolgeva prima dell’incidente, sia a causa dei deficit concomitanti del calcolo che, con tutta probabilità, della memoria a breve termine, necessaria per programmare e ritenere i compiti necessari al lavoro. Dato il lungo intervallo trascorso fra l’incidente ed oggi, è difficile che una logoterapia possa sostanzialmente modificare il quadro afasico, anche se sono certo che, magari ad un ritmo più ridotto, si potranno avere dei continui, piccoli miglioramenti. Ciò che è essenziale è che Sergio continui ad usare ed essere partecipe al linguaggio e non si apparti. A questo proposito frequentare l’A.IT.A., se presente dove abita, è estremamente utile per stimolare la ‘voglia di parlare. Non so il suo indirizzo, ma se me lo comunica, potrei indicarle, in via riservata, un eventuale centro per una valutazione più approfondita dell’afasia di Sergio.
Con molti auguri, cordialmente
Franco Denes
13 ottobre 2011
Domanda:
Gentile professor Denes,
mia nonna, 91 anni (anche se non li dimostra affatto) è stata colpita 4 mesi fa da ictus ischemico a focolaio emisferico sinistro con conseguente emiplegia del lato destro, disfagia e afasia. Purtroppo a causa della disfagia persistente siamo intervenuti con l’applicazione di una PEG in maniera da consentirle una nutrizione adeguata. Riguardo l’afasia, la nonna “farfuglia” delle parole che non riesce ad articolare e risultano suoni incomprensibili, le difficoltà sono evidenti. Un percorso terapeutico a domicilio con un logopedista potrebbe giovarle? La asl che ci dà l’assistenza domiciliare ci ha comunicato che hanno solamente il fisiatra per cui non so in che modo possa muovermi per trovare uno specialista del linguaggio che venga a casa..esiste qualche centro convenzionato oppure devo cercare io privatamente?
Risposta:
Gentile Signore,
prima di tutto molti auguri per la sua nonna che si trova d affrontare una situazione così difficile ed in età tanto avanzata. Purtroppo da quanto mi scrive non riesco a comprendere se le difficoltà di comunicazione siano solo articolatorie (non riesce a programmare i movimenti necessari per evocare i suoni corrispondenti alle parole) o facciano parte di un quadro di deficit del linguaggio più vasto che coinvolge sia la produzione che la comprensione del linguaggio. Credo che un bravo fisiatra o fisioterapista sia in grado di aiutarvi a chiarire il problema. La famiglia può fare molto, cercando, sulla base del contesto, di ricavare tutte le informazioni possibili da quello che sua nonna produce e gratificando i suoi sforzi. Non so infine da quanto tempo si sia instaurato il deficit: se recente si può sperare in un miglioramento spontaneo o meglio stimolato dal”ambiente familiare.
Non esiti a contattarmi se ha bisogno di ulteriori chiarimenti.
Cordialmente, Franco Denes
10 ottobre 2011
Domanda:
Gentile professor Denes,
mia madre, 70 anni appena compiuti, è stata colpita un mese fa da un’ischemia cerebrale che le ha comportato un’afasia nella produzione del linguaggio. Dal punto di vista fisico presentava, inizialmente, solo una lieve debolezza muscolare nel braccio e gamba destri, che sembra essersi quasi risolta.
Mia madre ha una comprensione quasi totale, legge e scrive, non riesce però ancora a trasporre in scrittura quello che vorrebbe dire. La sua difficoltà maggiore senbra essere nell’iniziare una frase dal nuovo anche se spesso sorprende come, se deve rispondere ad una domanda, produce piccole frasi corrette e di senso compiuto senza fatica.
Si rende spesso conto che le parole che alle volte utilizza non sono quelle adatte al contesto, e ci hanno detto che ciò è già molto importante.
Attualmente è seguita presso l’ospedale “San Camillo” del Lido di Venezia, ma ci hanno già fatto sapere che la sua degenza lì non potrà durare più di due mesi.
La domanda che vorrei rivolgerle è questa: perchè, soprattutto quando deve rievocare nomi e date di nascita sembra che se le sia dimenticate? Quanto è implicata la memoria in queste operazioni? Dalla T.A.C. che le è stata fatta sembra siano coinvolti parte del talamo e della zona parietale.
Grazie in anticipo per le risposte che vorrà fornirmi.
Beatrice.
Risposta:
Gentile Beatrice,
grazie della fiducia e auguri per la sua mamma.
Dalla sua descrizione mi sembra che l’afasia sia di grado lieve e possa con certezza migliorare, dato che è insorta da poco ed ha quindi ampi margini di recupero, sia spontaneo che guidato dalla terapia
Passo ai punti specifici:
nella maggior parte dei casi il disturbo afasico è ‘ondivago’, nel senso che una parola detta correttamente non può essere evocata anche a breve distanza d il tempo: ciò dipende dal fatto che la difficoltà nel ricercare nel lessico le parole è dovuta ad un mancato temporaneo deficit di accesso al magazzino lessicale, piuttosto che ad una perdita definitiva del suono e/o del significato.
I metodi per il recupero sono diversi, dalla ripetizione (il parente o il terapeuta pronuncia la parola che il paziente non riesce a evocare e lui la ripete) alla facilitazione semantica (il paziente non trova la parola “caffè” e il terapeuta gli fa finire la frase ogni mattina vado al bar e bevo il………………), a quella fonologica (il parente pronuncia la prima sillaba ad esempio ca…. e il paziente completa), ad altri metodi.
La facilità a evocare le parole dipende, come dal resto nei parlanti non afasici, da fattori legati alla parola, quali la frequenza lessicale o uso, la classe grammaticale (per alcuni pazienti i verbi, ad esempio, possono essere più difficili dei nomi o viceversa), dall’età di acquisizione, ecc.
Un caso particolare sono i nomi propri: anche i parlanti non afasici hanno spesso una difficoltà temporanea a ricordare il nome di una persona, anche molto conosciuta e familiare.
Nel campo dell’afasia sono stati descritti alcuni, rari, casi di deficit selettivo o , ancora più raramente, risparmio dei nomi propri rispetto ai nomi comuni. Si è ipotizzato che i nomi propri siano più difficili perché ‘referenti puri’: in altre parole, spero più comprensibili, se io dico ‘Mario Rossi’ lo posso associare solo ad una persona di sesso maschile che, se non lo conosco, non mi dice di più; al contrario, la parola ‘tavolo’ lo posso associare ad una quantità di concetti e parole, per cui posso da un lato trovare un sostituto ‘tavolino, poggia carte, ecc.), dall’altra, evocando concetti legati alla parola tavolo ne posso facilitare il recupero.
Spero di essere stato chiaro. Non esiti a contattarmi ancora se lo ritiene utile.
Ancora molti auguri, cordialmente Franco Denes
12 ottobre 2011
Domanda:
Gentile professor Denes,
la ringrazio molto per le informazioni che mi ha fornito riguardo all’afasia, mia madre sta lentamente migliorando, ed i terapisti ed il personale medico ci hanno fatto sapere che sarebbero concordi nel far prolungare a mia madre il tempo di permanenza all’interno dell’ospedale per poterle permettere di arrivare al termine del programma prestabilito, l’unica cosa che osta a questa decisione è la prassi burocratica dell’ospedale che prevede in genere per i pazienti una degenza di circa 60 giorni.
Le chiedo, come sarebbe possibile una volta dimessa farle continuare la sua riabilitazione anche nel privato, a chi ci si può rivolgere? Noi abitiamo a Chioggia, in provincia di Venezia.
La ringrazio ancora per le utili informazioni e grazie anticipatamente se vorrà fornirmi ulteriori informazioni.
Beatrice.
Risposta:
Gentile Beatrice,
Gentile Beatrice,
sono contento che la risposta le sia stata utile.
Per la riabilitazione ambulatoriale si devono contattare i servizi territoriali dell’ASL di Chioggia e sentire la loro disponibilità nel fornire una logopedista esperta nel trattamento delle afasie. Alternativamente, si potrebbe studiare un programma doi riabilitazione domiciliare con voi familiari addestrati dalle logopediste del San Camillo e controllo settimanale in ospedale. Mi rendo conto però che il viaggio Chioggia-Alberoni, via Pellestrina è disagevole, ma dipende dalle condizioni della mamma e dalla vostra disponibilità.
Non esitate a contattarmi se lo ritenete utile.
Cordialmente, Franco Denes
29 giugno 2011
Domanda:
Gentile professor Denes,
mia mamma, 58 anni, ha avuto un’emorragia cerebrale 4 mesi fa. La lesione è stata estesa e ha colpito l’emisfero sinistro. A livello motorio, si è ripresa abbastanza bene. Fa ancora un po’ fatica ad usare la mano destra. Il problema maggiore riguarda il linguaggio, la lettura e la scrittura. Ha fatto riabilitazione in un centro per 2 mesi e adesso viene regolarmente seguita da una logopedista a casa tre volte a settimana. Fa brevi conversazioni. Alcune parole sono chiare, ma altre sono incomprensibili. Riguardo la scrittura, riesce a copiare le parole. Per quanto concerne la lettura, legge spontaneamente alcune parole, ma non frasi intere. So che è difficile, ma vorrei avere il suo parere su un’eventuale guarigione anche parziale. Crede che potrà riprendere a parlare, leggere e scrivere a livello accettabile? La logopedista che la segue mi ha detto che i miglioramenti si vedranno anche a distanza di anni. Lei cosa ne pensa? Inoltre, potrebbe essere utile farle ascoltare della musica o usare dei puzzles?
Grazie in anticipo per un suo riscontro.
Risposta:
Gentile Signora,
purtroppo il quesito che Lei mi pone è molto frequente e riguarda sia le persone direttamente colpite dall’afasia che i loro familiari. Nella grandissima maggioranza dei casi le persone divenute afasiche in seguito ad un ictus, come la sua mamma, dimostrano un miglioramento, più rapido nei primi mesi dopo l’ictus, più lento, ma che può continuare negli anni, successivamente. Il miglioramento interessa sia la comprensione che la produzione del linguaggio. Purtroppo i casi di recupero completo del linguaggio dopo un’afasia sono molto rari, ma un sostanziale miglioramento, tale da permettere un’adeguata comunicazione verbale, è frequente.
Non insisterei molto sul recupero della scrittura, se non come aiuto al recupero del linguaggio parlato, così come per la lettura, tenendo presente che la comprensione del testo scritto può dissociarsi dalla capacità di leggere ad alta voce.
La logoterapia ha un effetto positivo sul miglioramento e deve essere continuata a lungo e per tutto il tempo in cui la persona afasica ne dimostra il giovamento: per questo è utile che ogni 3-4 mesi si esegua un esame formale del linguaggio, attraverso la somministrazione di test, per evidenziare se vi è stato un cambiamento sia qualitativo che quantitativo del deficit afasico.
Essenziale nel processo riabilitativo è il contributo dei familiari, non come sostituto della logoterapia, ma che si affianca ad essa nel migliorare la comunicazione e l’inserimento nell’ambiente familiare e sociale.
Se la sua mamma è appassionata di musica o ama risolvere puzzle, non esiti a farle recuperare questi piaceri, magari con la partecipazione di amici o parenti: tutto quelle attività che aiutano ad uscire dall’isolamento provocato dall’afasia sono certamente utili.
Non esiti a chiedermi altre informazioni, qualora sia stato poco chiaro o incompleto.
Molto cordialmente e con i migliori auguri
Franco Denes
Domanda:
Gentile Prof. Denes,
La ringrazio per la Sua dettagliata risposta. E’ stata illuminante per molti aspetti.
Avrei un’ultima domanda. Durante il ricovero in una clinica di riabilitazione, durato due mesi, mia mamma era molto più attiva, sia fisicamente che intellettivamente. Da quando è ritornata a casa sua, quasi due mesi, è sprofondata in una profonda depressione. Vuole solo stare a letto, non vuole vedere nessuno, non guarda la televisione e non parla quasi per niente. Eppure mi avevano assicurato che l’ambiente familiare le avrebbe dato molti stimoli nuovi.
Le ho fatto fare una tac, in quanto il neurochirurgo temeva un episodio di idrocefalo. L’esito, fortunatamente, è negativo. A questo punto, mi hanno consigliato di farla seguire da uno psicoterapeuta. Non so più cosa pensare. A cosa potrebbe attribuirsi questa sorta di regressione?
Grazie ancora per un suo riscontro.
Risposta:
Gentile Signora,
la depressione che accompagna l’afasia è purtroppo un sintomo frequente e che aggrava notevolmente lo stato della persona afasica, impedendo talvolta di sfruttare il miglioramento ottenuto, fino ad arrivare ad uno stato definito dai neurologi ‘reazione catastrofica’. La causa di tale mutamento dell’umore è incerta e le spiegazioni più accettabili sono le seguenti: la depressione è di tipo ‘reattivo’, conseguente alla presa di coscienza che il danno afasico si sta avviando a diventare cronico, con difficoltà a comunicare anche le più semplici necessità, a comprendere sia oralmente che per iscritto il linguaggio con perdita quindi della autonomia e consapevolezza di un drammatico e cronico cambiamento di status sociale, familiare ed affettivo. In alternativa, è stato proposto che la depressione sia ‘endogena’ da sbilanciamento dei sistemi neurologici che regolano il tono del’umore, con prevalenza dei sistemi che regolano gli aspetti’ negativi. In ogni caso ,acanto ad un supporto familiare attivo, senza , ‘mi scusi’ piagnistei e pacche sulle spalle, ma cercando con pazienza ed amore di incoraggiare la comunicazione , è utile molto spesso un trattamento farmacologico anche a dosi piene con farmaci antidepressivi e per un tempo considerevole, almeno 6 mesi, 1 anno. Tale trattamento deve essere prescritto da un neurologo o da uno psichiatra che conosca l’afasia e che possa seguire sua madre. Un approccio puramente psicoterapeutico può essere, a mia parere, solo d’appoggio. In ogni caso è indispensabile che sua mamma stia a contatto il più possibile con persone, familiari ed amici, che la aiutino a reinserirsi nell’ambiente.
Ancora molti auguri e non esiti a chiedermi ulteriori informazioni.
Cordialmente
Franco Denes
Domanda:
Gentile Professor Denes,
nelle precedente mail, ho dimenticato di chiederle se è normale che mia mamma voglia solo stare a letto. Non riesco infatti a capire se sia un bisogno fisiologico dovuto all’intervento alla testa o una questione emotiva. Non so se è giusto forzarla a stare alzata più tempo possibile o se va lasciata in pace. Grazie ancora per il suo riscontro.
Risposta:
Gentile Signora,
cerco di rispondere, seppure in maniera generica, non conoscendo personalmente le condizioni di sua mamma: se non vi sono deficit motori (in altre parole può camminare autonomamente, le condizioni generali sono buone, la pressione del sangue non è bassa), non vi sono ragioni legate all’afasia perché sua mamma stia a letto, se non la presenza di una depressione che, come detto precedentemete, va curata. Forse l’aiuto di un fisioterapista che la aiuti a riprendere la voglia di camminare, dimostrandole che non ci sono ragioni fisiche che glielo impediscano, può essere di qualche utilità.
Cordialmente
Franco Denes
Domanda:
Buongiorno Professor Denes,
Come da suo consiglio, ho contattato uno psicoterapeuta per aiutare mia mamma ad uscire dallo stato di torpore nel quale era sprofondata al suo ritorno a casa. Devo ringraziarla perché la cosa è stata molto risolutiva. La terapia farmacologica che le è stata sta, comunque, giocando un ruolo importante. Adesso mia mamma vuole continuamente sentirsi rassicurata sul fatto che guarirà. Ovviamente noi familiari cerchiamo di tranquillizzarla dicendole che farà ancora tanti progressi.
So che senza conoscere i pazienti è difficile poter fare una diagnosi ma, in linea di massima, vorrei sapere se è possibile poter guarire dall’afasia e se sia mai capitato che soggetti come mi mamma siano mai tornati ad essere come prima.
I dettagli che le posso fornire sono che, all’inizio, mia mamma parlava solo in modo totalmente incomprensibile. Adesso dice molte frasi singole di senso compiuto e capisce pienamente tutto quello che le viene chiesto. Ha ripreso a scrivere (sotto copiatura) e a leggere (anche se la pronuncia delle parole non è corretta). Consideri che l’emorragia cerebrale si è verificata esattamente 6 mesi fa. Mia mamma ha 58 anni e le condizioni di salute sono buone.
Grazie in anticipo per le delucidazioni.
Risposta:
Gentile signora,
grazie ancora della fiducia mi fa piacere sentire che la sua mamma migliori, e spero, visto il poco tempo passato dall’insorgenza dell’ictus e dalla buona risposta al trattamento anti depressivo che il recupero continui. E’ difficile rispondere con esattezza al quesito sul recupero completo. Quello che si può dire è che molti pazienti riescono a comunicare in maniera efficiente, pur continuando a presentare segni afasici. Fra due o tre mesi varrà la pena di sottoporre la sua mamma ad un nuovo esame del linguaggio, così da quantificare il miglioramento e rimodulare, se necessario, la terapia. Non esiti a scrivermi ancora per altre informazioni. Cordialmente, franco denes
Domanda:
Buongiorno Professor Denes,
Come da suo consiglio, ho contattato uno psicoterapeuta per aiutare mia mamma ad uscire dallo stato di torpore nel quale era sprofondata al suo ritorno a casa. Devo ringraziarla perché la cosa è stata molto risolutiva. La terapia farmacologica che le è stata sta, comunque, giocando un ruolo importante. Adesso mia mamma vuole continuamente sentirsi rassicurata sul fatto che guarirà. Ovviamente noi familiari cerchiamo di tranquillizzarla dicendole che farà ancora tanti progressi.
So che senza conoscere i pazienti è difficile poter fare una diagnosi ma, in linea di massima, vorrei sapere se è possibile poter guarire dall’afasia e se sia mai capitato che soggetti come mi mamma siano mai tornati ad essere come prima.
I dettagli che le posso fornire sono che, all’inizio, mia mamma parlava solo in modo totalmente incomprensibile. Adesso dice molte frasi singole di senso compiuto e capisce pienamente tutto quello che le viene chiesto. Ha ripreso a scrivere (sotto copiatura) e a leggere (anche se la pronuncia delle parole non è corretta). Consideri che l’emorragia cerebrale si è verificata esattamente 6 mesi fa. Mia mamma ha 58 anni e le condizioni di salute sono buone.
Grazie in anticipo per le delucidazioni.
Risposta:
Gentile signora,
grazie ancora della fiducia mi fa piacere sentire che la sua mamma migliori, e spero, visto il poco tempo passato dall’insorgenza dell’ictus e dalla buona risposta al trattamento anti depressivo che il recupero continui. E’ difficile rispondere con esattezza al quesito sul recupero completo. Quello che si può dire è che molti pazienti riescono a comunicare in maniera efficiente, pur continuando a presentare segni afasici. Fra due o tre mesi varrà la pena di sottoporre la sua mamma ad un nuovo esame del linguaggio, così da quantificare il miglioramento e rimodulare, se necessario, la terapia. Non esiti a scrivermi ancora per altre informazioni. Cordialmente, franco denes
Domanda:
Mio figlio è in ospedale. I dottori mi hanno detto che non parla perché è diventato afasico. Per aiutarlo a comunicare gli ho portato un quaderno. Perché non scrive?
Risposta:
L’afasia non è un disturbo solo della parola, ma è un disturbo del linguaggio e come tale interessa sia la produzione che la comprensione del linguaggio sia scritto che parlato. In genere, per una persona afasica, è più difficile scrivere e leggere che parlare e comprendere il linguaggio parlato. Questo perché il linguaggio scritto è meno ‘naturale’ del linguaggio parlato (per imparare a leggere e a scrivere tutti abbiamo dovuto andare a scuola !). Solo in rarissimi casi si ha nell’afasia una dissociazione fra capacità di elaborare linguaggio scritto e parlato, con risparmi o deficit selettivi per una modalità (il paziente non sa leggere, ma comprende bene il linguaggio parlato). Cercare di far scrivere un paziente afasico può essere frustrante sia per la persona afasica che per i familiari, specie in fase precoce di malattia in quanto mette il paziente di fronte ad una condizione ancora più difficile.
Domanda:
A mio marito è stata diagnosticata un’afasia di Wernicke parecchi mesi fa, ma recentemente, in seguito ad una nuova valutazione neuropsicologica mi hanno detto che probabilmente è affetto da demenza. Sono confusa. E’ afasico o ha la demenza?
Risposta:
Gentile Signora, come certamente saprà, nella maggior parte dei casi l’Afasia, disturbo specifico dell’uso del linguaggio, non si accompagna ad altri deficit cognitivi: in altre parole la persona afasica mantiene una conoscenza del mondo (orientamento spaziale, comprensione ed espressione di emozioni, riconoscimento di luoghi e persone a lui note, eccetera, nella norma). Anche la memoria non è compromessa, anche se ha difficoltà ad esprimere ciò che ha appreso. Nella grandissima maggioranza dei casi l’Afasia è dovuta ad un ictus (emorragia o trombosi delle arterie che forniscono sangue a quelle zone dell’emisfero sinistro che rappresentano le basi neurologiche del linguaggio). Al contrario, la demenza (nell’85% dei casi di tipo Alzheimer), è causata da una degenerazione lenta e progressiva, di natura in gran parte sconosciuta, delle cellule nervose della corteccia cerebrale. La demenza, ad inizio lento e progressivo, è caratterizzata soprattutto da deficit di memoria (incapacità a ricordare nozioni apprese ed a impararne nuove), del linguaggio (il paziente all’inizio non ricorda né comprende i nomi di persone o cose note), che della conoscenza del mondo: ad esempio non ricorda come farsi la barba, vestirsi, non riconosce più i familiari, spesso si perde in luoghi ben conosciuti, in altre parole sono tutte le funzioni intellettive che si perdono e non solo il linguaggio. Solo in rari casi l’afasia è di natura degenerativa (afasia progressiva primaria), ma un neurologo esperto, basandosi sia sull’esame del paziente che sulla storia clinica, non ha difficoltà a distinguere le due forme. Non esiti a contattarci per ulteriori informazioni.
Domanda:
Mia sorella ha una lesione documentata alla TAC in emisfero destro. Mi hanno detto che è afasica, ma ho letto in internet che si diventa afasici dopo una lesione sinistra. E’ possibile che sia afasia anche se la lesione è a destra?
Risposta:
In effetti la grandissima maggioranza delle persone, sia destrimani che mancine diventano afasiche in seguito ad una lesione dell’emisfero sinistro. In letteratura sono descritti pochissimi casi di persone che diventano afasiche in seguito ad una lesione dell’emisfero destro (in questo caso si parla di afasia crociata): si è ipotizzato che tale condizione sia dovuta ad un incompleto processo di lateralizzazione sinistra del linguaggio. In effetti una serie di studi sperimentali ha confermato che l’emisfero destro è in grado di compiere alcune operazioni linguistiche. D’altra parte sono documentati casi di bambini, affetti da una grave lesione all’emisfero sinistro, che sviluppano un linguaggio pressoché normale, sostenuto ovviamente dall’emisfero destro. In conclusione si può dire che è vero che è l’emisfero sinistro la base neurologica del linguaggio (per lo meno nei soggetti destrimani), ma nei primi anni di vita anche l’emisfero destro ha funzioni linguistiche che in seguito si focalizzano solo all’emisfero sinistro.
Domanda:
Mio marito ha avuto un ictus e quando parla farfuglia. Sembra dire delle parole, ma risultano poco comprensibili. Quando scrive quello che deve dire lo fa abbastanza bene. In un centro mi hanno detto che è disartrico, in un altro che è afasico. Qual è la differenza?
Risposta:
La disartria è una incapacità ad articolare le parole, conseguente ad una lesione cerebrale. A differenza dell’afasia, il disturbo di produzione del linguaggio è di tipo ‘periferico’ non interessa cioè gli aspetti simbolici del linguaggio (il ricordare ad esempio i nomi), ma la capacità di pronunciarli. In alcuni casi il disturbo è così grave da rendere il paziente praticamente muto (anartria). La disartria può essere presente in seguito a patologie diverse, quali ad esempio il morbo di Parkinson. Essendo un disturbo specifico dell’articolazione della parola, la disartria non si accompagna ad un disturbo della scrittura. Anche nell’afasia si possono osservare disturbi disartici, ma nella maggior dei casi essi sono accompagnati da segni e sintomi specifici dell’afasia, quali turbe di comprensione del linguaggio, deficit di lettura e scrittura, ecc. Un carattere distintivo fra la disartria di tipo afasico e quella che si osserva ad esempio nel morbo di Parkison è la ‘inconsistenza’ dei disturbi articolatori nell’afasia: lo stesso suono può essere pronunciato bene o male in momenti o contesti linguistici differenti: il paziente per esempio può pronunciare benissimo una sequenza di numeri o una preghiera (linguaggio automatico), ma non è in grado di pronunciare correttamente un nome o ripetere una frase. Tale inconsistenza non si verifica invece nelle disartrie non di origine afasica, che sono costanti.
Domanda:
La diagnosi di afasia preclude la possibilità di riprendere a guidare l’automobile?
Risposta:
Il problema della guida per le persone afasiche è, per molte ragioni, importante, sia per l’autonomia che per la socialità e il lavoro. L’afasia, in quanto tale, non compromette le capacità di guida. Se sono associati deficit neurologici, quali emiparesi o deficit del campo visivo (emianopsia, perdita della visione nella metà destra del campo visivo) i problemi sono ovviamente differenti: la persona afasica deve essere sottoposta ad una visita da parte della commissione medica che potrà richiedere il parere di un neurologo sulle capacità di guida. In caso di rinnovo della patente è meglio che la persona afasica si presenti alla visita già con il certificato del neurologo o con il referto di una visita eseguita preso alcuni centri specializzati dove una equipe di medici giudica con test anche di simulazione di guida la capacità di guida. Al momento tali centri sono, a mia conoscenza, solo presso la Clinica Santa Lucia di Roma e l’IRCCS Nostra Famiglia di Pieve di Soligo (Treviso). Una difficoltà ulteriore è rappresentata dalla spesso frequente scarsa conoscenza da parte della commissione medica dell’Afasia: succede così che il paziente, incapace a causa dell’afasia, a rispondere alle domande, ma pure perfettamente idoneo alla guida, non possa rinnovare la patente: anche in questo caso è meglio premunirsi di un certificato o farsi accompagnare alla visita da un neuropsicologo. Le difficoltà sono ovviamente maggiori per ottenere una patente da parte di una persona afasica che non aveva la patente prima di diventare afasico. A livello di Associazione Internazionale Afasia, è in corso di progettazione un protocollo che i vari stati in cui è presente l’associazione adottino un protocollo comune.
Domanda:
Mia moglie è stata colpita da una demenza e volevo sapere se si può fare qualcosa per l’afasia che è seguita a questa malattia.
Risposta:
La forma più frequente di demenza (perdita progressiva e irreversibile delle funzioni cognitive, dovuta ad un processo atrofico, di natura in gran parte sconosciuta), è la demenza di Alzheimer: questa forma che si manifesta in genere dopo i 65 anni è caratterizzata in primo luogo da disturbi di memoria, sia passata che della capacità di apprendere nuove informazioni, di attenzione, orientamento spaziale. I disturbi del linguaggio, specie all’inizio, interessano il lessico, con difficoltà a trovare le parole, specie nomi e verbi, cui si aggiungono in seguito altri e progressivi segni afasici, fino alla scomparsa pressoché completa del linguaggio. Vi sono altri tipi più rari di demenza e fra questi è stata molto studiata la demenza fronto temporale: questa forma, che insorge in genere ad un’età più precoce della malattia di Alzheimer, può assumere aspetti diversi, uno caratterizzato da sintomi prevalentemente psichiatrici ed uno che colpisce selettivamente il linguaggio, lasciando le altre funzioni cognitive, a differenza dell’Alzheimer, relativamente risparmiate: anche di quest’ultima forma si distinguono due varianti, la prima, chiamata anche Afasia lentamente progressiva, colpisce prevalentemente il versante espressivo del linguaggio, fino a portare all’anartria (perdita completa della capacità di articolare le parole) ed una seconda caratterizzata da deficit di tipo semantico: non solo la persona affetta non ricorda il nome degli oggetti o delle persone, ma anche non ne ricorda più il significato, per cui ad esempio non ricorda più il nome di un animale o non lo riconosce (per esempio in campagna non riconosce più pecore e mucche). Questo deficit di memoria è selettivo, in quanto la memoria per fatti personali (ricordare l’itinerario per tornare a casa), molto deteriorata negli Alzheimer, è relativamente conservata. Dato il caratterze evolutivo della malattia non esistono prove che la logoterapia o terapie farmacologiche possano influire positivamente sul decorso. Da parte dei parenti è essenziale una buona informazione, così da poter comprendere i deficit e i risparmi selettivi delle funzioni cognitive del malato e poter cercare di comunicare nella maniera migliore.
Domanda:
Mio figlio è stato colpito da ictus cerebrale e presenta afasia ed emiplagia destra. Quali sono le prospettive di recupero dell’afasia nei bambini?
Risposta:
In genere le afasie che insorgono nell’infanzia (per un trauma o la rottura di un’arteria cerebrale o, più raramente, per un’ ascesso cerebrale) sono, a parità di estensione della lesione cerebrale, di gravità minore rispetto a quelle degli adulti e tendono a migliorare, sia spontaneamente che in seguito a logoterapia, di più rispetto al miglioramento dell’afasia del’adulto o del vecchio. Questo è dovuto sia alla migliore capacità del cervello del bambino di recupero del danno, mettendo in funzione zone cerebrali che non sono fin dall’inizio legate al linguaggio, che alla minore specializzazione emisferica per cui un danno nell’emisfero sinistro può essere facilmente compensato dall’emisfero destro (plasticità cerebrale). Questo è vero soprattutto per la comprensione del linguaggio: un’afasia in età infantile colpisce prevalentemente la produzione (Afasia di Broca), mentre la comprensione è in gran parte conservata. Nel’adulto, invece, è praticamente solo l’emisfero sinistro che si fa carico del linguaggio.
Domanda:
Sono un giovane che da qualche mese non riesce a comunicare in maniera normale se non per mezzo della scrittura. Parlando tendo ad utilizzare frasi fatte mi è difficile sostenere una conversazione prolungata nonostante io abbia sempre avuto una vita lavorativa e sociale ricca e diversificata. Nel mio caso si può parlare di afasia?
Risposta:
L’Afasia è un disturbo dell’uso del linguaggio conseguente ad una lesione cerebrale di origine vascolare (ictus), traumatica o di altra natura, nel 95% dei casi a carico dell’emisfero cerebrale sinistro. Il disturbo del linguaggio può interessare la produzione,orale e scritta, e la comprensione sia del linguaggio parlato che scritto. Solo in alcuni casi il deficit interessa solo la comprensione o la produzione e ancora più raramente si può avere una difficoltà isolata a produrre o comprendere il linguaggio parlato con risparmio del linguaggio scritto o viceversa. La gravità dell’afasia dipende da diversi fattori, quali ad esempio la estensione della lesione cerebrale o l’età (nei bambini in genere l’afasia, a parità di deficit neurologico è di minore intensità ed ha una prognosi migliore). La logoterapia ha un effetto significativo sul miglioramento del deficit linguistico. Venendo al suo problema, posso assicurarle che le sue, saltuarie, difficoltà di comunicazione non sono riferibili ad un deficit afasico, ma sembrano piuttosto riflettere un disagio, seppure lieve, di natura emotiva. L’afasia, per quanto possa migliorare nel tempo, è un disturbo costante che non viene, se non minimamente, influenzato dagli stati emotivi. Infine la sua attiva partecipazione lavorativa e sociale, che la mette in contatto con numerose persone, è la migliore prova di una normale efficienza del suo linguaggio.
Domanda:
Mio fratello è stato recentemente colpito da ictus e non riesce a camminare e a parlare. Ho l’impressione che capisca tutto ma non riesca ad esprimersi e, sia noi familiari sia il personale medico, facciamo così fatica a capire cosa vuole dire che lui dopo alcuni tentativi rinuncia a comunicare. Mi accorgo della sua frustrazione e vorrei poterlo aiutare.
Risposta:
Purtroppo il problema che così efficacemente descrive non è raro e si osserva frequentemente a seguito di una lesione vascolare (di tipo ischemico o emorragico) a carico dell’emisfero sinistro che ‘controlla’ sia la motilità che la sensibilità dell’emicorpo destro che l’uso del linguaggio. L’Afasia di cui soffre suo fratello è prevalentemente di tipo espressivo, mi pare con risparmio della comprensione. Nella grande maggioranza dei casi di afasia l’intelligenza è conservata e non è quindi strano che lui sia cosciente della difficoltà a comunicare attraverso il linguaggio e sia disperato. L’afasia di natura vascolare tende a migliorare nei mesi successivi all’ictus, specie per quanto riguarda la comprensione; un ruolo importante ha la logoterapia, purché applicata correttamente. Altrettanto importante è che i parenti ed in genere chi è accanto alla persona afasica sappiano cosa è l’afasia così da non scambiare il deficit del linguaggio per una demenza, né d’altra parte presupporre che la persona afasica possa comprendere come prima dell’ictus. Imparare a vivere con una persona afasica è altrettanto importante che la logoterapia. Infine il fatto da lei rilevato della facile stancabilità, riflette lo sforzo cognitivo necessario e che fatalmente viene meno nel proseguire i tentativi di comunicazione verbale.